阴阳

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Le lancette dell'orologio segnavano le due in punto quando decisi di alzarmi e riporre il libro che stavo leggendo sul comodino accanto al letto.
Mi alzai pigramente e camminai lentamente fino bagno, strisciando i piedi sulla moquette rossa.
Il tempo non era dei migliore, il cielo era nuvoloso e trasmetteva pigrizia infinita, così come la fioca luce che attraversava le nuvole grigie.
Portai una mano sull'occhio destro, stropicciandolo con vigore e sbadigliando sonoramente.
Ero felice di vedermi con Ignazio, ma il tempo mi aveva risucchiato ogni singola energia residua, cosicché mi preparai pigramente, senza prestare troppa attenzione alla giusta curvatura della linea dell'eyeliner o ai miei capelli sempre troppo gonfi.
Infilai alla svelta un paio di skinny jeans leggermente strappati al ginocchio, una semplice t-shirt nera piuttosto lunga e un largo cardigan grigio.
Afferrai di corsa la borsa nera e la chiave elettronica della stanza, e uscii di corsa dalla stanza, richiudendomi rumorosamente la porta alle spalle.
Osservai le mie converse bianche mentre scendevo velocemente i gradini che conducevano all'ampia hall, e mi arrestai non appena mi ritrovai nella gremita sala gremita.
Cercai con lo sguardo la figura di Ignazio, osservai velocemente ogni singolo uomo in sala, ma dei riccioli di Ignazio nemmeno l'ombra.
Mi accomodai su uno dei divanetti rossi accanto al camino, il tessuto era caldo e sapeva di casa.
Il fuoco scoppiettante mi illuminava il volto, il calore che emanava non era percepibile solo sulla pelle, no.
Ti entrava dentro, nelle viscere, si espendava nella cassa toracica e ti riscaldava il cuore.
Sentii una sensazione di benessere e rilassatezza avvolgermi completamente, quando ad un tratto notai Gianluca seduto poco distante.
Sembrava piuttosto preoccupato mentre armeggiava nervoso con il suo cellulare, picchiettando nervosamente le dita sullo shermo illuminato.
-ciao- gli sorrisi, sedendomi accanto a lui.
-ciao- ricambiò il saluto, accompagnandolo con un occhiolino.
-tutto bene? Hai una faccia!- dissi osservandolo mentre giocherellava con il cellulare.
La delicatezza non era parte del mio patrimonio genetico, solo dopo mi resi conto di essere stata poco gentile.
Sollevò leggermente l'angolo della bocca, accennando un timido sorriso.
-No, non proprio- disse.
Incarcai leggermente il sopracciglio distogliendo la sguardo da lui e puntandolo poco lontano, su un anziano uomo cinese seduto al bancone del bar, intento a sorseggiare un tè.
Mi chiesi se fosse il caso di approfondire la questione, ma mi convinsi che se avesse voluto parlarne sarebbe stato lui a continuare.
-È che ci sono dei problemi in famiglia e io sono qui, dall'altra parte del mondo...a volte vorrei essere solo un ragazzo normale- interruppe i miei pensieri, come se ne avesse letto sul mio viso la natura.
-Oh, mi dispiace-
Sul serio? Mi dispiace ?
L'avevo davvero detto?
Non sapevo mai cosa dire in queste situazioni, mi sentivo impotente davanti la sofferenza altrui e la consapevolezza che le parole non potessero risolvere la questione mi manda fuori di testa.
-so che si prova ad essere lontani da casa, a non vivere la quotidianità della famiglia, perfino i litigi iniziano a mancarti!
Solo che...fa parte del gioco.
Ogni cosa nella vita ha i suoi pro e i suoi contro, anche essere un cantante di fama internazionale.
Questo le persone non lo capiscono, vedono il 10%.
Ma dietro una bella performance c'è il sudore di ore, c'è il sostegno della famiglia lontana e lo stress dell'essere sempre e costantemente sotto i riflettori.
Non ci provo nemmeno ad immaginare come possiate sentirvi, so solo che a volte staccare la spina e tornare alle origini fa davvero bene.- dissi piano, quasi in un sussurro.
Era più un pensiero espresso ad alta voce, qualcosa che non avrei mai avuto il coraggio di dire se fossi stata la stessa ragazza che una settimana prima camminava con lo sguardo basso, come a contare i suoi passi.
Osservai un sorriso generoso comparire sulle sue labbra carnose, gli occhi tristi sembrarono illuminarsi di una luce nuova, il pallido velo di tristezza scomparire, per far posto ad una nuova consapevolezza.
Non era solo.
Prima che me ne rendessi conto le sue braccia mi cinsero la vita, avvolgendomi in un caldo abbraccio.
Poggiai il mio mento sulla sua spalla forte e lasciai che la mia mano gli corresse lungo la schiena, per fermarsi sulla sua nuca, infilandola tra i suoi capelli scuri e accarezzandoli leggermente.
Fummo interrotti dall'arrivo di Ignazio, che si posizionò davanti a noi.
-Hem hem- si schiarì la voce, in cerca di attenzione.
Gli sorrisi dolcemente non appena notai l'acceno di gelosia che tradivano i suoi occhi scuri.
-Andiamo?- mi porse gentilmente la mano destra, che afferrai con decisione.
-Allora, dove mi porti?- chiesi sorridente mentre uscivamo dall'albergo.
-Non ne ho la più pallida idea- disse, ed io osservai il suo viso contrarsi per sollevare gli angoli della bocca, i suoi occhi rimpicciolirsi leggermente mentre sfoderava uno dei suoi sorrisi migliori.
La mia altezza mi permetteva di osservalo con discrezione, senza dare troppo nell'occhio, ed io approffittavo di ogni singolo istante per imprimere nella mia mente le sue labbra carnose, i suoi riccioli e la sua leggera barba scura.
Perché, cazzo, mi sarebbero mancate un casino.
Percorremmo lentamente le ampie strade del centro, erano le tre del pomeriggio e il sole cominciava a farsi prepotentemente spazio tra le nuvole.
Grandi nogozi si susseguivano l'un l'altro mentre percorrevamo una delle strade principali del centro, insegne colorate e luci intermittenti illuminavano la grigia giornata.
-Cosa aveva Gianluca?- mi chiese dopo poco.
Gli spiegai velocemente quello che era successo poco prima del suo arrivo, e sembro leggermente preoccupato per il baritono del gruppo.
-Gianluca è molto emotivo- concluse infine.
Continuammo a passeggiare senza una meta precisa per una decina di minuti, le nostre mani si cercavano ma nessuno dei due aveva il coraggio di fare la prima mossa.
Improvvisamente la mano di Ignazio si posò sulla mia spalla, fermandomi di colpo.
Mi voltai verso di lui, incarcando il sopracciglio, interrogativa.
-vieni con me- disse prendendomi per mano e trascinandomi all'interno di un enorme edificio illuminato.
Percorremmo velocemente l'altrio e ci dirigemmo verso gli ascensori.
-Qual è il numero otto?- mi chiese, senza distogliere lo sguardo dai pulsanti.
-Questo- premetti il dito contro il pulsante giusto e attendemmo che le porte si chiudessero.
Non appena l'ascensore cominciò a muoversi lentamente verso l'alto, Ignazio si fiondò sulle mie labbra, cingendomi la vita e tirandomi a sé.
Sobbalzai al tocco violento dei miei fianchi con i suoi, il mio petto contro il suo e le mie braccia dietro al suo collo.
Fu un bacio liberatorio, carico di passione e desiderio.
Non appena sentimmo il suono che indicava l'apertura delle porte allontanai le mie labbra dalle sue, sorridendogli.
-Ecco, è più o meno così che è andata ieri- mi sussurrò all'orecchio.
Le piccole porte in ferro si aprirono, rivelando un grande bar in stile orientale, i cui muri erano delle semplici ed immense vetrate che permettevano di godere di una vista mozzafiato sull'intera città.
Tante lanterne cinesi pendevano dal soffitto, piccole candele al loro interno proiettavano il rosso della stoffa nell'ambiente circostante, ricreando un'atmosfera intima e accogliente.
Ci accomodammo ad un tavalino leggermente isolato rispetto agli altri, accanto ad una grande vetrata.
Lanciai un'occhiata verso la città e ne fui intimorita, non se ne vedeva la fine.
-È bellissimo qui- dissi sospirando, il mio sguardo ancora rapito dalla spettacolare veduta.
-Si, lo sei..cioè lo è- disse Ignazio, arrossendo leggermente.
Ordinai per entrambi e poi ritornai a fissare l'orizzonte.
-davvero non ricordi nulla?- mi chiese.
-qualcosa sì-
-cosa?- chiese curioso.
-ricordo che ballavo con qualcuno...-
-con me- mi interruppe orgoglioso.
- e le mani calde di qualcuno sui miei fianchi-
-sempre io- disse sorridendo.
-e ricordo il mio cuore che batteva forte, le gambe che tremavano, e che ero felice- gli sorrisi.
-io ricordo una ragazza che non avrà mai il coraggio di rischiare per essere felice- disse allusivo, inclinando leggermente il capo di lato e scrutandomi attentamente.
- ah si?- dissi in imbarazzo.
-è la stessa che stamattina era con me, nel mio letto- disse malizioso.
-dove vuoi arrivare? - chiesi seria, poggiando entrambi i gomiti sul tavolino.
Prima che potesse rispondere fummo interrotti dall'arrivo del cameriere con le nostre ordinazioni, e mi sentii leggermente sollevata.
Tuttavia sprofondai nell'imbrazzo non appena lo vidi allontanarsi da noi.
-da nessuna parte, vorrei solo che ogni tanto fossi sincera, non tanto con me, quanto con te stessa- riprese piano.
-riguardo cosa?- chiesi, fingendo la più totale indifferenza.
-riguardo me-
-e su cosa dovrei essere sincera? Non c'è nulla su cui mentire-
-sei proprio testarda- disse leggermente irritato.
-sbaglio?-
-sbagli.- rispose freddo. -sai benissimo che quello che c'è tra me e te è diverso da quello che c'è...che so, tra te e Gianluca o te e Piero- disse, facendo spallucce.
-e cosa c'è tra noi, Ignazio?- mi comportavo come se non sapessi, mentre in realtà non c'era stato un momento durante in cui non avessi pensato a lui, o al nostro rapporto.
-attrazione, sicuramente-
-non basta- dissi, leggermente delusa dalla sua risposta.
-Non è solo fisica, Angela.
Io mi sento attratto da te a trecento sessanta gradi.
Mi sento attratto dal tuo corpo, dal tuo modo di pensare e di parlare, mi sento attratto dal modo in cui scuoti i capelli quando sei in imbarazzo e dalle tua labbra quando sorridi- disse lentamente in un sussurro, come se quelle parole fossero solo per me e nessun altro dovesse ascoltarle, quasi ne fosse geloso.
Ed in quel momento, con i suoi occhi dolci fissi nei miei, tutto ciò che avrei voluto fare era poggiare le mie labbra sulle sue fino a perdere il fiato, infilare le dita tra i suoi ricci scuri e contemplare il suo sorriso per il resto del tempo che ci restava.
Il tempo...doveva essersi fermato mentre osservavo il suo sorriso dolce incorniciato dalla barba nera.
E purtroppo, il tempo che ci restava era un tempo finito, un tempo che potevo contate sulle dita di una mano.
Due settimane, solo quattordici giorni per provare ad accantonarlo in un angolo del mio cuore, o per finire ancora più incasinata di quanto lo fossi già.
-Ignazio, tra due settim- provai a dire, ma mi interruppe bruscamente con un gesto della mano .
-Siamo io e te, ora, sottratti allo scorrere del tempo, e io ti sto chiedendo di essere sincera.
Senza oggi, ieri o domani.
Solo questo istante, per sempre.-
Puntai i miei occhi nei suoi, ispirai forte
l'aria carica di profumi e spezie che aleggiava intorno a noi, prima di trovare il coraggio necessario e parlare.

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