Capitolo tredici

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"Ma ti senti quando parli?!"

"Eccoci che ci risiamo! Sei appena uscito dall'ospedale e già ti lamenti!"

"In ospedale stavo decisamente meglio! Ero senza di te!"

"Ma se ti venivo a trovare ogni giorno e stavo accanto a te fino a che non ti addormentavi!"

"Non te lo avevo mica chiesto io!"

"Ingrato! Invece di ringraziare rinfacci pure le cose!"

"Sei stato tu il primo a rinfacciare il mio comportamento!"

"Oh, fammi il favore di tacere!"

Ed eccoli di nuovo che litigavano.

Erano passate due settimane da quando avevano salvato Isabelle e un giorno da quando Harry era uscito dall'ospedale di Londra senza nessun danno permanente, come avevano assicurato i dottori.

Non appena avevano messo piede nella casa di Londra (Louis, alla fine, gli aveva permesso di ritornare a casa loro, più che altro per la salute mentale di Isabelle) i due avevano subito cominciato a litigare a causa di una frase detta da Louis: "Ho una conferenza in Italia per la scuola di teatro. Mi accompagni tu?"

Harry lo guardò, scettico, mentre sistemava alcune cose del salotto. "Ti ricordi che noi due siamo ancora in fase di divorzio, sì?"

"Beh, pensavo che dopo tutto quello successo in queste ultime settimane forse noi avremmo potuto..."

"Avremmo potuto cosa, Louis? Siamo troppo incompatibili: tu sei disordinato e sei presente ventidue ore su ventiquattro ed io... non posso continuare a vivere così." Louis provò ad obbiettare: "Ma tu ami l'Italia. Hai sempre voluto andarci e ora che ne abbiamo la possibili-.." ma Harry non aveva ancora finito. "Il fatto che in queste settimane siamo riusciti a comportarci civilmente non vuol dire che ritorneremo insieme, chiaro?"

Louis non era un tipo che si faceva ferire dalle parole, ma quella volta successe.

Una piccola lacrima gli rigò il volto, finendo direttamente sulla sua t-shirt grigia e macchiandola. "Cristallino." Rispose, tirando su col naso. "Non ti devo più rompere, ricevuto."

Fece per uscire dal salotto quando... "Aspetta." Harry lo raggiunge e afferrandogli il polso lo girò nuovamente verso di lui. "Stai piangendo?"

"No," si asciugò un'ennesima lacrima. "È sudore."

"Che esce dagli occhi."

"Siamo complicati, noi semidei."

Harry sbuffò una risata. "Possiamo parlare?"

"Per sentirmi dire nuovamente dalla persona che amo più della mia vita non mi vuole più avere intorno nonostante io gli stia proponendo una semplice vacanza che, magari, potrebbe anche riuscire ad aggiustare le cose tra noi?" Harry si morse un labbro. "No, grazie tante, preferisco tornare da Polifemo piuttosto."

Harry non gli aveva ancora lasciato il polso, perciò con uno stratto netto se lo portò di sopra ed entrambi caddero sul divano, finendo per ridere come due ragazzini.

"È davvero così importante per te questa conferenza per la scuola di teatro?" Domandò il minore, guardandolo negli occhi.

Annuì. "La mia scuola di teatro nasce principalmente per permettere anche ai bambini più bisognosi un futuro, o semplicemente un passatempo, e vorrei che anche gli altri paesi del mondo aprissero altre catene. Già in America, Germania e Spagna ci stanno lavorando; con la Francia abbiamo ancora qualche problema dopo la partita che hanno perso contro l'Inghilterra l'altro giorno, ma cederanno, penso, e l'Italia è tra tre giorni. E poi... vorrei riuscire a passare un po' di tempo con te, da soli, per parlare. Per dimostrarti che posso ancora cambiare."

Harry cercò di reprimere un sorriso. "Se davvero vuoi che io ti accompagni, lo farò."

"Quindi si va in Italia?" Chiese il maggiore, il volto illuminato.

"Sì, Lou."

E Louis non potè trattenersi, davvero, perché gli saltò al collo e lo abbracciò con tutte le sue forze.

Esattamente in quel momento, Isabelle entrò in casa insieme ad Alex, e gli sussurrò di fare piano perché "Non voglio interrompere questo silenzio che c'è. I miei genitori di stanno finalmente abbracciando dopo giorni, lasciamo tutto così."

***

"Allora, dovremmo arrivare entro le dieci del mattino in Sicilia, dopodiché andremo nell'Hotel che ho prenotato e staremo lì fino al pomeriggio." Spiegò Louis, leggendo ad Harry il programma che aveva stilato, mentre il minore preparava i bagagli. "A tarda sera abbiamo la prima dello spettacolo e l'after party,"

Harry storse il naso. "Non siamo un po' troppo vecchi per gli after party?"

Louis gli scoccò un'occhiataccia. "No, non lo siamo." Harry ridacchiò. "E, dicevo, il giorno dopo, la conferenza inizia alle undici di mattina."

Harry annuì, piegando una camicia bianca e mettendola nella valigia bordeaux che stava preparando. "Direi che è tutto pronto!"

Il figlio di Ade sospirò, sedendosi sul letto.

"Ehi," lo chiamò Harry. "Ti vedo triste."

"Un po' mi dispiace per lei."

Harry roteò gli occhi. "Anche a me, ovvio, ma una vacanza la meritiamo, Louis." Gli sorrise. "E poi, Isabelle starà con Niall, Liam e Zayn. Hanno detto che faranno vivere Amy, James e Isabelle insieme per questa settimana. Cosa potrebbe andare storto?"

Louis avrebbe voluto urlare un TUTTO!, ma ci teneva davvero tanto a fare quella vacanza... da solo con Harry.

"Hai ragione," scattò in piedi, carico di energia positiva. "Andrà tutto per il meglio!"

***

Il fatidico giorno della partenza era arrivato, e in casa Styles c'era un atmosfera tranquillissima... quantomeno per i loro standard.

"Haz!" Un Louis con una cravatta slegata e i capelli scombinati entrò in cucina, dove Harry stava sistemando i bagagli. "Dove hai messo i miei jeans scuri?"

Harry, ancora di spalle, rispose. "Sono nell'armadio, Lou. Controlla meglio. E..." si girò a guardalo, per comunicargli qualcos'altro, ma parve dimenticarlo non appena vide le sue gambe scoperte. "Cazzo."

Un ghigno si fece strada sul volto del maggiore.

Era più adulto, ma non aveva ancora perso il suo fascino da bel tenebroso.

"Cosa dici, Harold?" Louis fece un sorriso furbetto. "Credo di non aver capito bene l'ultima parola..."

"Sei uno stronzo." Harry distolse lo sguardo dalle gambe muscolose del maggiore, preferendo puntarlo sui suoi capelli scombinati e sulla camicia con la cravatta slegata. "Vieni qui che ti aggiusto un po' io."

Louis non se lo fece ripetere due volte: nel giro di un secondo era già davanti al figlio di Apollo, mentre questo gli sistemava i capelli e gli legava la cravatta al collo. "Possibile che tu non abbia ancora imparato come si leghi una cravatta?" Sussurrò il minore, sorridendo leggermente.

Louis si strinse nelle spalle. "È più bello se me la annodi tu."

Harry roteò gli occhi. "Sai che non potrà essere per sempre, sì? Se la vacanza non dovesse avere successo sotto... quel punto di vista noi..."

Il liscio puntò le iridi color ghiaccio in quelle smeraldo di Harry e gli prese le mani. "Prometto che riuscirò a riconquistarti. Fosse l'ultima cosa che faccio." E, detto questo, ritornò nella sua camera sculettando (di proposito, naturalmente).

Our Sun Princess [L.S.] -The Prince Of Darkness 2-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora