Tu.

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Per un momento non gliene fregò niente che qualcuno potesse accorgersi del suo interesse verso di lui; per un momento, chiunque fosse in quella stanza oltre a loro due, pareva inesistente.
Per un momento, per un solo momento, lei riuscì a percepire una sorta di bolla in cui nessuno vi avrebbe mai potuto mettere piede.
Era una bolla particolare, fatta di note lasciate in libertà.
Le mani del ragazzo, infatti, scorrevano fluide sul manico di uno strumento acustico a sei corde, disegnando melodie talvolta imprecise, talvolta tanto ammalianti quanto il canto di una sirena.
Dita lunghe, callose, appartenenti a quel musicista che con la chitarra ci era cresciuto, pelle contro legno, come fossero stati da sempre una cosa sola.
Gli avambracci si contraevano, rendendo perfettamente l'idea di quell'accennata fatica che tanto ripagava in soddisfazione.
Ad osservarlo, ad udirlo, ella non riusciva a scalfire lo spesso muro dietro cui egli si riparava, ma poteva assaggiarne la trama fitta, costituita la piccole ruvidità dovute dallo stucco sottostante alla splendida vernice; poteva anche percepire la rilassatezza nel lasciarsi trasportare creando musica davanti ad un ristretto pubblico.
Tutto, in quel momento, sembrava perfetto.
Anche il viso del ragazzo, parzialmente coperto dalla tesa del cappello scuro che indossava, esprimeva qualcosa che a lei non poté sfuggire: quell'uomo e il suo strumento apparivano come la descrizione più limpida, pura e perfetta dell'amore. C'era devozione in quel canto; un canto che riempiva l'aria di un amore senza fine e che forse mai avrebbe potuto collocare il suo inizio nella linea temporale di una vita.
Era semplicemente nato, probabilmente con lo scopo di colorare la quotidianità di un'anima come la sua, accompagnandolo in ogni passo ed in ogni istante.
Le corde vocali emisero dei suoni e lei si ritrovò inerme davanti a cotanto spettacolo. Il ragazzo lì dinnanzi era meravigliosamente trasportato nel suo mondo, e da egli era facile lasciarsi trascinare.
Fu una delle cose più belle che la giovane donna visse dopo un lungo tempo d'attesa.
Quelle note, la voce, il movimento armonioso delle mani, il viso corrucciato e a tratti rilassato del ragazzo celato dietro al suo cappello, fu il film più bello che in quel momento, dopo tanto tempo, finalmente suscitò delle emozioni in un cuore spento ed ormai apparentemente arido.
Lei se ne stava lì con gli occhi incantati, il battito accelerato ed il viso poggiato in palmo di mano, con lo sguardo drittyi ad osservare l'unica vera presenza in quella stanza.
Lui non suonava per lei, non direttamente almeno, ma non sembrava rappresentare un problema... perché avrebbe dovuto esigere così tanta attenzione? Sarebbe stato un desiderio illogico e surreale.
Qualche arpeggio ed il plettro tra le labbra, lo sguardo che si incrocia per una frazione di secondo, l'esplosione e la quiete. Tutte sfacettature contrastanti e necessarie, caratteristiche.
Ciò che in quel momento si stava creando, era pieno di sapore, di storia, di pienezza; lo si poteva assaporare ed era troppo buono per riuscire a distogliere l'attenzione visiva e uditiva.
Lei sarebbe rimasta tutta la notte, e tutto il giorno seguente, e probabilmente anche quello dopo ancora, ad ascoltarlo.
La densità del momento la rese ebbra, facendo sì che tutte le parole morissero in fondo alla gola, lasciando il posto al silenzio esterno ed al tumulto caotico di sensazioni che si stava liberando come un uragano all'interno del proprio petto e della propria mente.
E niente sembrava poter essere più bello.

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