Sono seduta su uno sgabello alto, dalla seduta piatta e circolare, privo di schienale, con i pioli a due differenti altezze; eppure è più comodo di quanto sembri. Ho davanti una pinta di birra rossa doppio malto, era l'unica diversa perciò, perché non provarla?
Mi guardo intorno accorgendomi di essere circondata da una moltitudine di persone differenti ed uguali. Ho intorno a me persone adulte: degli uomini che, probabilmente, sono padri di famiglia, chi in giacca e cravatta, chi in abbigliamento più comodo. Ci sono anche delle donne, ci sono un sacco di donne: alcune ben vestite, altre con un semplice paio di jeans e un maglioncino caldo, con il volto stanco di fine giornata. Alcune sono molto ben truccate, altre di trucco non ne hanno per niente, ma non per questo le trovo meno belle, anzi.
In fondo a questo bar nemmeno troppo grande, c'è un lungo tavolo con un gruppo di ragazzi più giovani probabilmente miei coetanei. Loro sorridono, si passano il cellulare per ascoltare quello che, forse, potrebbe essere l'ultimo brano pubblicato dalla loro Band preferita. Hanno addosso giacche di pelle e T-shirt di gruppi musicali, jeans scuri e scarpe pesanti, stivali o anfibi. Sinceramente mi ricordano un po' me, prima che diventassi pazza ad uscire la sera per starmene seduta da sola al bancone di un bar ad osservare la gente intorno a me. È che lo trovo affascinante, osservare. Vedo le persone che vivono, mi piace osservarle da spettatrice, distante, imparando dai loro gesti, sorridendo delle tenerezze alle quali assisto, distogliendo lo sguardo quando noto situazioni difficili.
Ma tornando al passo precedente... quei ragazzi mi ricordano me qualche anno fa: avevo anch'io una ristretta compagnia di cari amici, sì, metallari; non è cambiato nulla, con loro sono ancora in contatto e la musica la ascolto sempre, solo che poi ti rendi contro che presentandosi ai colloqui di lavoro con chiodo, anfibi e jeans strappati non si va da nessuna parte, quindi sono cresciuta e ho reso consono il mio abbigliamento ad una vita più matura.
Stasera è una buona serata, a primo sguardo. Ridono tutti. Ridono gli adulti e ridono i giovani. C'è chi è rilassato, ma c'è anche chi ride forse troppo, magari per nascondere qualche lacrima o qualche scheletro dell'anima. C'è chi chiacchiera, chi racconta entusiasta dell'ultimo viaggio che ha fatto, o chi si lamenta del traffico mattutino del centro città. C'è anche chi ci prova con la gente seduta al tavolo accanto, chi per divertimento, chi per voglia di innamorarsi e chi, forse, per compensare ad un matrimonio finito male.
Bevo un altro sorso della mia birra.
Beh, in mezzo a quella gente ci sono anch'io, che sono "in mezzo" ma sostanzialmente "distante". A volte mi chiedo che cosa c'entro io con il resto del mondo.
Stasera ho la testa altrove: vorrei essere ancora ragazzina, sedermi al tavolo, ascoltare musica, far tardi la notte e divertirmi; a volte sono altamente orgogliosa della mia maturità del presente; altre volte muoio dalla curiosità di scoprire che donna sarò tra qualche anno.
Ma, stasera, è più bello osservare la gente intorno a me, non ho voglia di guardare il fondo del mio "bicchiere", preferisco guardare attraverso.
Bevo un altro sorso e la mia birra scende a metà. È di un bel rosso, con riflessi caramello, dinamica ed intensa alla vista, come tutto.
Oltre alle persone in sala noto esserci anche qualcuno seduto al bancone, quelli che preferiscono un po' di tranquillità in più piuttosto che la calca, un po' come ho fatto io.
La mia birra ha perso la schiuma, come io sto perdendo l'immaginazione. Credo di essere seduta qua da un'ora. La musica blues in sottofondo mi espande l'anima, mi trascina.
Faccio caso solo ora ad una presenza seduta accanto a me.
È una presenza maschile, ignota, anonima e particolare al tempo stesso.
Ciò che ha catturato la mia attenzione su di lui è stato il suo tamburellare sul bancone tenendo un ritmo perfetto. Era, forse, un musicista? Guardo le sue mani, affascinata dall'impressionante precisione dei movimenti sulla musica di sottofondo. Sento uno sguardo su di me. Sollevo gli occhi e vedo che mi sta guardando, silenzioso, con una bozza di sorriso appena accennato. Ha le labbra sottili. Poi incrocio i suoi occhi. Ammiro il suo viso. Potrebbe avere giusto pochi anni più di me, ha solamente qualche ruga d'espressione sulla fronte e nel contorno occhi. Occhi azzurri, pieni, luminosi. È affascinante. Mi perdo, poi mi riscuoto. Distolgo lo sguardo, torno a guardarlo. Lui ha lo sguardo al barista.
Non so cosa sia, ma quegli occhi mi hanno parlato, mi hanno comunicato qualcosa, mi hanno colpita. Sono così differenti dai miei, quasi neri. Chi è costui? Mi domando.
Ordina una birra, una pinta di rossa doppio malto.
Decido che devo fermarmi. Sono confusa. Credevo di riuscire a guardare le persone rimanendone fuori, un'esterna osservatrice. Sono confusa, tanto.
Finisco il bicchiere in pochi sorsi, lascio i soldi sul banco ed esco, ma non prima di aver fatto un cenno di saluto al barista.
Mi vorticano i pensieri, impazziti.
Estraggo il tabacco, le cartine e i filtri, faccio su una sigaretta. Prendo l'accendino, pongo la sigaretta tra le labbra e l'accendo. Aspiro ed espiro quel fumo così tossico, ne sono consapevole, e che un po' mi raschia in gola.
Lui è rimasto seduto al bancone, lo posso vedere dalla grande vetrata che costeggia un lato del locale.
Aspiro ed espiro, di nuovo. Respiro profondamente.
Quella birra rossa era più buona di quello che credevo.
Era l'unica diversa perciò, perché non provarla? Già, domani tornerò.
Una birra ed un'incognita presenza al bancone mi hanno convinta.
Sì, domani prenderò un'altra birra rossa.
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●Sonnambulismo Realistico.
PoesieÈ solo una raccolta di pensieri e riflessioni non richieste, magari nemmeno degne di considerazione. Ma esistono e sono le mie. E ho voglia di farvi leggere un po' di me. Mi sono solo detta "Perché no?".