Capitolo 13

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«Mi serve un favore», mi dice Alex non appena gli apro la porta di casa mia. Si fionda dentro come se fosse inseguito.

«Ciao anche a te», ribatto freddamente prima che lui mi superi e si accomodi sul mio divano.

«Non ho molto tempo. Mio padre sta per arrivare, sistemati e andiamo da me», annuncia accavallando le gambe, sereno come se fosse a casa sua e come se mi avesse detto la cosa più normale del mondo. Tuttavia, osservandolo bene, noto la tensione della sua mascella e delle braccia incrociate. Lo sguardo è, stranamente, serio.

«Senti un po', hai preso una botta in testa? E' l'alcol che ti ha bruciato il cervello? O peggio? Non è che perché siamo sopravvissuti a un paio di uscite insieme,  ora siamo amici. Fuori di qui», replico decisa, ma con una calma letale. Cerco di trattenermi dal trascinarlo di peso alla porta, ma gli mostro tutta la mia autorità portando le mani sui fianchi. Tuttavia, lui rimane indifferente. Per la prima volta da molto tempo, qualcuno ignora i miei ordini.

«Ti spiego dopo. Mi serve una fidanzata seria da presentare», risponde indicandomi.

Per tutta risposta io scoppio a ridere, una risata decisamente sarcastica: «Come scusa? Io? Stai pensando a me? Chiama una delle tue amichette».

«Ovviamente non per davvero», replica con una nota schifata nella sua voce, «Ma mi serve una persona con un minimo di cervello. E poi non ho tempo. Vestiti in modo serio come solo tu sai fare».

Lo guardo per un attimo. È serio e, cosa ancora più grave, sta dicendo sul serio.

Prendo un bel respiro per cercare di calmarmi. «Alex. Scusami, ma credo tu sia impazzito. Il massimo che io possa fare è chiamare la neuro per te, o se hai preso una botta in testa ti posso portare in ospedale». Sono magnanima dopotutto.

«Villa, Villa. Non rendermi le cose più difficili del previsto», esclama raggiungendo la mia camera e spalancando la mia cabina armadio, «Mettiti questa giacca e questi pantaloni eleganti. E tacchi, dove sono?». È tutto concitato, direi quasi nel panico, ma mantiene comunque la sua arroganza.

«Solani, sei impazzito? Noi non siamo amici, non ti farò nessun favore», replico seria per la millesima volta, «Numero uno: io non prendo ordini da te. Numero due: non hai diritto di piombare in casa mia così, quindi vattene. E, numero tre: questa è violazione della privacy, se non la pianti chiamo la polizia, non sto scherzando». Cerco di trattenere l'irritazione e di non alzare la voce. Solitamente la calma rende i messaggi più letali.

«Villa, speravo collaborassi un po' di più. Ma guarda caso ho una foto che potrà esserti d'aiuto. Un piccolo incentivo», dice tirando fuori il suo cellulare. Con mio sommo orrore, mentre lo guardo, lui fa scattare il flash. Senza scrupoli.

«Che cavolo. Cancellala subito!», ribatto prima di capire cosa sta succedendo e perdendo il controllo della mia voce, «Non starai provando a ricattarmi, vero? È una cosa denunciabile».

Lui fa uno strano ghigno: «Brillante, come sempre. Sì, è quello che sto facendo. Sarebbe un vero peccato se svelassi la tua identità ai tuoi fans di Youtube, o se i tuoi colleghi sapessero che passi il tuo tempo libero a classificare i protagonisti dei manga in base al fascino. Non che ci sia qualcosa di male...». Ha guardato anche i miei video.

«Non ti crederà nessuno», cerco di difendermi, «È riprovevole quello che stai facendo».

«Villa, sono disperato e, anche se non vorrei dirlo, mi serve il tuo aiuto». Lo dice come se fosse sotto tortura, con grande riluttanza. È davvero senza scrupoli.

«Alex, stai scherzando vero? Non fare il ragazzino! E poi cosa ne sai di YouTube?», borbotto con una nota di panico.

«Non sto scherzando e lo so perché ho visto il tuo computer. Ascoltami, vestiti. Ti spiegherò tutto», ribatte porgendomi i vestiti, mentre sbuffo sonoramente, «te l'ho detto: sono disperato al punto di chiedere aiuto, proprio a te».

Alter Ego - Quando le apparenze ingannanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora