Becky's pov
Il mio nome è Rebecca Smith, ma mi faccio sempre chiamare Becky.
Sono nata in Egitto, ma solo mio padre era di quella zona. Infatti, per motivi di lavoro di entrambi i miei, ci trasferimmo in America, a San Francisco, quando avevo solamente due anni. La mia famiglia è sempre stata molto ricca; prendevo lezioni private, e non avevo nessun amico.
Parlavo solamente con i maggiordomi e la mia babysitter, i miei erano sempre occupati.Passare l'infanzia con una babysitter con qualche leggero problema di alcolismo non fu una delle migliori idee: mi minacciava, mi picchiava, spesso mi lasciava digiuna per i motivi più assurdi e io non potevo dire nulla a nessuno, perché, appunto, mi minacciava, e io avevo tremendamente paura di lei. Solo quando dovetti entrare in prima media fui in grado di poter frequentare una scuola pubblica, e il che mi disorientò in un modo assurdo perché non avevo la più pallida idea di come poter fare amicizia. I miei non hanno mai pensato di assumere uno psicologo infantile per sicurezza, per loro ero perfettamente sana e non passavano abbastanza tempo con me per verificare se fosse davvero così. Tuttavia, spesso mi ritrovavo a pensare di poter uccidere tutti quelli che conoscevo, era un desiderio ardente su cui rimuginavo tantissime volte. In cortile, c'era un'ascia con cui abbattevamo degli alberi, quella era l'arma perfetta.
Talvolta, la rabbia dentro di me ribolliva in continuazione, il nervosismo mi faceva perdere la testa e quando mi trovavo a casa, potevo benissimo accoltellare un cuscino, e mi faceva sentire meglio. Se mi trovavo a scuola, mi bastava andare in bagno e strappare dei fogli, oppure spezzare delle matite, o delle penne. Riguardo alla foresta, era una zona che potevo esplorare i martedì, i sabati e le domeniche, lì conobbi Madison, che al tempo si chiamava Mark; è trans. È una ragazza abbastanza simpatica, ha la mia età, ma è diventata un assassino prima di me.
Comunque, un giorno decisi di porre fine a quella vita. Essere benestante non faceva per me, avevo ancora quella babysitter in casa e odiavo la scuola. In qualsiasi caso, sarei andata a vivere da Mark.
Ero ancora alle medie, il giorno prima di andare a scuola decisi di crearmi una maschera per non farmi riconoscere troppo da chi non mi conosceva di persona, ricordando a quello che si diceva di me in classe: "Impaurita e timida come una coniglietta, non parla mai". Quindi feci una maschera con il muso di un coniglio, bianca, e con la bocca tappata da due pezzi di scotch, che formavano una x.Non posso davvero dimenticare quel giorno così cruento, non lo ricordo con piacere.
Mi ero messa una camicia bianca, nonostante dovessi sporcarmi; una gonna nera, dei collant, un papillon, delle calzine corte con il bordo in pizzo, bianche, e delle scarpe nere con un tacco basso e chiuse, con un cinturino che attraversava le caviglie. Ero abbastanza bassa di mio, sarebbero state abbastanza. Poi uscì, presi l'ascia. La mia babysitter era stravaccata sul divano, guardava la tv, e fu la prima che volessi uccidere. Fu una cosa rapida, niente urla. La decapitai alle sue spalle prima che potesse solo fiatare, e lì il mio battito cardiaco iniziò a dare i numeri, per me era una sensazione bellissima, e mi faceva volere di più.
Quindi uccisi tutti i maggiordomi, il cuoco, qualsiasi persona presente in quella casa, e infine i miei genitori. Piansi solo per loro, ma non mi pentivo di ciò che aveva fatto.La mattina dopo, era la più rischiosa. Dovevo uccidere tutta la mia classe, senza che nessuno lo scoprisse. Era un'azione da compiere all'ultima ora. Quindi uccisi la prof, tornando dal bagno, prima che potesse entrare in classe: i corridoi erano vuoti. Poi entrai in classe, e iniziai ad ucciderli, uno ad uno. Bastava sentire un solo compagno provare ad urlare, e come se posseduta la mia ascia continuava a colpire chiunque.
Quindi, finita l'ora, uscii dalla finestra e scappai in quella foresta, dove mi aspettava Mark.
Inizialmente vivevo da lui, rubava e procurava il cibo, fino a che un giorno rubò abbastanza soldi per farsi un intervento, e diventò Madison. Ero fiera di lei, e finalmente potevo vivere per conto mio, quando trovai una piccola casetta abbandonata un po' più lontano da casa sua.Adesso vivo lì, uccido ancora; Spesso i visitatori che passano per di lì nella foresta. In quanto alle persone che conoscevo prima, sono convinti che sia morta, anche se ormai sto lentamente diventando popolare insieme a tutte le cose che si dicono di questa foresta.
"Il bianconiglio", è così che mi conoscevano al telegiornale, insieme a una foto davvero molto sfocata che mi fa assomigliare davvero ad un coniglio, dato che non mi levo mai la maschera, a parte quando sto in casa, da sola, o con Madison.
E oltre a Madison, conobbi anche un'altra persona: Ethel.
Aveva un anno in più di me, e lavorava per conto del padre in una stazione di benzina incredibilmente vicina alla foresta, e aveva commesso davvero pochi omicidi, di cui nessuno era assolutamente al corrente, al contrario, tutti la trovavano una ragazza carina e deliziosa. Inoltre, viene dal Giappone, perciò io e Madison la aiutiamo spesso con il suo vocabolario e la sua grammatica.E io cercavo di aiutarla più di Madison, passavo molto tempo insieme a lei. Il suo profumo, le sue gesta, la sua voce, lei e il modo in cui mi guardava mi facevano impazzire. Era davvero carina e deliziosa come dicevano.
Riguardo a quelle ragazze conosciute nella foresta, non le ho uccise perché dicevano di conoscere Madison, no. So benissimo chi sono. Natasha è la figlia di un potentissimo generale russo, mentre Susan era figlia di un uomo benestante e in politica che tempo fa conosceva mio padre. Entrambe, le ho viste sempre in televisione. E potrebbero procurarci soldi, ora che ci conoscono e potrebbero diventare nostre amiche.
E poi Natasha è la donna più bella che io abbia mai visto.
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Natasha Ivanov
General Fiction"Natasha era, inevitabilmente, il diavolo. Natasha era, inevitabilmente, la donna più bella che chiunque avesse mai visto." © Tutti diritti riservati. Questo lavoro non può essere usato o adattato in qualsiasi modo senza il mio permesso.