Capitolo 40

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Il lunedì mattina il mio corpo non si è ancora del tutto ripreso dalla serata con Simona. Nonostante siano passati due giorni, mi sento ancora provata. I miei tempi di recupero sono decisamente aumentati rispetto a qualche anno fa. 

Appena finisco di chiudere la porta di casa mia, sento un rumore provenire dall'appartamento di Alex. Mi accorgo con orrore che è il tintinnio delle sue chiavi e, pur di non incrociarlo, mi infilo rapidamente in ascensore, decisa a continuare a evitarlo come mi sono ripromessa. Non voglio interrompere questa lunga serie di giorni trascorsi senza dover parlare con lui. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore no? Mentre sto per schiacciare il pulsante del piano terra, una mano blocca la chiusura delle porte dell'ascensore.

Con un gesto istintivo, pur di non rimanere in questo spazio stretto con lui, mi fiondo fuori marciando in direzione delle scale. Alex però mi segue immediatamente e tiene il passo. La sua tenuta sportiva sicuramente lo agevola. 

«Quindi esci con Marcelo adesso?», mi chiede alle spalle, la sua voce carica di sarcasmo. Accelero il passo con determinazione, nonostante i miei tacchi alti e lo zaino del pc che mi batte sulla schiena a ogni gradino.

«Non sono fatti tuoi», ribatto tagliente senza neppure fermarmi e continuando a scendere imperterrita la rampa di scala, «E non osare seguirmi».

«Sono fatti miei. E ti seguo perché stai scappando». 

«No Alex. Non sono più fatti tuoi da quando mi hai piantato in asso a San Valentino. Da quando hai raccontato i fatti miei alla tua amichetta del cavolo. Congratulazioni, a proposito».

«Ero venuto da te per spiegare e per scusarmi. Ma tu...»

«Io cosa?», lo interrompo fermandomi all'improvviso e voltandomi verso di lui, «io cosa? Vuoi dare la colpa a me?». Alex mi sovrasta guardandomi dal gradino più in alto. 

«No, cazzo. Volevo solo che mi ascoltassi. Anche l'altra volta hai fatto la pazza», aggiunge con irritazione. 

«La pazza?! Ma sai che c'è? Non sono mai stati fatti tuoi a dirla tutta! Stronzo», dico riprendendo a scendere le scale sempre più furente e con il fiatone, «Mi hai evitata per settimane. Quando sono venuta da te, mi hai quasi chiuso la porta in faccia. E ora, solo perché mi hai visto con Marcelo, mi segui?».

Prendo fiato e poi, fermandomi ancora una volta, aggiunto esasperata: «Ma che problemi hai?». Sento il sangue pulsare forte nelle tempie. 

«Parlami. Chiariamoci. Voglio solo parlare con te». 

Non ho intenzione di parlargli né di ascoltarlo. Continuo la mia discesa con più velocità di prima. Scendo rapidamente, forse troppo rapidamente. A metà dell'ultima rampa di scale, perdo l'equilibrio sui miei tacchi. Vedo il pavimento avvicinarsi. Mentre mi sfugge un urletto spaventato, in una frazione di secondo, sento la mano di Alex afferrarmi il polso con decisione.  L'istante dopo, mi ritrovo a terra sdraiata su di lui.

Rimango immobile per un tempo indefinito, addosso a lui.
Il suo profumo e il suo corpo muscoloso stretto al mio, mi inebriano e mi confondono. Il contatto delle mie gambe con le sue cosce possenti e allenate, non mi aiuta a trovare la concentrazione. E, sarà per lo spavento, ma mi manca il fiato. Vengo riportata alla realtà solo quando Alex si lascia sfuggire un gemito di dolore. Mi sollevo, ancora spaventata, e mi basta guardarlo per vedere la smorfia sul suo viso. 

Si mette a sedere, dolorante e, con un tono preoccupato, mi domanda: «Stai bene?». La sua fronte è aggrottata. 

«Sì, hai... mi hai... grazie. Tu stai bene?», rispondo cercando di nascondere la mia confusione. A parte la botta presa al ginocchio e la caviglia indolenzita, sto bene. Recupero con un po' di imbarazzo la scarpa che ho perso nella caduta e mi sistemo la gonna stretta che mi è risalita fino alla coscia, mentre lo osservo attentamente cercando di capire cos'è successo e cosa gli fa male. Con la mano destra si tiene stretto il polso sinistro, quello con cui ha attutito la caduta e riparato me dalla botta col pavimento. 

Alter Ego - Quando le apparenze ingannanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora