Capitolo 40

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Mi congedai con un nodo che mi soffocava come un cappio alla gola, nessuna donna eccetto Tracy era riuscita più a farmi provare questa sensazione orribile, ed in questo caso si trattava perfino di una ragazzetta dal pessimo gusto e l'aspetto da rivedere in tutta la sua interezza fisica.

Forse alla fine non è mai stata una frase sbagliata quella di coloro che moralizzava su quanto la bellezza estetica fosse solo un biglietto da visita, il vero viaggio risiede nella mente delle persone. Tutto stava nella fortuna del passeggero se preso dalla curiosità avrebbe avuto il posto in prima classe oppure l'ultimo del vagone, forse io non ero nemmeno ancora salito sul treno e probabilmente non lo avrei fatto.

Scacciai via ogni stupido pensiero ed entrai nella mia camera, chiudendo la porta ne rimasi con il busto poggiato in attesa: la mia testa pullulava di mille domande su ciò che stavo facendo, che cosa mai stessi aspettando e perché me ne stavo fisso immobile in silenzio quando avrei fatto bene a lasciarmi tutto alle spalle e dormirci sopra.

Eppure no, ero impietrito come un blocco di ghiaccio dinanzi la porta della mia camera udendo quei passi lenti e cauti salire su per le scale e raggiungere il corridoio. In un primo momento, non ero certo di poterlo spiegare come tanto avrei voluto, sembrava come se qualcuno si fosse avvicinato alla maniglia e l'avesse sfiorata o impugnata, avevo avvertito su di essa una leggera scossa e subito dopo il gelo mischiato al nulla che non trovava pace in quell'istante.

Fu subito silenzio e poco dopo una porta in lontananza si chiuse, il mio cuore riprese a battere ed io mi chiesi da quanto tempo aveva smesso di farlo. Poggiai la fronte contro di essa mentre ad occhi chiusi girai lentamente la chiave, deglutii il nodo che ancora mi soffocava e mi sporsi verso il corridoio sulla mia destra: la luce della camera era accesa, Emily era entrata nella sua stanza.

Inspiegabilmente avrei tanto voluto raggiungerla per vedere cosa stesse facendo, il mio silenzio alle sue domande era solo una mera bugia perché morivo di rabbia per la voglia di sapere cosa cazzo ci faceva in compagnia di quel dannato Robert Gibson. Ma il mio orgoglio, stupido e maledetto orgoglio, aveva oppresso la mia voce per non scatenarmi contro tutto ciò che avrei tanto desiderato distruggere in quel momento colmo di rabbia.

E ora avrei tanto desiderato lasciare la mia villa, entrare in macchina e sfogarmi sulle strade perché forse il pericolo della morte mi avrebbe calmato. Ma ancora una volta cercai di abbandonare i miei istinti incontrollabili e mi distesi sul letto senza alcuna voglia di chiudere gli occhi, non aveva senso dormire ormai se fra meno di tre ore mi sarei dovuto svegliare.

6:00 del mattino, alla fine avevo dormito solamente un'ora prima che il suono stridulo della sveglia mi obbligasse a lasciare il letto e gettarmi nella doccia.
Andando in cucina, Patrick era già operativo pronto con il solito caffé, pane tostato e marmella. Notai però che aveva apparecchiato solamente il mio posto, spostai indietro la sedia per accomodarmi e lo guardai meravigliato.

"Come mai hai apparecchiato solo per me?" Domandai.

Patrick corrugò la fronte:"Aspetta qualcuno, Signore?"

Bevvi il caffé fumante in un solo sorso:"Non ti sei accorto che Emily è rientrata?"

"Certo Signore, credevo potesse dormire fino a tardi".

Masticai un pezzo del pane tostato:"In realtà dobbiamo uscire", risposi a bocca piena.

"Vado a svegliarla?"

"No, ci penso io", lo guardai e mi accorsi che alla mia risposta Patrick sorrise, corrugai la fronte:"Cos'hai da ridere?"

Tornò serio:"Niente Signore", si voltò di spalle:"Solo che mi piace la signorina Emily".

Come tu mi vuoi - Russel McRoverguy Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora