Vaneggiare creando ossimori è il mio passatempo preferito.

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Uno dei miei più grandi difetti è avere dentro una contrapposizione tra l'odio per l'amore e l'amore per l'amore. È come un circolo vizioso da cui non posso uscire. Detesto innamorarmi e starci male, convivere con gli strascichi delle cose finite... ma amo osservare l'amore negli occhi altrui, amo ancora fantasticare su qualcosa che non esiste e forse mai esisterà.
C'è una forza inspiegabile al di sotto di questo complesso e semplicissimo sentimento che mi crea una sorta di dipendenza. Non riesco a staccarmi, o mi stacco troppo, tutto dovuto alla paura... che poi, paura di cosa bene non ce l'ho chiaro nemmeno io. Eppure è lì, e mi spaventa sempre, non mi fa sentir mai pronta a fare un passo in più.
Sono rare le situazioni in cui qualche mia convinzione è riuscita ad abbattere quel muro, ma perché ho sentito di volerlo. È stato poi il castello di carte distrutto dal vento della sorpresa che mi ha reso difficile tornarci a vedere lucidamente, nelle situazioni.
Sì perché io sono razionale e di pancia, odio e amo, riesco a confondermi le idee da sola. Forse voglio sapere tutto insieme, o forse non voglio sapere nulla. Sono stata burattino e burattinaio. Ma oggi conto solo i pochi spicci di ciò che resta, raggruppati in una sacchettina di stoffa che stava dentro al cassetto fino a poco fa. Ciò che mi stupisce da matti, è che dentro quella bustina ci sia ancora qualcosa! Insomma, non credevo d'essere così brava a conservare i risparmi, non credevo mi sarebbero durati così a lungo... eppure quei "risparmi", sono ancora lì e ogni tanto non posso fare a meno di attingervi, o per incoscienza o per bisogno. L'incoscienza del bisogno, l'incoscienza degli strascichi; il bisogno di mettermi alla priva, il bisogno di lasciarmi andare.
Parole, testa, cuore, non sono cose che sia mai stata brava a tenere in ordine, e si vede. Quando inizio a non parlarne più, allora c'è qualche meccanismo che torna a prendersi prepotentemente una parte del mio cervello, innescandolo affinché taccia su cose che se venissero alla luce del sole rappresenterebbero per me un fallimento, ponendomi davanti al bivio tra lo scegliere se lasciare andare o lasciarmi andare, se rassegnarmi o puntare i piedi per terra e resistere. Ad ogni modo, qualunque scelta io prenda, a quando pare la puzza di irrisolto aleggia talmente tanto nell'aria da entrarmi nelle radici, tanto da farsi annusare, tanto da comporre parte del mio respiro. A volte sa di casa, di ritorno, a volte stupisce. A volte è quiete e liberazione, a volte è un uragano.
Nessuna carta resta mai al suo posto troppo a lungo, e sono consapevole di quanto ciò possa non sembrare sano.
Ma sono proprio quelle carte che mi hanno portata in gioco, proprio quelle scarpe che mi hanno portata in pista a ballare scatenata... e se quelle carte non fossero state estratte ancora tutte? E se quelle scarpe non fossero poi tanto logore? Magari ancora un ballo lo potrei tentare, o ancora una partita me la potrei giocare.
Ma torna la paura, paura di qualcosa di ermetico che non riesco a riconoscere, e lì son cazzi, eccome!
Ho messo tanti stop da sembrare ormai una strada di città, ho intrapreso tanti sensi unici che ormai 'sto cammino pare un vicolo cieco continuo... ma, forse, e qua lo dico qua lo nego, la mia testa non ha ancora battuto così forte sui mattoni rossi di quel muro altissimo apparentemente invalicabile, ma che le ferite non così profonde -parrebbe- forse sono testimoni che non ci si è ancora provato abbastanza.
Il mottoncino che ogni tanto si sposta, potrebbe esser segno che uno spiraglio si può ancora fare, che un modo per sbirciare al di là lo si possa trovare.
Ma sto solo vaneggiando, come sempre, vomito parole in contrasto fra loro, produco pensieri contorti e confusi, ragiono univocamente sulla base di niente o forse di tutto.
Ma starò impazzendo.
Staro impazzendo come impazziscono tutti quando, almeno una volta nella vita, sono impazziti per qualcuno.
Sto impazzendo come se mi fossi attaccata alla presa elettrica con le mani bagnate, lasciando che quel fulmine mi attraversasse dentro quasi godendone.
Perché tender le labbra alla tua tentazione, talvolta, è solo un modo per assaggiare un mondo parallelo, una scala verso un cielo che promette ancora avere dei lati ignoti, tutti da scoprire.
Il tutto ed il niente.
Un ossimoro vivente.
Chissà, cosa sarà, domani.









(Vi prego di non utilizzare altrove la foto, è mia e ci tengo rimanga tale. Grazie).

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