CAPITOLO XIV

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“Questa volta, Gilwash non la passa liscia.” Pensò la regina seduta su una piccola poltrona d'oro al tavolo con degli uomini con lunga barba bianca e grigia, che le guardavano con sguardo inquisitorio, come se lei fosse la colpevole di aver fatto sparire quello stupido dal castello come per magia.
“Dov'è il re?” Gridò con tono severo uno dei anziani saggi, vedendo la fanciulla seduta sulla postazione di Gilwash.
“Le donne qui non possono entrare!”
Ludmilla con sguardo seccato gli passò una letterina bianca.
L'anziano saggio si schiarì la voce e iniziò a leggere.
«Mia amata Ludmilla,
mia dolce stella luminosa»
La ragazza si imbarazzò di colpo, strinse forte i braccioli della poltrona, pregando di non essere rossa in viso.
L'anziano saggio si stava affogando con le parole, strinse la lettera, con gli occhi che quasi le uscirono fuori dalle orbite.
“Ma è sicuro che il nosto adorato re ha scritto questa lettera? Con queste parole poi...”
“E chi li avrebbe dovute scrivere io?” Chiese Ludmilla sarcastica.
“Certo che no.” Rispose di botto l'anziano saggio. “Mica le donne sanno leggere e scrivere, sarebbe una pazzia.”
Ludmilla voleva ribattere, ma vista la sua mentalità ristretta non aveva senso continuare a discutere.
Voleva solo che la riunione degli anziani finisse in fretta, così in un attimo era fuori di lì, immersa nel calore dei libri che le donava la stanza enorme della biblioteca.
L'anziano saggio aveva il naso rosso, respirava a fatica leggendo la lettera in silenzio, un altro saggio con la barba grigia gliela tolse dalle mani leggendo alta voce:
«Mia amata Ludmilla,
mia dolce stella luminosa,
Io e il professore Leonard andremo giù in paese, sono ancora ignaro dell'avventura che sarà.
So solo che nel posto in cui andremo non ci sono donne, non so perché, Leonard dice che è molto pericoloso.
Fino a quando non avrò fatto ritorno, in quanto regina di Kibrish, mia amata principessa ti conferisco il potere di sederti sul mio trono e gestire i miei incarichi da re.
Scrivo questa lettera e già mi manchi, non vedo l'ora stringerti tra le braccia, baciare le tue dolci labbra color di fragole e di ciliegie, scendendo su ogni centimetro del tuo corpo, sentire il mio pene nella la tua bocca calda e»
“Basta così!” Gridò Ludmilla imbarazzata togliendole la lettera tra le mani, l'anziano saggio che la stava leggendo ad alta voce svenne, l'altro faceva ancora fatica a respirare.
La riunione dei saggi continuò nonostante tutto, stavolta si parlava non solo di aggiungere punizioni ai ribelli, ma di bruciare le case dei vari sospettati.
Ludmilla doveva riflettere attentamente a quali parole usare, non poteva di certo dire che lei fosse la prima ad fatto amicizia con quei ragazzi, soprattutto con Raphael, ma conoscendo questi uomini barbuti, anche un povero innocente avrebbe rischiato di ritrovarsi la casa in fiamme solo perché non era visto di buon occhio dai saggi.
La regina mantenne la posizione più parziale possibile. “Nessun sospettato verrà condannato senza prove.”
Un anziano iniziò a riderle in faccia mancandole di rispetto, mentre gli altri saggi rimasero in silenzio.
“È evidentemente che siete troppo ingenua per poter guidare un Regno, vi farete calpestare dal primo pezzente che passa.” Insinuò guardando la ragazza ingenua dai capelli neri, vestita di un rosso principesco.
Ludmilla non perse la calma, e continuò parlare. “Se noi mettessimo a ferro e fuoco la casa di ogni sospettato, che ricordo potrebbe essere innocente non avendo alcuna prova della sua colpevolezza, verrebbe fuori un governo tiranno nemico del popolo, e verrà naturale che il contandino spaventato si allei con i ribelli.”
“Al contrario.” La interruppe un saggio. “Bisogna imporre un governo con il pugno di ferro per far capire a chi sta sotto di noi chi comanda, e cosa più importante...”
“È il dovere del suddito ubbidire alla corona!” Gridò l'anziano battendo i pugni sul tavolo.
“La corona sono io.” Si lasciò sfuggire Ludmilla, seduta sulla poltrona che assomigliava ad un trono d'oro, in quel momento si sentiva potente.
I saggi la guardarono atterriti.
“E se vogliamo parlare di governare con il pugno di ferro, in questo momento tu mi stai mancando di rispetto.”
L'anziano saggio si inferocì. “Abbassa la cresta donna, ti credi solo perché sei di un rango superiore al mio, di potermi parlare con superbia, se fossi una buona regina a quest'ora saresti stata nel letto a dare alla luce un erede maschio.”
La ragazza turbata si accarezzò la guancia, le parole di Gilwash le tornarono in mente. “Tu sei la regina, guai se ti fai mettere i piedi in testa da uno inferiore a te.”
“Osa dire un'altra parola contro di me, e non garantisco per la tua stessa vita.” Pronunciò la regina con fermezza, l'anziano impertinente fece un passo indietro.
Ludmilla fece un sorriso più morbido e più rilassato. “In quanto a regina dovrei dire così, ma la verità è che mi sento superiore a tutti voi, di conseguenza le mal dicenze che escono dalla vostra bocca sono nullità.”
L' anziano scontroso le voleva tirare un pugno, ma la sua mano fu fermata a metà aria da un altro saggio.
Ludmilla non si scompose e continuò a parlare. “Io Ludmilla De Lucy, so ben consapevole del destino per cui sono nata, e so bene che a fianco a Gilwash devo portare la responsabilità di un intero Regno.”
In quel momento si sentì una risata, la ragazza vide suo padre sorridere vicino alla porta.
“Gilwash ti ha lasciato mano libera durante la sua assenza?” Chiese Ludvig una volta che incrociano i loro sguardi nel corridoio, la ragazza annuì leggermente, proseguendo per la sua strada.
“Goditi il potere Ludmilla.” Il padre fece un sorriso malevolo.
Ludmilla fece un respiro profondo, non sapeva a che fosse dovuta la risata, ma di sicuro le stava augurando più il male che il bene.
Affrettò il passo verso la grande biblioteca, entrò nella stanza buttandosi nel libro di astronomia che stava cercando di interpretare, prima che venisse interrotta dalla voce dei saggi che erano alla ricerca del re.
La lettera le cadde sul libro blu, la fanciulla con il rossore sulle guance lesse le ultime parole:
«Scrivo questa lettera e già mi manchi, non vedo l'ora stringerti tra le braccia, baciare le tue dolci labbra color di fragole e ciliegie, scendendo su ogni centimetro del tuo corpo, sentire il mio pene nella la tua bocca calda e assaggiare il dolce succo della tua figa. Gilwash»
La ragazza accarezzò con l'indice il nome scritto con l'inchiostro, portò il dito alla labbra e lo baciò.
“Gilwash” Ludmilla si sdraiò, e alzò la lettera verso il cielo zaffiro lucente con stelle d'argento della biblioteca. “Chissà dove sei in questo momento.”



“Il villaggio è andato a fuoco!” Ripetè Giulia con gli occhi pieni di preoccupazione, con le mani strinse le lenzuola del letto, il ragazzo stava vicino a lei, le teneva la mano per farla calmare.
“Sì, ma i cavalieri hanno salvato il villaggio.” Si affrettò ad aggiungere Gilwash. “Fa parte delle loro mansioni, dovresti come minimo ringraziarli tu e la tua compagnia di ribelli visto che gridate con fierezza che combattete per il popolo.”
“Raphael...” La ragazza preoccupata pronunciò il suo nome tra le lacrime.
“Lui non si è visto.” Sussurrò Gilwash guardando gli occhi lucidi della ragazza.
“Non l'ho visto più dal nostro duello con la spada.” Confessò Giulia.
“Il vostro duello?” Gilwash fece un sospiro, poteva benissimo sapere le ragioni di quel duello, quella colpa aveva un nome, ma non osava pronunciare una parola al riguardo.
“Giulia cosa provi per lui?” Chiese guardando gli occhi verdi smeraldo della ragazza in lacrime.
“Raphael e io siamo amici d'infanzia.” Raccontò Giulia con voce tranquilla. “I nostri genitori non si potevano vedere, le famiglie con lo stemma blu con l'aquila e d'oro e quelle con lo stemma rosso con il cigno bianco si odiano a morte.”
“I Rilbert e i Bellis.” Pronunciò Gilwash, Giulia annuì. “Si fanno guerra da secoli. Tutto è iniziato dalla possessione delle terre.”
“I Rilbert erano un popolo nomade alla ricerca di una terra fertile con cui sfamare i loro figli.” Aggiunse Giulia. “Quando finalmente l'hanno trovata, sopraggiungero i Bellis erano un popolo assetato di sangue, si distinguevano dalle penne di cigno della loro armatura.
I Rilbert e i Bellis combatterono prendendo diversi parti delle terre fertile.”
“Ora quella grande terra è divisa da un fiume per ordine di mio padre.” Continuò Gilwash. “Se un Bellis osa andare nella sponda opposta verrà ucciso, la stessa sorte accadrà ad un Ribert.”
“Io e Raphael ci siamo incontrati sulla sponda del fiume.” Giulia sorrise immersa nei ricordi della sua infanzia. “Eravamo due bambini che combattevano con la spada di legno per vedere chi fosse più forte.”
Gilwash fece una risata. “Non ho dubbi su chi vincesse ogni volta, non è vero Giulia?” Osservò la Dea temuta dai cavalieri che lo stava guardando male. “Quanti complessi gli ha fatto venire a quel povero bambino?”
Il ragazzo per tutta risposta ricevette un pugno sul fianco.
“Quando abbiamo capito che le nostre famiglie non potevano vedere, continuavamo a vederci di nascosto.”
“Questa è una vera storia d'amore.” Gilwash sorrise divertito. “La devo raccontare a Charlotte.”

Giulia arrossì di colpo.
“Non è vero!” La ragazza si coprì il viso arrossato con la coperta. “Io e Raphael siamo solo... amici.”
“Non lo metto in dubbio.” Gilwash sorrise, nella sua mente tornò l'abbraccio del ribelle che aveva dato a Giulia nel bosco. “Ma anche un cieco nota che prova sentimenti romantici nei tuoi confronti.”
Tolse la coperta dal viso di Giulia che continuava a rimanere in silenzio.
“E visto che sei una bella ragazza, scommetto anche sessuali.” La provocò Gilwash leccandosi le labbra.
Giulia immediatamente si rese conto della posizione compromettente in cui si era messa.
“Stai lontano da me, re della lussuria!” Giulia cadde dal letto con le gambe in aria, Gilwash scoppiò a ridere.
L'espressione del re tornò seria e ricominciò parlare.
“Se devo essere sincero in tutta questa storia mi mancano dei pezzi dei puzzle.” Il ragazzo trattenne le risate guardando la ragazza ripararsi da lui con un lenzuolo bianco. “Tu cosa provi, Giulia?”
“Che ti importa?” La ragazza si coprì il viso arrossato con il lenzuolo, cercò immediatamente di cambiare discorso, in quel momento notò la spada con il sangue. “Hai combattuto anche tu per liberare il villaggio dai barbari?”
“E chi l'ha detto che io abbia combattuto per il popolo e non per sopprimere i ribelli?” Gilwash la provocò con una risata da tiranno, Giulia lo guardò male.
“Scoperto.” Il ragazzo fece un sorriso più rilassato. “Gavril stava per essere ucciso da un barbaro, in quel momento ho preso la spada e ho agito senza pensare.” Confessò a Giulia ricordandosi quando si era lanciato con la spada contro il colosso.
“Gavril” Pronunciò Giulia all'improvviso sentì una stretta al cuore ricordando la morte di Gab. “Il bambino che ha perso suo fratello in battaglia.”
“È lui che mi ha portato qui.” Dichiarò Gilwash lasciando Giulia senza parole. “Ha seguito gli ordini del re.”

Il giorno in cui la ribelle fu imprigionata per stregoneria, la città fu invasa dal fuoco.
La gente scappava dall'incendio, dando degli spintoni.
I riflessi delle fiamme splendevano come l'oro lucente, molto gridavano alla punizione divina, l'unico Dio che Gilwash aveva avuto nella sua vita è stato suo padre, un uomo dall'aura austera, che lo voleva il più potente tra i principi. Lo faceva allenare ogni giorno con la spada con un cavaliere feroce che lo buttava sul fango.
“Mio figlio è diventato forte?” Chiese un uomo in groppa a un maestoso cavallo nero.
“È ancora molto debole.” Rispose il cavaliere mentre il ragazzino si alzava da terra, togliendosi il fango dal viso.
“Ehi principino.” Disse il re puntandogli la spada al cuore. “Tu sei l'erede, con quella spada devi uccidere.”
Con la punta della spada buttò il bambino nel fango.
“Non dimenticare mai questa umiliazione Gilwash è così che finirai se non ti farai rispettare dal popolo.” Gli disse suo padre, l'ombra di un orgoglioso guerriero.
Detto questo se andò via con il cavallo, andando a posizionarsi davanti ai suoi soldati.
Il ragazzo caduto sul fango fece dei deboli respiri.
“Continuiamo?” Chiese il cavaliere nero puntandogli la spada sulla fronte.
Il ragazzino si alzò cercando di combattere la spada del cavaliere con tutta la sua forza.
“Sei abbastanza bravo per la tua età, però ricordati devi uccidere con quella spada.”
Gli diede un colpo di spada sul fianco lontano dalla lama, buttandolo a terra.
Gilwash sentì il dolore della spada mentre stava disteso sul fango, lo sguardo del cavaliere non ammetteva pietà, se non fosse il figlio del re lo avrebbe sicuramente ucciso.
“Cosa sono i ribelli?” Chiese il ragazzino seduto di fianco al cavaliere, mentre mangiava una coscia grossa di cappone.
“Sono i demoni del Regno.” Gli rispose il cavaliere, poi tornò a divorare il pollo che aveva tra le mani.
“Loro si devono combattere perché sono pericolosi per il regno, e vanno contro la corona.” Disse l'anziano saggio andando Incontro a loro.
Gilwash si intimorì, vedendo l'anziano con la lunga barba bianca, e una lunga tunica nera, avvicinarsi a lui.
Era il diplomato del Regno, colui che aveva tutte le conoscenze e portavoce del popolo.
L'uomo si avvicinò e osservò i capelli i capelli biondi sporchi di fango.
“Questo non va bene per l'erede.” Disse strofinando la testa del ragazzino. “Sei troppo duro con l'erede, così lo manderai al creatore prima ancora dell' incoronazione.”
“È stato il mio signore a chiedermi questo.” Proferì il cavaliere con la testa chinata.
“Non vedo la necessità.” Disse l'anziano guardando il bambino. “Sarà il popolo a morire per lui, convicerò sua altezza.”
“È già partito.” Lo avvertì il cavaliere mentre buttava l'osso di cappone sull'erba. “Nostra altezza è partito per la prossima crociata contro gli infedeli.”
“Il nostro Santo Papa sarà molto fiero di lui.” Sorrise l'anziano saggio alzando gli occhi al cielo.
“Io l'utilità della guerra non la capisco.” Sussurrò Gilwash accarezzando un cane nero che addentava l'osso.
“Giovane signore.” Osò dire l'anziano saggio. “Quella bestia la potrebbe mordere.”
“Ma è così buono.” Sorrise Gilwash accarezzando la testa del cane dagli occhi dagli occhi celesti, che iniziò a leccargli il viso. L'anziano saggio di inorridì, gli occhi gli uscirono dalle orbite.
Il cavaliere rise divertito per la prima volta. “Questo è Cerbero, il mio cane da caccia.” Fece una una risata mentre il cane continuava a leccare la guancia del bambino.
“Cerbero?” Pronunciò ancora più inorridito l'anziano saggio. “La prego giovane signore di allontanarsi da quella bestia indemoniata.”
Il cavaliere si alzò dal tronco andando verso gli alberi del bosco.
“Andiamo Cerbero.” Lo richiamò il cavaliere nero, insieme al cane si allontananò nel bosco scomparendo come un'ombra.
L'anziano saggio fece un sospiro.
“Gilwash se continui con questa vita rischi di ammalarti.”
Il ragazzo annuì, guardando l'anziano.
“E se ti ammali rischi la morte ancora prima di diventare re, kibrish andrà alla rovina.”
Gilwash lo continuò ad ascoltare.
“I tuoi fratelli sono morti, la regina è ammalata e non potrà sfornare altri figli, nostra altezza non ha intenzione di ripudiarla, la tua morte porterà l'eredità del trono ad insulso nobile o peggio alle tue sorelle.”
“Sorelle?” Pronunciò il bambino. “Io non li ho mai conosciute...”
L'anziano saggio rise divertito.
“In questo momento sono chiuse in qualche istituto a studiare come diventare delle brave spose, provvederò io a farli sposare con re dei lontani e cacciarle da Kibrish.”
Gilwash aveva ancora lo sguardo incredulo, teneva gli occhi abbassati guardando i fiori.
“L'erede non deve chinare lo sguardo.” Gli disse facendo segno di alzarlo, Gilwash alzò lo sguardo guardando l'anziano saggio negli occhi.
“Sarebbe meglio che vada a farti una bagno.” Disse vedendo ancora il bambino sporco di fango.
“È questo l'erede che destinato al trono?” Mormorò una serva mentre lo lavava.
“Non assomiglia per niente al nostro re.” Gli prese il braccio esile e glielo strofinò forte fino a fargli male.
Gilwash strinse i denti.
“Da una regina di costituzione debole cosa ti aspettavi che venisse fuori?” Mormorò un'altra donna mentre gli strofinava i capelli dorati. “Un uomo forte come suo padre?”
La serva strinse i denti piena di rabbia. “Il re non ha ancora ripudiato quella stupida mentecatta.”
“Ehi, guarda che vi sento.” Le avvertì Gilwash con tono freddo, la serva notò il suo sguardo omicida.
Intimorita lasciò andare il braccio dolorante dell'erede.
Gilwash se lo massaggiò, strinse i denti per non urlare dal dolore, il suo avambraccio aveva i segni rossi delle unghie delle serve.
“Questa impudenza vi porterà alla morte.” Pronunciò il ragazzo piano, sottovoce ma in modo di farsi udire dalle serve, queste gli chiesero perdono, il bambino le ignorò, asciugandosi da solo.
“Devi seguire le lezioni per diventare un buon sovrano.” Gli ricordò l'anziano saggio seguendolo mentre camminava sul corridoio.
“Non ora.” Sussurrò il ragazzo guardando verso una porta blindata blu scuro.
“In quella stanza non può entrare.” L'anziano saggio lo prese da una mano. “Tuo padre te lo ha proibito.”
Il principe fece uno sguardo intimorito.
“Chi è quello?” Chiese il bambino tremante indicando verso l'ala destra del corridoio.
“Quello chi?” L'anziano saggio si girò, il bambino gli fece una linguaccia.
“Me l'ha fatta di nuovo!” Gridò l'anziano saggio, mentre Gilwash rideva chiudendo la porta a chiave.
“È proibito.” Le dissero delle donne mentre la piccola peste correva verso l' altra stanza, il ragazzino inciampò cadendo con il ginocchio a terra.
“Guarda che se tuo padre lo scopre andrà su tutte le furie.” Lo avvertì una nobildonna mentre lui cercava di rialzarsi non facendo caso al ginocchio che gli faceva male.
La nobildonna vestita di blu, lo guardò mettendosi una mano sulla fronte. “Non oso immaginare quale punizione potrà darti questa volta.”
Gilwash sorrise. “Lo so.”
Entrò in una stanza vedendo una donna dai lunghi capelli dorati con indosso una veste bianca di seta, era distesa sul letto con lo sguardo rivolto alla finestra.
“Mamma!” Sorrise il bambino accarezzando le sue mani.
“Chi sei tu?” La donna aveva uno sguardo spento, i suoi occhi verdi acqua erano girati dall'altra parte.
“Sono tuo figlio.” Rispose il bambino continuando a stringerle mani. “Gilwash...”
Il bambino si fece forza per trattenere le lacrime.
“Hai le mani fredde.” I palmi e le dita erano congelati.
Il ragazzino li strofinò con le sue cercando di farli riscaldare con il fiato.
“È perché qui fa freddo.” Rispose la donna guardando verso le finestra dove entrava una piccola luce.
“Usciamo in giardino.” Le strinse le mani cercando con tutte le sue forze dir farla alzare. “fuori c'è il sole.”
La regina rise per la prima volta, guardando gli occhi grigi del bambino. “Sono lo stesso colore di tuo padre...”
“Che cosa?” Chiese il ragazzino, mentre la donna voltava il viso dall'altra parte.
“Ora voglio dormire.” Pronunciò la donna chiudendo gli occhi.
“Mamma?” Gilwash gli accarezzò la guancia pallida, guardando le ciglia folte quasi dorate.
“Sei un mostro come lui?” Gli domandò con un sussurro.
“Aspetta!” Gridò il ragazzo con le lacrime agli occhi, mentre dei soldati lo presero dal fianco, portandolo lontano dalla stanza della madre.
“Quando sua altezza tornerà dalle Terre D'Oriente le sarà riferito ogni cosa della condotta inaudita.” Lo rimproverò l'anziano saggio.
“Io voglio vedere mia madre.” Gli rispose il ragazzino asciugandosi le lacrime. “Perché non posso?”
“Parlare con le donne è una perdita di tempo.” Gli riferì l'anziano saggio. “Le donne servono solo per fare figli, finito il loro ruolo possono anche morire.”
“Noooo !” Gridò Gilwash correndo verso il corridoio, cercò di aprire la maniglia della porta chiusa a chiave facendosi male alla mani.
“Basta.” Gli intimò l'anziano saggio vedendo i palmi arrossate. “Come speri di aprirla? Questa porta è blindata.”
Il ragazzino cadde a terra, il sangue che gli usciva dal ginocchio sporcò il pavimento.
“Ti avevo avvisato che ti saresti fatto male.” Lo portò in una stanza mentre dei medici gli medicavano il ginocchio, e il palmo della mano arrossato.
Uno di loro lo toccò involontariamente sul braccio, facendolo gridare all'improvviso.
Con il permesso dell'anziano saggio gli tolsero la camicia.
“E questi graffi chi te li ha fatti?” Chiese un medico guardando i segni delle unghie.
La parola “mentecatta” gli risuonò nella mente, non provava nessuna pietà per chi aveva insultato sua madre.
Il ragazzo chiuse gli occhi, il suo sguardo divenne freddo.
“Le serve che si sono occupate del mio bagno.”
I dottori rimasero a bocca aperta.
“Ci sarà la pena di morte per loro.” Lo avvisò l'anziano saggio. “Per loro preferisci l'impiccagione o la loro testa?”
Gilwash continuò a tenere gli occhi chiusi.
“Non fa alcuna differenza.” Disse con un sussurro.
Non provava nessuna pietà per le donne che avevano insultato sua madre, ma allo stesso tempo non riusciva ad aprire gli occhi.
Il ragazzino scappò nella biblioteca prendendo un grosso libro con le pagine dorate.
“Cosa stai leggendo?” Le domandò una bambina con le trecce bionde e gli occhi azzurri avvicinandosi a lui.
“Il cavaliere alla ricerca del sole.” Sussurrò il bambino, mentre le luci della candele d'oro illuminavano la stanza.
“Di cosa parla?” Chiese la bambina sedendosi vicino a lui.
“Parla di un mondo governato dalla notte e”
La bambina con un sorriso gli baciò la guancia.
“E questo cos'era?” Chiese il ragazzino stupito, toccandosi la guancia.
“Un bacio.” La bambina fece una risata melodiosa.
Gli alzò un ciuffo biondo e gli accarezzò la fronte. “Sei così bello.”
Gilwash arrossì, rivolgendo lo sguardo al libro. “Le serve non la pensano così.”
La bambina fece un risolino. “La loro vista non deve essere così buona.”
Gilwash rise mettendo il libro sotto la maglietta.

“Oggi non ti muovi per niente bene.” Osservò il cavaliere la mattina dopo dando un colpo di spada dopo l'altro.
Gilwash sorrise mentre sentiva il libro nascosto tra i suoi pantaloni e la camicia, la pancia gli faceva male.
Il ragazzino cadde sul fango per l'ennesima volta.
Il giovane cavaliere si avvicinò a lui prendendolo per mano. “Cosa ti è successo?”
Il ragazzo si alzò dolorante, la carta del libro gli stava graffiando il fianco.
“Continui ad essere silenzioso.” Gli fece notare il cavaliere nero mentre divideva la sua razione di pollo con il suo cane.

“Aster...” Pronunciò Gilwash timidamente. “Per oggi possiamo finire prima?”
“No, non possiamo dimezzare il vostro allenamento, il mio signore ti vuole il più potente tra i principi.”
Gilwash abbassò il capo guardando la sua coscia grossa d'anatra. “Ti do questa in cambio?”
“E tu cosa mangi che sei così esile?”
“Allora facciamo a metà?” Il ragazzino sorrise dividendo la coscia metà e la porse al ragazzo.
Prima che il cavaliere potesse dire qualcosa, il cane se la mangiò di gusto muovendo la coda.
“Bravo Cerbero.” Sorrise Gilwash accarezzando il cane da caccia.
“Vuoi favorire anche tu?” Chiese porgendo l'altra metà dell'anatra.
Il cavaliere lo guardò con un'espressione severa.
“Finiscila subito, davanti a me.”
Gilwash spaventato la finì velocemente.
“Senti non sono che intenzioni hai.” Disse il cavaliere mentre Gilwash raccoglieva le fragole del bosco. “Ma non venire a piangere da me quando ti caccerai nei guai con tuo padre.”
Gilwash lo guardò con gli occhi dolci.
“E non pensare di intenerirmi con questo sguardo da cucciolo.”
Gilwash rise mentre lavava le fragole nel fiume, e mettendole in un sacchetto.
“Ora viene la parte più difficile.” Pensò il ragazzo mentre i soldati che facevano la guardia al castello parlavano tra di loro.
Il ragazzino si arrampicò sul muro mentre i soldati facevano il cambio della guardia, entrò con difficoltà cadendo sul pavimento.
Il boato svegliò la regina.
“Che ci fai tu qui?” Chiese la madre vedendo il bambino con la faccia sul pavimento.
Il ragazzino si alzò massaggiandosi la fronte.
“Dove sono le tue dame di compagnia?”
“Le ho mandate via.” Rispose la donna mentre le sue mani tremavano. “Voglio restare da sola.”
“E voglio che pure tu te ne vai via.” Gli comunicò cortesemente, mentre il ragazzino le toccò la fronte.
“La febbre ti si è alzata.” Il tocco sulla fronte dava sollievo.
Il ragazzo prese una brocca d'acqua mettendola in un bicchiere.
“Da oggi sarò io a prendermi cura di te.”
La regina strinse le mani sulle coperte, stava per piangere. “Non mi hai sentito! Io voglio restare sola, voglio che tu te ne vada.”
Il ragazzino le appoggiò un panno umido sulla fronte.
“Io sono l'erede al trono, non mi faccio comandare.”
La donna tossì, bevendo un sorso d'acqua.
“Ti prego vattene.” Si coprì il viso tra le lenzuola, iniziando a piangere a dirotto.
Gilwash gli accarezzò la mano, sulle sue ginocchia gli posò un sacchetto con un profumo di fragole.
“Sono fragole del bosco.” Le riferì mentre assaggiò un frutto rosso. “Spero che siano di tuo gradimento.”
La madre continuò a guardarlo in silenzio, Gilwash ne gliene fece assaggiare una.
“È buonissima, non è vero?” Sorrise il bambino.
La donna si avventò sulle fragole come se fosse una bambina che le mangiasse per la prima volta.
“Ti sei sporcata tutta.” Sorrise Gilwash pulendo le labbra della donna con un fazzoletto di seta blu scuro.
La donna si girò verso di lui, Gilwash chiuse gli occhi di colpo.
Quando li aprì sua madre si girò dall'altra parte.
Gilwash tolse il libro dal fianco e iniziò a leggerlo.
“Il cavaliere alla ricerca del sole.”
La donna si girò verso il bambino.
“C'era una volta un regno governato dalla notte, un cavaliere stanco di questa situazione andò alla ricerca della Stella del Sole.”
La donna iniziò ad ascoltarlo presa dalla curiosità.
“Durante il suo viaggio incontrò una tigre, il felino era stanco della notte, dopo una lunga lotta, gli confessò che gli mancava la luce del sole, così si unì al valoroso cavaliere...”
La regina rise. “Le tigri non parlano.”
Gilwash arrossì imbarazzato. “Lo so ma questa è una storia di fantasia.”
La regina rise accarezzando i capelli biondi del bambino. “Vai avanti.”
Gilwash sorrise continuando a leggere. “Il cavaliere iniziò il viaggio insieme alla tigre, la notte non gli faceva paura i suoi occhi si erano abituati a quel cielo governato dalle stelle.”
Gilwash continuò a leggere, finché la donna non si addormentò, il bambino le diede un bacio sulla fronte, e gli accarezzò i capelli dorati.
“Riposa pure mamma, io ti starò vicino finché posso.” Il ragazzo appoggiò la testa al suo petto.
Il mattino dopo gli schiaffi risuonavano nelle stanze.
“Quante volte ti ho detto di non entrare in quella stanza?” Lo sgridò suo padre sbattendolo a terra, Gilwash si toccò la guancia dolorante.
“Certo che te l'ha suonate per bene.” Rise il cavaliere mentre si allenavano con la spada.
Gilwash stava ancora con la guancia gonfia e dolorante, che a volte se la toccava distraendosi dal combattimento.
“Questo ti potrebbe costare la vita.” Aster gli diede un colpo di spada, buttando la sua terra.
Gilwash la raccolse, rispondendo seriamente ai colpi.
“Sai finalmente ho parlato con mia madre.” Sorrise il ragazzino pieno di entusiasmo.
Aster non sapeva se essere felice per lui, oppure preoccupato a morte.
“Gilwash io te lo ripeto, devi fare attenzione.”
La pioggia iniziò a scendere forte, i due si guardavano negli occhi rimanendo in silenzio.
Per ordine del re le finestre portavano alla stanza di suo madre erano blindate, il ragazzino spensierato cercò un passaggio segreto toccando le mura del castello.
“Dovrebbe essere da queste parti.” Sussurrò Gilwash accarezzando la parete di marmo con i lingotti d'oro.
“Dove stai bighellonando?” Lo sorprese Aster, la sua domanda conosceva già la risposta. “Ti sei dimenticato che abbiamo un allenamento?”
Il ragazzino prese la spada dal fodero, e lo seguì facendo il broncio.
“Stai pensando ancora a come entrare nella stanza di tua madre.” Chiese Aster accarezzando il pelo nero di Cerbero.
“Non è giusto che mio padre ha fatto blindare tutte le finestre.” Gilwash si arrampicò sull'albero come se ne niente fosse. “Ci sarà pure qualche passaggio segreto per entrare nella stanza.”
Aster rise vedendo il ragazzino che si arrampicava sui rami. “Cosa sei una scimmia?”
“Come sei venuto a conoscenza dei passaggi segreti?” Chiese vedendolo che si mangiava una mela rossa.
“L'ho letto nei libri della biblioteca e ne troverò uno anche in questo castello.”
Aster rise guardando il ragazzino dall'aria innocente.
“Il mio compito qui è insegnarti a combattere, non dirò nulla a tuo padre dei tuoi passatempi a cercare passaggi segreti.”
Il ragazzino lo ringraziò con un sorriso buttandole una mela.
“Il passaggio dovrebbe essere da queste parti.” Sussurrò Gilwash consultando il libro di architettura del castello.
“Che stai facendo?” Gli domandò all'improvviso l'anziano saggio vedendo il bambino accarezzare la parete. “Ricordati che oggi hai una lezione davvero importante.”
“Me ne ricorderò.” Rispose Gilwash vedendo il saggio allontanarsi lungo il corridoio, all'improvviso il passaggio si aprì facendo scivolare dentro il bambino, la parete si chiuse.
“Esiste davvero.” Sussurrò Gilwash stupito, percorrendo con a gattoni il lungo tunnel senza luce.
Dal tocco delle sue mani poteva capire che era fatto di mattoni, continuò ad avanzare finché non vide piccola una luce che illuminava la fila di mattoni rossi.
Prima di entrare nella stanza Gilwash si coprì gli occhi grigi con delle bende.
“È da tanto che non mi vieni a trovare.” Sua madre guardò il bambino che si avvicinava. “Pensavo che ti fossi dimenticato di me.”
“Non potrei mai dimenticarti di te.” Sussurrò Gilwash avvicinandosi alla donna che aveva un dolce profumo.
“Perché hai gli occhi coperti.” La regina gli accarezzò il viso.
“Mi sono fatto male.” Mentì il ragazzino.
La regina accarezzò il volto del bambino. “Puoi toglierli, non vedo i tuoi occhi.”
“Sono gli stessi occhi di mio padre.” Il bambino aveva la voce strozzata, cercava di trattenere le lacrime.
“No, questi sono i tuoi occhi.” Rispose la donna, togliendo le bende, a Gilwash gli uscirono le lacrime dagli occhi.
La donna con un sorriso guardò verso la finestra. “Guarda Gilwash c'è l'arcobaleno.”
Il bambino lo guardò insieme a lei dalla finestra blindata.
La donna pianse piena di gioia. “È da tanto che non ne vedo uno.”
Il bambino continuava a passare dal tunnel segreto, continuando a leggere nuove storie, finché un giorno.
“L'eroe andò avanti pur di salvare i suoi compagni, fu così iniziò il suo sacrificio”
“Come si chiama l'eroe?” Chiese la donna rivolta di lui.
Gilwash spogliò le pagine del libro senza trovare nulla. “Non trovo, non trovo il suo nome.” Disse preoccupato.
La madre all'improvviso gli prese le mani. “Gilwash.”
“Che c'è?” Chiese il bambino confuso.
“L'eroe si chiama Gilwash.” La donna, con un sorriso dolce, chiuse gli occhi.
“Mamma ti sei addormentata?” Gilwash chiuse gli occhi appoggiando la testa al suo petto.

LA LUSSURIA DEL RE, LA MASCHERA DORATA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora