Capitolo 1

884 27 6
                                    

Mi svegliai. Non aprii subito gli occhi. Se lo avessi fatto, l'allarme si sarebbe attivato e di sicuro sarebbero venuti a controllare. Con la mano tastai cosa ci fosse di fianco a me: sembravano esserci alcuni pulsanti. Se fossi riuscita a trovare quello per disattivare l'allarme, avrei potuto andare via. Ma poi perché me ne volevo andare? Non sapevo neanche dov'ero... eppure avevo una sfrenata voglia di scappare. Trovai l'interruttore: lo schiacciai. Silenzio. Provai ad aprire gli occhi: silenzio tombale. Ce l'avevo fatta! Mi alzai: ero in una stanza tutta bianca, piena di monitor che mostraavano il corpo di una ragazza, probabilmente il mio. La poltrona su cui ero seduta era bianca e fredda, per via del fatto che era fatta di ferro. Insomma, un luogo inospitale e privo di emozioni.
Staccai velocemente -cercando di fare meno rumore possibile- tutti i cavi che erano attaccati al corpo: avevano lasciato segni rossi sulla pelle, segno che erano lí da tanto tempo. Controllai che non ci fosse nessuno e poi mi alzai in piedi: il pavimento di metallo era freddo sotto i miei piedi; mi fece rabbrividire.
Corsi verso la porticina che c'era in fondo alla stanza ed uscii.

Il paesaggio non era il massimo: case grigie, poco verde, un cielo pallido e nuvoloso. Sempre meglio del luogo in cui mi ero svegliata.
Sentii una sirena suonare e si attivó un autoparlante: -A tutte le unitá: l'esperimento area D numero 75 é fuggito. Perlustrate la residenza e i quartieri circostanti e trovatelo-. Stava parlando di me.
Iniziai a correre. Poco dopo sentii dei passi dietro di me, veloci e pesanti: erano i soldati che mi inseguivano. Corsi piú veloce, svoltai rapidamente l'angolo e senza fermarmi, girai di colpo a sinistra. Mi ritrovai nel cortile di una casa. I soldati mi stavano alle calcagna, cosí scavalcai la cinta che dava sul giardino di un'altra abitazione. Continuai correndo fuori dal cortile, ritrovandomi in una stradina secondaria. Mi voltai indietro e notai che mi inseguivano solo due guardie: probabilmente gli altri mi avevano persa di vista. Girai a destra e mi nascosi dietro un grande scatolone. Uno dei due soldati continuó dritto, l'altro, non accorgendosi del mio mascondiglio, continuó nella direzione in cui credeva fossi andata. Bene, fuori uno. Ma dov'era l'altro? Mi accorsi di essere nel giardino di un'altra casa: pensai che fosse andato dalla altra parte cosí da potermi aggirare. Mi misi a correre nella direzione opposta, ma la guardia mi scoprí, e ricominció ad inseguirmi. Mi mancava il fiato, cosí svoltai l'angolo e mi buttai dentro una casa, dalla finestra. Mi nascosi sotto il tavolino che si trovava vicino al davanzale. Lui guardó dentro e poi riprese la corsa. Uscii dal mio nascondiglio. La casa dove mi trovavo non era grandissima. C'erano delle porte -chissá dove portavano- ed una scala fatta di legno grezzo. Alle pareti erano appesi quadri con disegni strani e l'arredamento della stanza era molto minimalista: un divano e una poltrona posti davanti ad un caminetto, un ampio tavolone al centro della cucina, composta da qualche pensile e dagli elettrodomestici. Tutto in legno e materiali poco preziosi.
-Chi sei?- chiese una voce.
Mi voltai di scatto. Scorsi un ragazzo: era alto, capelli castani, occhi scuri, pelle abbronzata; i suoi lineamenti erano abbastanza severi, ma non troppo, ed il fisico era imponente, ma non esageratamente.
-É cosí difficile rispondere?- replicó lui. La sua voce era calma, ma leggermente impaurita. In effetti ero un estraneo in casa altrui:
-Io sono...- ma non continuai.

Io non sapevo chi ero.

The experimentDove le storie prendono vita. Scoprilo ora