Capitolo 17 - Premiazioni

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Gli applausi scrosciavano incessanti nell'ampio studio televisivo.
Tutta Panem era incollata agli schermi per assistere all'evento: era la prima volta che un bambino così piccolo vinceva gli Hunger Games.

Tom era al centro del palco, i fari accecanti gli impedivano di vedere il pubblico in delirio.
Le sue gambe tremavano, se il conduttore e la Presidentessa Giuls, avvolta in uno stravagante abito dorato, non gli avessero tenuto le braccia tese in alto, si sarebbe accasciato al suolo.

Gli Strateghi sedevano in prima fila dal lato destro ai piedi del palco.

Paolo, nel suo elegante completo gessato, reggeva tronfio l'inseparabile Aperol spritz.
Guardava con un sorrisetto compiaciuto le immagini che passavano sul mega schermo che faceva da sfondo al palcoscenico, che ritraevano il cadavere di quell'impertinente ragazza.
«Ohibò, hai finito di rubarmi gli spritz, maledetta scroccona!» sibilò con malizia, per poi scoppiare in una risata diabolica.

Un sussurro proveniente dalle sue spalle lo paralizzò: «Ti sono mancata?»
Il calice gli venne strappato dalla mano.

Il suo cuore si fermò e tentò di deglutire il groppo che in un istante gli si era formato in gola.
Si voltò a scatti, terrorizzato da ciò che avrebbe potuto trovare dietro di sé.

Gli occhi azzurri della ragazza lo trafissero.
«Ben ritrovato, signor Paolo. È da un po' che non ci si vede» disse quella, per poi sorseggiare l'Aperol.

Lo Stratega non riuscì a rispondere. Non riusciva nemmeno a urlare. Aveva lo sguardo bloccato su quella giovane, avvolta in un'ampia felpa nera con il cappuccio tirato sulla testa.

Lei puntò gli occhi sul palco. Il bambino stava raccontando con entusiasmo come aveva fatto a vincere a nascondino e salvare gli altri grazie al suo "liberi tutti".
«Tom è un bravissimo attore. Non trovi?» appurò, facendo un mezzo sorriso.

«C-come?» biascicò Paolo con un filo di voce.

«Gli ho proposto di fare un gioco, sai. Abbiamo giocato a fare gli attori. Lui faceva il buono e io il cattivo, che però era il suo migliore amico. Quindi dopo avermi sconfitta doveva restare a piangere sul mio cadavere. Temevo che mi avrebbe fatto davvero male con quella pietra, invece è stato delicatissimo.» Un angolo della sua bocca si sollevò in un mezzo sorriso, «Non avrei mai creduto che quel bambino potesse risultare così convincente. Sono ancora in debito con lui di due pacchetti di orsetti gommosi, ma credo proprio che si sia guadagnato anche una confezione di rotelle alla liquirizia.» Ridacchiò.

Lo stratega puntò un istante gli occhi sul cameraman più vicino. Se fosse stato inquadrato e qualcuno avesse riconosciuto la ragazza, la Suprema Presidentessa Giuls lo avrebbe affogato nell'Aperol. Non che quella fosse una brutta morte, anzi... ma era comunque una morte.

Con un moto di coraggio si alzò in piedi e fece un gesto furtivo per invitare l'ospite indesiderata a seguirlo qualche metro più in là, in un anfratto al limitare del palco, dove le telecamere non avrebbero potuto riprenderli.

Una volta lì, sibilò: «Tu e il bambino non potevate accordarvi! L'Arena è piena di telecamere e microfoni!»

La ragazza indicò il palcoscenico. Alle spalle di Tom stava passando il video del loro incontro: lei gli era inginocchiata davanti e lo stava abbracciando.
«Speravo davvero che i vostri microfoni non riuscissero a sentire i sussurri, e in effetti nessuno ha capito che stavo esponendo a Tom il piano nell'orecchio. Per fortuna non mi conoscete abbastanza, temevo che avreste scoperto l'inganno... Da quando sono qui vi avrò dimostrato in cinquantamila modi diversi che odio il contatto delle persone. Ti pare che mi metto ad abbracciare un bambino così?»

«Diamine, è solo un bambino!»

«È comunque contatto fisico che io non tollero, se non in casi particolari, come ad esempio questo.»

At the Hunger Games (Parodia) - La ragazza dagli occhi di ghiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora