Capitolo 45

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A bordo della mia macchina sfrecciante, affronto il traffico domenicale per andare a trovare i miei genitori e i miei nipotini. Fortunatamente, la mia playlist mi accompagna e, dopo aver cantato a squarciagola, arrivo a destinazione rilassata. 

O almeno lo sono finché non varco la soglia di casa. Perché la prima cosa che mi dice mia madre non è "come stai" né un "che bello vederti".  «Come mai Alex non c'è?», è il saluto della mia cara mamma che, su questo tema, non molla un colpo. 

«Non posso venire a trovarti senza di lui?», borbotto un po' risentita. La verità è che non lo sento né lo vedo dall'altro ieri. Da quando la battuta di Claudia gli ha fatto cambiare espressione. L'ho visto chiaramente nel suo sguardo. 

«Sono tua mamma, è ovvio che mi preoccupo e voglio sapere se è successo qualcosa al tuo ragazzo», poi mi guarda attentamente mentre mi fiondo sul divano, «State ancora insieme, vero? E' da tanto che non lo vediamo». 

«Carolina, ti prego. Non farle sempre questo interrogatorio», interviene mio papà, prima di lanciarmi una stoccata, «Sono certo che se si fossero lasciati, saresti la prima a saperlo».

Io evito di rispondere per alcuni secondi perché dentro di me sto lottando. Questa potrebbe essere l'occasione per dire che tra me e Alex non c'è più nulla. Non c'è mai stato. Basterebbe dire che ci siamo lasciati e potrei definitivamente lasciarmi alle spalle tutta questa storia. 

Eppure quando mia madre incalza una mia risposta, non ci riesco. «Va tutto bene, mamma. Alex sta bene». E, davvero, mi prenderei a calci da sola. Era l'occasione per chiudere definitivamente questa farsa. «Anche se le cose non vanno sempre benissimo», aggiungo prima di accorgermi di aver solo che peggiorato le cose. Devo capire cos'è successo alla mia capacità di essere razionale.

Lei spalanca gli occhi e inizia a ripetere continuamente "ecco, lo sapevo". Mio papà mi guarda rattristato e preoccupato: «Come mai? Cosa succede? Si comporta male?». 

«No no, papà», dico in difesa di Alex, «Si comporta sempre bene con me. E' solo che siamo entrambi molto impegnati. Il lavoro... sai». 

«Non cominciare con la storia del lavoro. E' che a te non va mai bene nessuno», esclama lei con tono irritato. Credo di aver vissuto questa conversazione un'infinità di volte negli ultimi anni.

«Mamma, per favore». Mi fa sentire davvero male. Perché, se fosse per me, starei davvero con Alex. Nonostante tutto. E forse è proprio per questo che non sono riuscita a dire che ormai tra me e lui non c'è più nulla. «Sono venuta per passare del tempo con voi. Non per parlare di Alex». 

C'è un attimo di silenzio e vedo che sono entrambi davvero dispiaciuti. Io prendo un respiro profondo per cercare di dare più ossigeno al mio cervello.

«Ricominciamo, ok? Cosa mi raccontate?». Così mia madre, anche se un po' incalzata, inizia a raccontarmi di tutti i pettegolezzi del paese. Ogni tanto si lascia sfuggire qualche sospiro quando mi racconta dei matrimoni imminenti delle figlie delle sue amiche, ma, le riconosco grande caparbietà, riesce a resistere dal ritirare fuori il discorso. Mio padre mi guarda silenzioso, se non per qualche sporadico commento rispetto a quanto raccontato. So che mi sta studiando. Sta cercando di capire se c'è qualcosa che non va che sto evitando di raccontare.

Per mia fortuna veniamo interrotti dal suono del citofono che rivela la presenza di mia sorella e dei miei nipotini. 

«Certo che così mi risparmiate la fatica di venire a trovarvi!», dico abbracciando Diego e Leonardo.
«Potevi avvisare. Alex?». Simona sa bene che, purtroppo, abbiamo litigato pesantemente. E che, in pratica, è finita. Ma me lo chiede come se sperasse in una risposta diversa da parte mia. 

«Lo zio non c'è?», chiede Leonardo speranzoso. In effetti, ricordo bene che a Natale non l'aveva mollato per un istante, ma mi fa strano che lo chiami così. Sono passati mesi da quando l'ha incontrato. 

«Intendi Alex? Non c'è, aveva degli impegni». Cerco di non far trasparire la mia tristezza, ma so che mia sorella ha colto. Simona, infatti, mi guarda con attenzione cercando di leggermi dentro e sono certa che ci stia riuscendo. Lo stesso sguardo attento che mi sta rivolgendo mio papà. 

Il pomeriggio prosegue in modo rilassato e, per il resto, riesco a evitare abilmente di parlare di Alex. Torno a casa dopo cena e, dopo aver registrato un video per il mio canale YouTube, mi concedo una salutare vaschetta di gelato e mi butto sul divano per riprendere la visione di Ranma 1/2. 

Ammetto di essere un po' delusa dal non aver sentito né visto il mio vicino, ma non voglio cedere a questo sentimento. Alex non è la persona giusta per me per una serie di motivi. Il principale è che evidentemente non ricambia il mio interesse. Forse dovrei fare una lista, sono certa che potrebbe aiutarmi. Devo fare appello a tutta la mia razionalità per accantonare qualsiasi pensiero relativo a lui. E, quando il mio telefono squilla, non esito a rispondere alla chiamata.  

«Buonasera, ti disturbo?», il saluto gentile di Marcelo mi fa sorridere. 
 «Assolutamente no», evito di dirgli che mi ha salvato dall'entrare in un loop incentrato sul mio stupido vicino, «Come stai?». 

«Bene, oggi ho chiuso un servizio fotografico in Francia e domani rientro alla base. Tu come stai? Ti sei riposata questo weekend?». 

«Tutto bene, grazie. Mi sono riposata e ricaricata per l'inizio di una nuova settimana». Fatico a far decollare la conversazione, ma lui la prende in mano con abilità.

Marcelo mi racconta del suo ultimo servizio fotografico e poi si lascia andare raccontandomi della sua famiglia. Dopo più di un'ora trascorsa al telefono, prima di salutarci mi invita a uscire nuovamente: «So che con il mio lavoro rende tutto un po' complicato, ma ti andrebbe di vederci questa settimana? Anche nel weekend se ti va». 

Ci penso un istante: «Certo, mi farebbe piacere. Posso sia giovedì che venerdì». 

«Venerdì sera allora ti passo a prendere. Possiamo cenare insieme e poi andare al cinema». 

«Volentieri». 

«Allora buonanotte, bellissima. Ci sentiamo nei prossimi giorni per aggiornarci. Non vedo l'ora di rivederti». 

«Buonanotte Marcelo, a presto». Mi rendo conto solo quando ho riattaccato che sto ancora sorridendo. Non è male essere corteggiate e, anche se ammetto di avere un po' paura di come possa andare questa cosa, non voglio tirarmi indietro. Per una volta, anche se non riesco a prevedere come andrà a finire, ho voglia di lasciarmi andare. 

E lo ammetto, questo invito mi aiuta a iniziare la settimana con una carica inaspettata. 

Mi sento ottimista e felice, nonostante tutto. O almeno lo sono finché martedì non decido di andare in ufficio. E non faccio neppure in tempo a godermi il mio caffè che mi ritrovo davanti Matilde nell'area break. La simpatica e adorabile collega che ha rischiato di rovinarmi la carriera. 

E' il momento di fare appello a tutta la mia calma e tranquillità. Devo rimanere zen per davvero perché questa volta, se dovessi perdere il controllo, non so proprio cosa potrebbe uscire dalla mia bocca. Anche se si meriterebbe di essere asfaltata. 

«Buongiorno», mi saluta la collega accanto a lei. Ricambio immediatamente, ma non riesco a fare a meno di notare, con una certa soddisfazione, che Matilde è sbiancata. Ha proprio la faccia di una che preferirebbe sotterrarsi. 

«Spero tu abbia finito di inventare cattiverie sui colleghi. Non è molto professionale», le dico lanciandole una stoccata poco prima di allontanarmi. Voglio che lei sappia che so che cos'ha detto alle mie spalle, che so cos'ha fatto. 
Eppure rivederla mi ricorda che devo dedicarmi alla ricerca di un nuovo posto di lavoro perché qui, nonostante i soldi con cui mi ricoprono, mi viene l'orticaria al pensiero di continuare a dividere l'aria con gente come lei. Rientrata nel mio ufficio, la prima cosa che faccio è aggiornare il mio profilo LinkedIn per poi riprendere la mia normale giornata di lavoro tra call deliranti e meeting con il team. 

Alter Ego - Quando le apparenze ingannanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora