Non sono mai stata "Lei", o non sarei andata via.

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Sono stata la "lei eterna" durata troppo poco.
Quella che promette agli altri e a se stessa che un giorno starà meglio, che si impegnerà, che farà palestra, studierà e lavorerà. Quella che salva la farfalla, quella che uccide le proprie. Quella che alimenta e quella che spegne, ma mai per davvero. Quella che c'entra il succo del discorso, ma che manca il bersaglio. Quella che ci prova, ma che non ce la fa.
Sono stata presa e consumata.
Mentre credevo di parlare alla sostanza, parlavo al muro, e mentre il mondo correva io nuotavo dentro un abisso, ignorante del pericolo di affondare e affogare.
Ho creduto di essere avanti, di aver proseguito, di aver compiuto un cammino maturo in tutte le proprie sfaccettature, ritrovandomi poi a stringere un pugno di mosche e ad avere tanti mostri in più da affrontare.
Sono stata "Lei", sono stata il "Tu", sono stata nei panni di tanti ma troppo poco nei miei. Ho arrampicato, scavato e raschiato laddove non c'era altro che il vuoto, riempito da illusioni e buone promesse; sogni e speranze, vecchie visioni che parevano nuove.
Sono stata l'artefice e la succube, la consenziente e l'obbligata, l'idealista e la razionale, l'innamorata e la disillusa, illusa.
Sono "stata", ma ora vorrei davvero "essere"; ma non quell'essere illusorio e infiocchettato da un'idea astratta della realtà.
Ora voglio essere in ciò che sono, voglio essere in ciò che sarò, e voglio essere in ciò che sono stata. Ho affrontato e ancora continuerò ad affrontare tutto ciò che è stato, che è, che sarà, ma è arrivato il momento di avere quel poco di egoismo autoconservativo da poter stendere le braccia avanti stringendo a me tutte le mie possibilità, voglie e progetti, ambizioni.
Ho troppo da perdere, ho troppo in cui credere per poter perdere, per potermi perdere.

Mi sono resa conto che la "Lei" che credevo di essere, era sostanzialmente il frutto di un'aspettativa invasiva e pretenziosa di qualcosa che volevo essere ma che non ero in grado di raggiungere e, allo stesso tempo, di qualcosa che volevano che fossi senza capire mai davvero quali parti di me mi componessero.
Mi sono resa conto di essere stata una "Lei" apparentemente forte, ma residente dentro una costante traffico da metropoli, rendendo questa "Lei" deludente, a tratti troppo debole.
Ora voglio essere la nuova "Lei", la vera "Lei".
Ecco perché, non essendo mai stata ciò che avrei dovuto o, meglio, voluto, ho gettato l'ascia di quell'apparente guerra mai esistita.
Arriva quel momento, per ognuno, in cui ci si sveglia e si prende cognizione di tutto, dalla più facile alla più difficile delle conseguenze; ed è in quel momento, secondo me, in cui si deve cambiare. È difficile variare il proprio essere quando si è convinti delle proprie fantomatiche posizioni, ma è spontaneo farlo quando, finalmente, si accetta ciò in cui si è completamente immersi. Da lì si fa una cernita tra l'utile e l'inutile. Per se stessi, sempre.
Sono stata, ora voglio essere quello che sono e sarò.
Perché non sono mai stata "Lei", o non sarei andata via.

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