Capitolo 16 - Vivere o morire? (Parte 3)

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Jean si rimise in piedi e fissò l'avversaria con sguardo strano.
I suoi occhi si riempirono di tristezza, come ogni volta che stava per essere travolto da un attacco di panico.
«Io non voglio combattere contro di te!» le urlò con voce tremolante, «Ma devo tornare da Marco. Lui ha bisogno di me... e io di lui.»
Abbassò il capo.
«Non c'è altro modo, mi dispiace. Devo per forza ucciderti.»
Sollevò la testa e la guardò dritta negli occhi, con le iridi nocciola colme di follia.
Scattò verso la ragazza, molto più veloce di prima, per infliggerle un fendente di katana.

Lei indietreggiò con disinvoltura, come al solito. Questa volta, però, nella radura riecheggiò un acuto rumore metallico e sentì un forte colpo sulla gamba.
Abbassò lo sguardo incredula. La lama le aveva raggiunto la coscia. Nella sua corsa, però, aveva impattato sulla catena che ciondolava al suo fianco, che aveva impedito alla spada giapponese di affondarle nella gamba.
Come poteva essere? Era certa di averlo schivato.
Puntò gli occhi sull'avversario: dopo l'affondo, Jean aveva fatto un mezzo passo in più.

La ragazza non fece in tempo ad allontanarsi, che lui le fu di nuovo addosso.
Riuscì a ripararsi con la propria arma, ma il cacciatore di Giganti pareva una furia: fece scattare le dita della mano libera e balzò a sinistra, per poi fendere di nuovo l'aria in direzione di lei, che non riuscì a schivarlo abbastanza in fretta, infliggendole un superficiale taglio sulla schiena. Continuò così, colpendola altre due volte e provocandole delle ferite di lieve entità.

Poi le andò addosso frontalmente.

La ragazza deviò la spada con la catena e per una frazione di secondo incrociò gli occhi in quelli di Jean.
Era certa che lo sguardo fiero e carico di follia che incendiava le iridi del giovane, fosse lo stesso che aveva lei.

Sospirò.
La pensavano allo stesso modo. Non avrebbe mai voluto ucciderlo, ma quella battaglia doveva finire per forza con un vincitore e un vinto.
Non perché lo dicevano le regole di quello stupido Gioco, ma per il loro onore.

Le dita di Jean scattarono.

Lo anticipò in maniera del tutto inaspettata: scagliò entrambi i capi della catena direttamente contro di lui. Il peso sinistro lo centrò alla mano, facendogli perdere la katana, mentre l'estremità destra gli si avviluppò al collo.
Gli andò addosso e gli puntò le scapole contro la schiena, poi tese la catena con tutta la sua forza.
L'altezza del giovane fece sì che il cappio lo tirasse sia all'indietro che verso il basso, flettendogli pericolosamente la spina dorsale.

Jean portò le mani sulle spire metalliche nel tentativo di allentarle e di contrastarne la stretta, mentre la spinta della schiena dell'avversaria gli impediva di spostarsi.
Saliva e schiuma rosata iniziarono a sgorgargli attraverso i denti serrati, colandogli sulla mandibola.

La ragazza continuò a tirare, ma qualcosa le impediva di dargli il colpo di grazia.
Non avrebbe mai voluto togliere la vita a quel giovane. Non sapeva nemmeno se fosse un assassino. Uccideva i Giganti, certo, ma non era la stessa cosa.
Chiuse gli occhi e abbassò il capo, cercando una soluzione a tutto ciò, mentre stringeva con forza la catena divenuta viscida per il sangue di cui era coperta.

«Maledizione, Jean, liberati subito e uccidi quella pazza!» La voce isterica di Lily riecheggiò nell'Arena.

La combattente spalancò le palpebre, si era quasi dimenticata di quella stronza.

Con un ultimo sprazzo di energia, Jean riuscì ad afferrare il coltello a serramanico che conservava nella manica della tutina e tentò di piantarlo nella coscia dell'avversaria. Il primo affondo mancò il bersaglio, limitandosi a provocarle uno squarcio sul pantalone e una lieve abrasione sulla pelle.

Lei con una smorfia tirò con più forza la catena, costringendo il giovane a far cadere a terra la lama per riportare le mani sul cappio che gli stava segando il collo.

At the Hunger Games (Parodia) - La ragazza dagli occhi di ghiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora