III.

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9.3 - Mr rain
Per sentirmi vivo - Fasma

Aprite il dizionario, lettera U, parola: uragano.
Probabilmente leggerete: "violento ciclone tropicale, tempesta molto violenta, con vento e pioggia, rumore fragoroso".

Ed è così che lui è arrivato nella mia vita, impetuoso come un tornado, che ti stravolge, ti destabilizza, ti lascia a bocca aperta e quasi ti tiene immobile perché non sai come reagire, provi a scappare e cerchi di metterti in salvo. Io invece, mi sono fatta travolgere, in pieno e vi assicuro che è stato un bene.
Il rumore strappa via il silenzio intorno, importuna la quiete e ti spiazza. Ed io volevo sentire, volevo ascoltare quel frastuono e udirne il fragore come se fosse la miglior melodia mai prodotta prima.

È arrivato quando non me l'aspettavo, quando ne avevo bisogno e non me ne rendevo conto. Così, all'improvviso, portando con sè cuore, anima, parole e silenzi.

E ancora una volta c'è quella canzone che canta "capirai di avere un cuore quando qualcuno te lo spezza, ma impari ad usarlo quando trovi chi lo raccoglie da terra". Lui aveva raccolto il mio cuore e non so descrivervi quanto sia stato accurato nel farlo, ammassando pezzi sparsi qua e là, maneggiandolo come se fosse la cosa più preziosa al mondo, o almeno era quello che faceva il più delle volte.

Si è preso cura delle mie ferite, come fossero le sue, senza chiedere nulla in cambio. Mi regalava sorrisi sinceri, sguardi complici e risa spensierate. Abbracci improvvisi, quelli che senti fin dentro le ossa e ti riempiono l'anima, che ti bloccano il respiro ma che ti fanno sentire libera allo stesso tempo.

Mi faceva sentire protetta, le sue braccia profumavano di casa e la loro intensità non saprei descriverla a parole, ma vi auguro di provarla, perché vi assicuro che non c'è sensazione più bella.

Lui era il mio uragano e paradossalmente la mia quiete, la causa del mio naufragio e allo stesso tempo la mia unica ancora di salvezza. Lui era quel vento che ti scompiglia i capelli quando li hai appena piastrati, il raggio di sole che ti risplende in viso dopo una giornata piovosa, il pensiero che ti tiene sveglio di notte e quello che ti accompagna per l'intera giornata, lui era le mie mille lune storte e i miei mille splendidi soli.
Lui era tante cose insieme, di quelle che non ti spieghi perché sono in contrasto tra loro eppure combaciano alla perfezione e a me andava bene.

Non l'ho mai ammesso, ma a me piacevano le sue indecisioni, i suoi "forse" e "non lo so", li ho capiti col tempo. Non tutte le domande prevedono una riposta secca, anche se a volte è l'unica che vorremmo sentire.
In fondo lo sappiamo tutti, non esiste solo il bianco e il nero, c'è un'infinita gamma di colori che si alterna a questi soli due, immaginate quante infinite scale di colori possano esistere per infinite tonalità.

A me andavano bene le sue mille sfaccettature perché sapevano regalarmi emozioni irripetibili e distinte l'una dall'altra. Era questa la sensazione che più mi piaceva, il suo riuscire a farmi sentire VIVA.

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