Sospirai senza proferir parola su ciò che mi era stato riferito poc'anzi, mi avvicinai a Patrick intento a condire una ciotola di insalata mista.
"Cosa prevede il menù?" domandai.
"Due primi e un secondo con contorno di insalata",
Patrick si fermò:"Le va bene o gradisce altro?"
"Niente dessert?"
"No, Signor Russel", si strinse nelle spalle:"Ma se vuole posso preparare un semifreddo".
Sospirai, non ero arrabbiato con lui per una portata mancante come l'ultimo pasto a base di dolce. I miei genitori mi avevano insegnato che il dessert era quel tocco in più per deliziare il palato, puliva la bocca con sapori nuovi decisamente più asciutti e dolci.
Gli diedi un colpo sulla spalla, se lo conoscevo davvero sapevo che in quel momento Patrick si era sentito seriamente in colpa."Va bene così, sono sicuro che la cena sarà ottima".
"Grazie per la comprensione", rispose Patrick a tono basso.
"Dai, porgimi il grembiule e vai a riposare", gli ordinai.
"Signor Russel, non sono stanco".
Lo guardai:"Insisto".
Patrick slacciò il fiocco del grembiule e me lo porse con un sorriso:"Dica la verità, non vuole far sapere alla signorina che in casa ci sono anche io".
Corrugai la fronte:"Perché non dovrei?"
"Non voglio essere offensivo, lei sa che ciò che dico è per il suo bene", premise prima di esporre il suo pensiero:"Non smetterò mai di ricordarle che negli ultimi anni sono stato per lei come un tutore, l'ho vista crescere, sbagliare, imparare dai suoi errori", lo ascoltai in silenzio:"E' cosciente di tutto ciò e so quanto mi sia grato nonostante non me lo dica mai, ma so anche quanto lei desideri farsi vedere agli occhi degli altri come un uomo che non ha bisogno di niente e nessuno, neppure di un amico che le prepara la cena", mandai giù il nodo in gola, Patrick mi si avvicinò:"Perché, seppur io vi passi venti anni, rimarrò sempre un suo caro amico oltre che il suo più fedele maggiordomo".
Patrick si congedò lasciandomi con un groppo in gola a fissare il grembiule stropicciato fra le mani.
Apparecchiai la tavola utilizzando il servizio più costoso che avevo a disposizione, fare bella figura mi interessava molto ma, cosa principale, volevo che la mia ospite si sentisse a proprio agio.
Per coprire il tavolo utilizzai una delle tovaglie bianche che mia madre tanto amava, aveva i bordi rifiniti da cuciture a forma di nuvola, i tovaglioli erano dello stesso corredo ma, rispetto alla tovaglia, i bordi erano lisci e perfettamente quadrangolari. I piatti erano di ceramica bianchi con tre strisce dorate che partivano dalla rotondità del bordo fino al centro; i calici in cristallo avevano rifiniture romboidali per tutta la circonferenza della coppa, mentre al centro del gambo sottile vi era una sfera simile diamante che dava un tocco in più al resto.
Quando tutto era pronto ed anche le posate erano state sistemate, presi un respiro profondo e cominciai a salire su per le scale.
Mi sentivo teso e stupido, non era da me provare due emozioni simili nello stesso momento ma il solo pensare che ciò che attendeva nella cucina era preparato appositamente per una donna, mi rendeva nervoso.Cercai di reprimere il pensiero quando mi trovai al centro del corridoio, mi avviai a lunghi passi verso la camera degli ospiti per evitare di pentirmi e disfare tutto quel che avevo sistemato al piano inferiore, con titubanza bussai alla porta ed attesi.
"Si?" rispose Emily.
"La cena è pronta", comunicai.
"Arrivo subito", rispose lei.
Mi affrettai a scendere giù per le scale e farmi trovare in cucina, di Patrick nemmeno l'ombra come avevo preferito. Ci pensai alle parole che aveva detto e al perché mi facessi problemi a farlo conoscere ad Emily, dopotutto credo che neppure lei se la beva la storia che faccio tutto da solo se sto chiuso in editoria tutto il giorno.
La casa era sempre impeccabile, ordinata e profumata, non poteva di certo essere opera mia.
Armeggiavo con le portate quando udii dei passi avvicinarsi alla cucina, mi volta e trovai Emily sulla soglia che scoppiò a ridere.La guardai:"Cosa ti fa ridere così tanto?"
Reggevo in mano il vassoio con il risotto agli asparagi intento a portarlo al centro del tavolo dove già avevo sistemato l'appoggio su cui reggerlo.
"Il grembiule ti da un'aria poco seria", tossì prima di tornare seria.
"Questione di gusti, io lo trovo il massimo dell'eleganza", accennai un sorriso.
Dopotutto, aveva detto una cosa degna di nota per riderci su con piacere.
"Elegante... un grembiule?" scoppiò di nuovo a ridere.
Aveva una risata fresca, vera, genuina come il suo modo di essere e dire le cose senza risultare offensiva o fuori luogo. Ridevo e forse questo era sbagliato, mi stavo lasciando andare e non potevo permettermelo, non adesso, non con lei che neppure conoscevo.
Mi feci serio:"Accomodati", non dovevo distrarmi.
Emily si accomodò, avevo disposto le sedie una di fronte l'altra in maniera tale da poterla guardare dritta negli occhi."Mangi spesso da solo?" domandò assaggiando una forchettata di risotto.
"Il più delle volte sì", feci lo stesso.
"Casa tua è davvero rilassante", esclamò.
"Ah si?"
"Sì. La camera degli ospiti mi ha aiutata a scrivere il prologo del libro insieme al primo capitolo", rispose con entusiasmo.
"Ne sono onorato", risposi guardandola fissa negli occhi:"E poi, prima scrivi e prima potrai tornare a casa". La vidi asserirsi di colpo, tutto il precedente entusiasmo era svanito, aveva perfino smesso di mangiare:"Non ti piace?" domandai.
Emily sussultò:"C-cosa? N-no, è ottimo", balbettò mandando giù un altro piccolo boccone di risotto.
"E allora cosa c'è che non va?" insistetti.
Era diventata rossa e la sua serietà non l'aveva ancora lasciata.
"E' solo che stavo pensando", rispose.
"A cosa, se posso?"
Mi guardò:"Niente di importante".
Giudicai da quella risposta che non aveva nessuna intenzione di parlarne né tanto meno di aprirsi, d'altronde non potevo darle torto: non ci conoscevamo abbastanza da poter scacciare l'uno lo scheletro nell'armadio dell'altro.
Caddi in un silenzio profondo anche io, forse era sbagliato ma non credevo che parlarle l'avrebbe aiutata a non pensare, magari avrei alimentato i suoi pensieri o fatto in modo che ci avrebbe pensato di più.
Rimasi zitto in attesa che lei stessa avrebbe detto qualcosa.
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Come tu mi vuoi - Russel McRoverguy
ChickLitEnigmatico, misterioso, manipolatore, ricco e giovane uomo il cui fascino lo rende ancor più ambito e desiderato oltre che richiesto per la sua professionalità. Russel McRoverguy non è solo il direttore della casa editrice più conosciuta al mondo ma...