Capitolo 36

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Nel tempo in cui mi ero immerso nella vasca piena di schiuma, mi ero totalmente rilassato ad occhi chiusi dimenticando ogni minuscolo dire o fare che camminava insieme alla mia vita da un po' di tempo.

La cena, il lavoro, il progetto editoriale, le vari riunioni, le vendette inutili, Tracy, tutto dimenticato.

C'ero io, Russel McRoverguy, ed il piacere di essere immune ad ogni lama tagliente che tentasse insistentemente di scalfire la mia dura corazza. Niente, o mi correggo col dire nessuno, avrebbe mai potuto scoprire chi si celasse dietro tanto ferro; ma solo io ero a conoscenza del vuoto riempito di errori di cui mi nutrivo quando ero da solo.

Per quanto abitudinaria e robotica fosse la mia vita, un pizzicotto sul braccio avrebbe comunque fatto nascere un livido violaceo che avrebbe macchiato la mia pelle per giorni, immaginarsi dentro quanto male spacciato per egoismo e menefreghismo non mi rendeva certo invincibile.

Un eco in lontananza, un suono rimbombante ed insistente, qualcosa che somigliava vagamente alla sirena di un'ambulanza a gran velocità in avvicinamento; di nuovo quella strada. L'impatto mortale, le ruote che fischiano, i freni che si bruciano, un grido spezzato.

Mi risvegliai di soprassalto facendo strabordare l'acqua dalla vasca, boccheggiavo aria mentre prendevo lentamente coscienza del fatto che quel suono provenisse dal mio cellulare.

Sospirai quando afferrai il telefono, numero sconosciuto sul display.

Feci per rispondere ma esso smise di squillare, un altro sospiro e scivolai completamente sotto l'acqua per poi riemergere stringendomi il viso fra le mani.
Era da un po' che non sognavo di quella sera, di quell'incidente, almeno non da che ne avevo io memoria; farlo nuovamente, in un momento come questo poi, aveva fatto in modo di destabilizzarmi completamente. E se c'era una cosa, anche una piccola, che sapeva seriamente come devastarmi, certamente era il ricordo della mia famiglia completamente distrutta.

Pochi minuti più tardi, il giusto tempo per lasciare la vasca e rivestirmi, che il mio telefono riprese a suonare; questa volta, però, era un messaggio.
Lo afferrai ed aprii la cartella senza nemmeno pensarci troppo.

Il mittente, di cui non avevo piacere a leggerne il nome, non mi sorprese affatto.

Gradirei risposta alla telefonata,
si tratta di qualcosa che... potrebbe interessarti in prima persona.

Deglutii ed attesi, non volevo dare l'idea di essere impaziente nel sapere quanto avrebbe voluto dirmi di così interessante. Perciò, dieci minuti più tardi, decisi che era il tempo giusto per riprendere il telefono e fare la telefonata che avrebbe rivelato chissà quali cose che mi sarebbero riguardate in prima persona.

Tre squilli, con mia sorpresa, e la sua voce fece eco nel telefono.

"Perché non hai risposto alla telefonata?"

"Che cosa vuoi, Eva?"

Ignorai la sua domanda, io personalmente non dovevo alcuna spiegazione a lei né tanto meno a qualcuno all'infuori di me.

"Parlare", disse con tono basso.

"Ti ascolto", dissi:"Di cosa vuoi parlare?"

Nel mentre, avevo lasciato il bagno e passando per il corridoio guardai giù per le scale per motivazioni che mi erano del tutto sconosciuti. Ancora una volta, con la fastidiosa sensazione di incomprensione nei miei gesti, mi aspettavo che forse Emily fosse già tornata a casa.

Così non fu.

Di lei nemmeno l'ombra, neppure il rumore delle scarpe o quella sua voce così alta nella sua tonalità che rimbombava ad eco nella mia villa troppo grande per essere vissuta; istintivamente guardai dritto davanti a me, istintivamente avanzai come se non fossi io a muovermi, istintivamente la mia mano fu sulla maniglia della porta ed, ancora istintivamente, lentamente la spinsi per rendermi conto che la sua camera fosse vuota.

Come tu mi vuoi - Russel McRoverguy Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora