Capitolo 37

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Ormai era venuta notte fonda. Io e To...volevo dire, papá, ci eravamo raccontanti tutta la nostra vita. Non vedevo l'ora di dire a Kim che ero la sua sorellona, e a Lisa che ero sua figlia. Mi ero affezionata a loro, e pensai che presto saremmo stati una famiglia.
Entrai nella mia baracca e Alex si alzó subito.
-Ehy che é successo? Hai le guance bagnate- disse spaventato.
-Tranquillo sto bene- dissi sorridendo.
-Vuoi raccontarmi?- chiese e io annuii.
Uscimmo fuori e salimmo sul tetto di una baracca vicino.
-Alla fine Ronnie era mio padre. Ovvero Tom. Mi ha detto che ha scelto una nuova identitá per non far spaventare Lisa, anche se poi glielo disse poco dopo. Non si sono mai sposati in realtá perché lui sente tutt'ora la mancanza di mamma, e quindi non riesce ancora a fare questo passo. Hanno avuto Kim, la mia sorellina, e sono felici. Hanno combattutto tanto per cercare di scoprire qualcosa sul governo e lui ha sofferto molto. So che dovrei essere arrabbiata perché mi ha abbandonato, ma non ci riesco- dissi guardando la luna piena che ci illuminava.
-Ma Lisa sa di una seconda figlia?- chiese.
-Sí, Ron....c'é papá le aveva detto che aveva avuto una figlia e lei non aveva fatto obbiezioni. É una donna fantastica- gli risposi.
-Capisco....bhe chissá la faccia di Kim- disse ridacchiando.
Io mi unii a lui.
-Spero sia felice. Ha sempre voluto un fratello o una sorella- dissi sorridendo.
-Quanto vorrei rivedere mio padre- sospiró.
-Dan era un brav'uomo....immagino...- dissi cercando di consolarlo.
-Papá era il migliore. Dan Advice lo conoscevano tutti. Era un uomo onesto e gentile, altruista e generoso, e sempre disponibile. Per questo non obbiettó quando chiesero di sostituire mamma- disse afflitto.
-So che ti fa male...ma tua mamma come a reagito?- chiesi sussurrando.
-Non ti preoccupare. Comunque mamma ha pianto per quattro giorni di fila, non ha mangiato niente e non chiudeva quasi mai occhio perché aveva gli incubi. É stata malissimo e io con lei. Sono stato da solo per quattro giorni, rinchiuso nella mia camera a fare disegni su me e papá insieme e il primo giorno a piangere a dirotto. É stato....un momento difficile-
-E come vi siete ripresi?- chiesi curiosa.
-Bhe diciamo che il quinto giorno é arrivato Andrew e la sua famiglia, ci conoscevamo da tantissimo tempo, lui era e tutt'ora é come un fratello per me, e ci hanno consolato e portato anche una torta. Il mio migliore amico mi ha trascinato fuori in giardino e constretto a giocare con lui all'acchiapparella fino a crepare dalle risate. Sua mamma e suo padre, dopo le condoglianze, si sono cimentati in buffi racconti e episodi di noi piccoli- disse sorridendo.
-Avrei voluto anche io qualcuno che mi consolasse. Ora, non so come e perché, sento la mancanza di mamma. Certo c'é Lisa, ma non so perché c'é qualcosa che non ci lega come me e Janien. Mi manca diciamo- sospirai.
Lui allungó un braccio sulla mia spalla e mi strinse a sé, e io sorrisi.
-Grazie- sussurrai.
-Di nulla- disse.
-Ti voglio bene- gli risposi.
-Anch'io Annie, anch'io-

Alex's pov
-Anch'io Annie, anch'io- le risposi.
"E ti amo" aggiunsi nella mia testa. Ma sapevo che tanto Andrew mi avrebbe fatto concorrenza.
Lei era perfetta: lunghi capelli biondi, occhi azzurrissimi, magra, unica. Era, anche se non se ne rendeva conto, gentile, paziente e altruista.
Avevo capito che mi piaceva quando mi urló contro. Lí tiró fuori la rabbia di quindici anni rinchiusa in una stanza, diede sfogo alle sue emozioni. Aveva gli occhi gonfi e rossi, le scendevano grandi lacrime sulle guance e sembrava distrutta. Distrutta da quella vita che non aveva avuto. L'avevano travolta tantissime cose: la fuga, l'essere normale, un appuntamento, le amiche da farsi, gli esclusi, il governo, le crepe, palazzi ottagonali, esperimenti, cloni, Ronnie suo padre, Andrew e i suoi baci....era tutto difficile per lei, lo sapevo bene.
Anche io ero stato un esperimento, lei lo aveva scoperto, e questo mi legava sempre di piú a lei. É per questo motivo se quel giorno che é arrivata nella mia vita non ho chiamato la polizia.
Io sono "scappato" a nove anni, e i miei, ora che erano ricchi, mi avevano promesso di non lasciarmi piú andare, di farmi studiare, di imparare a usare una pistola, anche solo giocattolo, a festeggiare le feste insieme come una vera famiglia.
Raccontare la storia di mio padre mi ha fatto sentire un po' meglio, grazie a lei.
Lei che ora era qui con la sua testa appoggiata sulla mia spalla e gli occhi chiusi, addormentata.

L'amavo troppo e vederla dormire non faceva altro che riportarmi a quei momenti nel laboratorio.

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