CAPITOLO XV

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"Il ragazzo non parla più." Gli comunicarono i medici, mentre erano seduti sul suo letto a controllare il bambino.
Il padre scocciato guardava il figlio che stava con la testa chinata.
"Gilwash tua madre è morta da tre giorni, è meglio che ti riprendi." Gli disse una volta che i medici erano usciti dalla stanza.
Il ragazzino rimase in silenzio continuando a guardare il vuoto.
"Smettila!" Lo prese per i ciuffi biondi sollevando la piccola fronte. "Smettila!"
Il padre ebbe una sorte di terrore, vedendo gli occhi grigi del figlio che sembravano senza anima.
"Mi fai irritare!" Gridò il re, con un pugno forte in faccia, il ragazzino fragile cadde sul letto.
"Per quanto tempo vuoi continuare a comportarti come un bambino viziato?" Gli domandò il padre che con la mano gli tirava pugni.
Per tutta risposta il ragazzino sputò sangue dalla bocca macchiando il letto bianco.
"Credi che con il tuo silenzio, Dio porterà tua madre in vita?"
Gli diede un pugno forte che gli fece uscire il sangue sul viso.
"Almeno urla!" Gli ordinò il re esausto colpendolo più forte con la mano sporca di sangue. "Hai perso l'uso della parola?"
Gilwash guardò il padre dritto nei suoi occhi grigi, il sangue sulla fronte gli scendeva sull'occhio toccando la gote.
"Ora basta, sua maestà vi prego." Lo implorò la dama di compagnia con il velo blu che stava al fianco della regina, entrò nella stanza cercando di fermare il pugno del re ma finì per essere colpita sulla fronte cadendo sul pavimento.
"Vostra maestà." L' anziano saggio entrò nella stanza, mentre la povera donna si massaggiava la fronte. "Calmate i vostri animi, cosa ne sarà delle sorti del Regno se mandate il vostro unico figlio al creatore?"
"Non spiccica neanche una parola." Farneticò il sovrano con un risata nervosa mentre dei soldati forzuti gli trattenevano i pugni cercando di allontanarli dall'erede. "Manca di rispetto a suo padre, al suo re!"

"Se credi che provi pena per te perché tua madre è morta ti sbagli di grosso." Aster colpì la spada contro quella del ragazzino osservando il sangue che gli colava il sangue dalla fronte. "Sai quanti bambini hanno perso la madre per colpa della mia spada?"
Il bambino non rispose ma si limitò ad incalzare i colpi con la spada.
"Stai migliorando nella resistenza." Notò Aster stupito, di solito bastavano non più di cinque minuti per scivolare la spada dalle mani.
Il ragazzo continuò a premere la spada contro quella di Aster, l'espressione sugli occhi grigi del bambino, sembrava innaturale, faceva paura.
Quando le mani del principino si stancarono facendo cadere la spada, Aster fece un sospiro di sollievo.
"Hai ancora un' infinità di tecniche da imparare per vincere un duello." Mormorò cercando di non fare notare il suo turbamento. "Ricominciamo Gilwash."
Il ragazzo riprese la spada continuando a combattere.
"Di solito mi infastidivi con le tue domande." Mormorò seccato con la speranza di fargli spiccicare qualche parola. "Ora sembra che Cerbero ti abbia mangiato la lingua."
Diede un occhiata al cane nero che gironzolava muovendo la coda tra gli alberi.
"Neanche oggi, vuoi mangiare?" Chiese durante la pausa pranzo, lasciando delle anguille a cuocere nel fuoco. "Se non vuoi se le mangiamo io e Cerbero."
Gilwash guardò il fuoco con l'espressione vuota, la bestia pelosa lo annusò per vedere se fosse ancora vivo, e gli leccò la guancia, la mano del ragazzo gli accarezzò il morbido pelo nero.
"Gilwash." Sussurrò Aster porse la mano guardando il bambino con l'espressione vuota, che sembrava con la mente sempre più lontano.

Verso sera, la cucina del Castello era piena di prelibatezze, sui tavoli c'erano piatti abbondanti di carni e verdure, frutta e dolcetti.
Una manina che usciva da sotto il tavolo cercava di prendere un dolcetto dorato fatto con il miele.
"Non osare." La rimproverò la serva con tono fermo, mentre tagliava le verdure.
La ragazzina bionda uscì allo scoperto, facendo brillare i suoi occhi azzurri.
"Quante volte ti ho detto che quel cibo è destinato re e al suo erede?" La serva con espressione di rimprovero guardò la piccola francesina con il viso imbrattato di miele.
"Posso portare io la cena a Gilw... cioè al principe?" Chiese la piccola fanciulla all'improvviso cercando di nascondere il suo entusiasmo.
La donna la guardò dall'alto in basso, la bambina aveva giocato tutto il giorno fuori e aveva il grembiule pieno d'erba.
"Sei consapevole che il compito che ti vuoi assumere è troppo importante per una bambina."
Marianne si pulì il grembiule bianco, serrò le labbra, facendo l'espressione più seria possibile.
Era da tanto che non chiaccherava con il suo piccolo amico, e non vedeva l'ora di vederlo.
La serva rimase stupita di vederlo la bambina che veniva da oltremare, sollevare il vestito azzurro insieme al grembiule per far un inchino grazioso come una dama di alta nobiltà.
"La prego madre, sarò all'altezza di questo grande compito."
La serva sospirò e iniziò a prepararle il vassoio.
"Ricorda." La raccomandò la serva mentre metteva le delizie sul vassoio, la bambina si leccava le labbra. "Non cercare di fare amicizia con il principe, venite da due mondi diversi."
La fanciulla prese il vassoio facendo finta di ascoltare, quando arrivò vicino alla camera fece un rincorsa facendo cadere per poco il cibo sul pavimento.
"Ciao Gilwash." La bambina allegra si precipitò vicino al ragazzo sedendosi sul letto. "È da tanto che non ci vediamo, non vieni più a leggere i libri della biblioteca?"
"Io ti aspettavo lì..." Aggiunse a bassa voce mentre nella stanza del principe regnava il silenzio.
Il ragazzino seduto sul letto stava fissare il vuoto.
La fanciulla sforzò un sorriso continuando a parlare. "L'anziano saggio è molto arrabbiato, dice che tu non segui più le lezioni."
"Sta sempre a ripetere..." La bambina provò ad imitare la voce dell' anziano saggio mentre il bambino restava immobile. "Così l'erede non potrà mai apprendere le basi per diventare un buon re."
Il ragazzino non si scompose di un millimetro.
"Gilwash..." La piccola fanciulla aveva la voce intimorita. "Tu non hai pianto per la morte di tua madre, vero?"
Guardò i suoi occhi grigi senza espressione. "Non hai versato neanche una lacrima?"
Alla ragazzina sembrò di parlare il vuoto, quel ragazzo non gli rispondeva era come se non se nella stanza non ci fosse nessuna anima viva a parte lei.
"Smettila di fare così, smettila ti prego!" La fanciulla si buttò su di lui, le lacrime uscivano dagli occhi azzurri bagnando quelli inespressivi del ragazzo. "Non vedi che stai facendo preoccupare tutti per come ti comporti?"
"Tu sei in vita." Sorrise la ragazza tra le lacrime. "Tu sei ancora vivo, Gilwash!"
La fanciulla scese da lui e scappò nel corridoio del castello, andando a sbattere contro le gambe dell'anziano saggio.
"Ehi, guarda dove vai stupida figlia di una contadina."
"Io sono ancora vivo..." Sussurrò il bambino con le labbra bagnate dalle lacrime.

LA LUSSURIA DEL RE, LA MASCHERA DORATA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora