CAPITOLO XVIII

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"Aster! Aster!" Gridò re Gulliver con voce di angoscia cercava il cavaliere nella grande vastità del castello.
L'anziano saggio sentiva le urla del re, e camminava con un'aria compiaciuta nel corridoio attirato dalla scia color rubino lasciata sul pavimento di marmo lucido del grande castello.
All'improvviso, Claudius si stupì alla vista del bambino addormentato sul lago di sangue, la sua spada fuori dal fodero era insanguinata, il corpo del cavaliere temerario era scomparso senza lasciare traccia.
Claudius tese la mano per toccare l'erede, ma il re lo anticipò con una spinta brusca.
"Gilwash perdonami!" Gridò suo padre, con le mani grandi raccolse il figlio disteso sul pavimento, il ragazzino sentì la voce del padre, e aprì gli occhi grigi per un secondo, poi li rinchiuse.
La mattina dopo quella notte infausta era soleggiata, i pettirossi che fischiettavano nascosti sugli alberi pieni di fiori, annunciavano il cuore pulsante della primavera.
"Il principino non si è ancora svegliato?" Marianne stava seduta sulla radice di un albero, dondolava le gambe snelle, con le piccole mani stava componeva una ghirlanda di fiori, dei petali colorati cadevano sul vestitino azzurro da cameriera.
"No." Rispose secca la serva che faceva le veci della piccola orfana, con sguardo di disapprovazione osservava la bambina che si metteva la ghirlanda di fiori sui capelli biondi, gli occhi azzurri cielo brillavano dalla gioia mentre era intenta ad osservare gli uccellini colorati che cantavano sugli alberi. "Nessuno può vedere l'erede fino al nuovo ordine del re."
Marianne dentro il suo cuore sentì una segnale d'allarme, come se il re non avesse raccontato tutto, ma nascondesse una verità terribile.
Si prese di coraggio e si arrampicò sulla parete che portava stanza dove dormiva l'erede, sperando che nessun dei soldati la vedesse.
Era una bambina piccola e minuta, l'unico intraccio poteva essere il vestito che per fortuna non le arrivava alle caviglie come le altre serve erano consone a vestirsi.
All'improvviso scivolò dal quel muro roccioso, graffiandosi il ginocchio.
Come per istinto la sua mano prese in tempo una sporgenza prima che la ragazzina potesse cadere.
Marianne si tenne ben stretta, mentre i suoi piedi oscillavano nel vuoto.
In quel momento essere scoperta dai soldati era l'ultimo dei problemi, la bambina era stanca, la sua mano minacciava di lasciarla andare da un momento all'altro, i graffi sul ginocchio iniziarono a farle male.
L'immagine del ragazzino dai capelli dorati le apparve nell'immagine della sua mente.
"Lo devo fare per Gilwash." Sussurrò Marianne, strinse il pugno per darsi forza, se il ragazzo si era arrampicato per vedere sua madre, poteva riuscirsi anche lei.
Re Gulliver aveva le mani in testa, con un'espressione disperata osservava il bambino che dormiva sul letto.
L'anziano saggio entrò nella stanza. "Vostra maestà anche voi siete ferito, fareste bene a riposare."
"Forse sono stato troppo crudele con Gilwash." Sussurrò con una voce tremante, accarezzando con un dito l'orecchio del bambino.
"Vostra maestà." L'anziano aveva un tono di adorazione. "Voi avete fatto ciò che è possibile per renderlo il futuro re, quando l'ho visto seduto in quel trono, l'erede aveva l'ombra di un grande sovrano."
"I medici dicono che fa fatica a respirare..." Sussurrò Gulliver, dal suo viso insanguinato fece cadere una lacrima.
"Che disgrazia per kibrish!" Gridò in modo teatrale l'anziano saggio. "Se il principino morisse l'eredità del Regno cadrebbe nella disputa di sangue dei nobili."
"Mio figlio non morirà!" Gridò alterato il re. "Hai capito Gilwash? Sbrigati a svegliarti."
Appena il re e l'anziano lasciarono la stanza, la bambina entrò dalla finestra, salendo sul letto dell'erede.
"Gilwash..." Sussurrò Marianne accarezzando i capelli dorati del bambino addormentato. "Cosa ti è successo?"
La fanciulla lo abbracciò poggiando la testa sul suo petto e chiuse gli occhi, facendo un dolce sorriso. "Per fortuna il tuo cuore batte ancora."
La fanciulla si addormentò abbracciata a lui, finché sentì una mano accarezzarle i capelli biondi.
"Gilwash..." La bambina aveva gli occhi lucidi.
"Marianne." Il ragazzino la guardava stupito. "Sei ferita."
"Non importa." Marianne sorrise sollevata, mentre il ragazzino si apprestava a prendere delle bende.
"Farà un po' male." La avvertì Gilwash sul punto di mettere una medicina dorata ai graffi del ginocchio. "Ma come ti sei fatta tutti quei graffi, hai litigato con un gatto?"
"Stavo scavalcando il muro che portava alla tua stanza." Dichiarò Marianne allegra alzando i pugni con entusiasmo. "E poi..."
All'improvviso Gilwash le baciò il ginocchio, le sue labbra si erano tinte di sangue.
"Così va meglio?" Sorrise il ragazzino mentre Marianne arrossì di colpo.
"Faccio da sola." Marianne imbarazzata si prese la medicina spalmando l'unguento sul ginocchio.
Gilwash fasciò con cura il ginocchio con cura.
"Ora dovrebbero migliorare, stai attenta la prossima volta..." La voce iniziò a tremare quando Marianne lo abbracciò all'improvviso, Gilwash chiuse gli occhi, sentiva il profumo di fiori che emanava la fanciulla.
La sua mente tornò al sogno che aveva fatto prima che lo svegliasse suo padre, il bambino si era svegliato con la spada in lago di sangue nel castello senza un anima viva, il fondo della sala era illuminata da un piccolo altare che prendeva il posto del trono, la maschera d'oro con i raggi del sole, posizionata al centro stava chiamando il suo nome.
La luce del sogno sembrava si fece più forte finché suo padre non lo svegliò, quando richiuse gli occhi entrando nel mondo dei sogni la maschera d'oro era più vicina.

LA LUSSURIA DEL RE, LA MASCHERA DORATA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora