Capitolo 38

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Solo correre era il nostro pensiero. Scappare, fuggire come non avevamo mai fatto.
Forse é meglio che, peró, parto dal principio.

Era ormai arrivato un nuovo giorno, poi una nuova notte, e cosí via.
Lisa e Kim erano state felicissime di avermi in famiglia e anche io. Mi hanno accolto e ho giocato con la mia sorellina un pomeriggio intero. Non vivevo ancora con loro, ma papá me l'aveva proposto piú volte. Ma ora preferivo i miei amici. Alex e io ci siamo aperti di piú, ora ci raccontavamo piú cose.
Con Andrew andava bene, ora stavamo insieme. Perché avevo capito cosa voleva dire amare. E volevo provare questa sensazione.
Alex ci aveva messo al corrente delle informazioni trovate nei computer dei vari archivi: nel palazzo ottagonale c'erano delle formule o comunque liquidi e congegni vari, per poter "radio-comandare" le persone. Il governo aveva intenzione di utilizzarli su tutta la popolazione, ma erano ancora incompleti e un po' inutilizzabili. Allora si utilizzavano gli esperimenti per testarli. I cloni servivano, da quanto avevamo capito, a studiare posti strategici dove mettere i cip, all'interno del corpo umano. Ma non sembrava del tutto convincente, quindi ci serviva ancora una conferma. Quello che non sapevamo bene era cosa avremmo trovato nel palazzo ottagonale di inaspettato. E dove sarebbe sbucato il passaggio.
Intanto avevamo festeggiato il compleanno di Bel e Cristopher, che si scoprí essere gemelli, il ventisette Agosto.
Andava tutto bene. Fino a quando, una sera, sono arrivate delle guardie. Stavano perlustrando tutte le baracche, avevano capito che eravamo qui. Allora siamo usciti subito e ci siamo messi a correre verso la collina. Ormai i lavori d'apertura della crepa erano iniziati, e tutto andava liscio. Avevamo deciso di scappare da lí.

I soldati iniziavano a starci dietro come delle sanguisughe, sparavano, e mi bruciavano i muscoli. Faceva freddo, si stava ormai avvicinando l'autunno ed era solo l'uno Settembre.
La collina sembrava vicina e avanzavamo senza sosta.
Poi sentimmo uno sparo, seguito da un suono strozzato e da un urlo spaventoso.
Ci girammo e George era a terra con una mano sulla parte bassa del petto. La scostó e riveló una gigante macchia rossa.
-Oddio George!- esclamó Cle e subito inizió a piangere.
Alex era impietrito, gli scendevano lacrime, ma non riusciva a muoversi. Cosí tutti gli altri. Cosí anche io. Ero veramente triste.
-George ti prego...-gli dissi avvicinandomi, piangendo e singhiozzando.
-Dobbiamo portarlo subito al riparo- disse Andrew.
Alex non se lo fece ripetere due volte. Lo caricó in spalla e ricominciammo a correre. Ero spaventata, preoccupata, tristissima e soprattutto avevo timore che morisse. Che ci lasciasse. Ormai avevo capito cosa voleva dire provare sensazioni. Avevo capito tutto, tutto quanto, ora ero come loro. Provavo gioia, dolore, felicitá..ecc. Loro erano stati essenziali, e se anche uno solo sarebbe morto, non ce l'avrei mai fatta. Li amavo troppo.
Eravamo in cima alla collina e Critopher si buttó nella crepa.
Noi non vedevamo molto al di lá, solo una grande prateria e delle montagne innevate.
-Via libera presto!- urló.
E, uno dopo l'altro, George compreso, eravamo fuori.
Fuori da quelle mura che sembravano infinite, indistruttibili, impossibili da oltrepassare.
Eravamo poggiati su quella distesa di erba secca, in una notte stellata, con mille dubbi, pensieri e EMOZIONI.
Ero libera, libera dalla prigione che fino a poco tempo fa era fatta da me stessa.

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