Un altro scacco matto.

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A volte non lo so proprio che cosa voglio o devo dire.
Non so nemmeno cosa sia a spingermi a farlo, le volte in cui lo faccio.
È che c'è sempre quella vocina che, ogni tanto, gode a mandare a puttane tutto. Chè, poi, nemmeno proprio così a puttane, a dire il vero; semplicemente smuove le acque, smuove gli occhi, smuove lo stomaco. E che fai? Fai la cazzata, cedi al voler bene. Poi ti infili sotto le coperte e ti lasci andare a te stessa e con te stessa, ma i conti con quella vocina ce li devi comunque fare. Quando? Quando dovresti dormire, quando ti svegli al mattino... ma più di tutti dovresti dirle di tacere. Sì, tacere. Non può permettersi di parlarti ancora, di rigirare il coltello nella piaga, di rivangare. Non esiste proprio, non ci si può più permettere di cedere, ma solamente di guardare i sogni altrui da lontano, come spettatori, ingoiando i rospi del passato ed augurando di ricevere il meglio dal futuro.
Ne capitano di cose nella vita di ognuno di noi, a volte capitano quelle che potrebbero essere perfette, ma che ti fanno dire l'ennesimo addio. E lì osservi andar via ciò che pensavi che sarebbe rimasto nel tuo cassetto, chiuso lì, ma comunque nel tuo comodino. Invece parte, prende un treno che arriva a millemila all'ora e che fai? Niente.
Dai un abbraccio, dai un bacio, fai una giravolta, poi in su, poi in giù... e tutto cambia.
E tu capisci.
E tu non capisci.
Semplicemente, ancora una volta, tutto cambia.
Quella fiammella senza nome che ogni tanto osa tremare succube di altre cose prive d'identità.
E torna già, in mezzo alle papille gustative, in fondo agli occhi che memorizzano ogni istante, in mezzo a qualche battito accelerato in più, la mancanza.
Non che non ci sia mai stata, solo la si inizia a toccare come materia evidente e non più presupposta.
Una mancanza palese, non astratta.
Un'altra partita a carte.
Un altro scacco matto.

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