VIII.

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In mezzo a questo inverno - Tiziano Ferro
Testa tra le nuvole pt.1 - Alfa

Ero intenta ad osservare mia madre preparare la cena, mentre mio padre, stremato dopo una lunga giornata di lavoro, le raccontava "Sai, avresti dovuto vedere stamattina quanto fosse carina una persona. L'ho guardata dormire mentre stavo andando a lavoro, mi veniva voglia di morderle le guance".
E io ero rimasta in silenzio, lasciando parlare il sorriso che compariva sul mio viso, facendo spazio ad una fossetta sulla mia guancia destra.

Faceva strano sentire mio padre, un uomo grosso, col viso un po' cupo, ma con gli occhi dolci, pronunciare quelle parole così sentite in mia presenza. Solitamente lo faceva quando non c'ero, quando credeva che io non potessi ascoltare, ma mi era capitato qualche volta di essere riuscita ad origliare dei discorsi con la mamma.

Ed è assurdo quanto anche questo suo apprezzamento mi facesse pensare ancora una volta a lui.

Alle volte in cui si perdeva a giocare con le mie guance, poggiandoci sopra i suoi polpastrelli intenti a tirare delicatamente la mia pelle, torturandole, in modo che la mia faccia potesse assumere le espressioni più buffe che potessero esistere.

Rideva, e faceva ridere anche me.
Il pensiero che fossi io, in un certo senso, la ragione di quella risata sincera, spontanea, mi riempiva il cuore e mi inumidiva gli occhi. Rendermi conto che per un attimo, ero io il motivo per il quale lui stava bene tanto da regalare al mondo uno dei suoi sorrisi luminosi, da fare invidia al sole in estate.

Noi eravamo così.
Così diversi, eppure così simili.

Entrambi amanti della solitudine, ma bramosi della compagnia di quella persona che sai di voler sempre al tuo fianco, anche quando ci sono più di 40° all'ombra ma non vuoi rinunciare al calore di quella pelle attaccata alla tua.

Eravamo sole e luna, l'alba e il tramonto, quiete e tempesta. Eravamo mille cose diverse, che insieme ci stavano alla perfezione.

Lui era la luce che cerchi alla fine del tunnel degli orrori, quella che accendi la notte per evitare di cadere e farti male. Era quel profumo di primavera che ti inonda le narici dopo un lungo periodo di freddo, era due smeraldi profondi e incantevoli, di quelli che trovi incastrati negli anelli preziosi o ai ciondoli delle collane, dei quali ti innamori a prima vista anche se sai di non poter avere.

Io invece ero buio, lacrime spezzate. Profumo di pioggia di inizio autunno, fragile come le foglie che si staccano dagli alberi per le forti folate di vento. Ero due soli spenti, cerchiati da nuvole cupe, che solo le sue iridi sapevano riaccendere e far splendere come mai fatto prima.

Lui bucaneve, io girasole.
Lui primavera, io autunno.
Lui estate, io inverno.

Eravamo due metà che si fondevano, complementari.

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