Natasha's pov
Quale mai era il senso del sogno di una bimba che vuole diventare un generale?
Un passo, un altro. Avanti, indietro, girando a destra, poi sinistra. Non mi ritenevo tanto aggraziata, ma quei saloni erano tanto grandi e con dei pavimenti tanto lucidi da poterci scivolare come fosse ghiaccio.
Uno dei miei segreti, è che la danza classica mi è sempre piaciuta. Quando all'orfanotrofio trasmettevano in televisione quelle alte, snelle e bionde donne che parevano cigni dall'eleganza, rimanevo a bocca aperta e contrastava costantemente con il mio desiderio di essere un soldato militare, che alla fine prevalse e vinse sull'altro.
Perciò solo ora, ogni tanto mi ritrovavo a danzare per i saloni, con un po' di musica classica di famosissimi balli classici. Era più una valvola di sfogo, mi aiutava molto ad alleviare il dolore della perdita di Sonya.Il mio senso di sogno da soldato era rendere fiero papa, ed essere impeccabile e rispettata dal mondo intero. Certo, magari non piacerò proprio a tutti, però se dovessi? E se fosse anche quello il mio obbiettivo?
E quando tornerò in America, farò di tutto per essere eletta rappresentante d'istituto; da propaganda, a negoziazione, e cose varie. Ma non imbrogli, non se non strettamente necessari per qualsiasi occasione.
Susan non mi aveva scritto, e nemmeno chiamato.
E neanche io a lei, perché quel saluto con cui siamo lasciate è come fosse ormai un sigillo che rende entrambe troppo orgogliose.
La penso spesso, anche quando danzo. Anche quando ballo con Nicolai tra le braccia, insieme agli altri, la penso prima di andare a dormire, e quando mi alleno.
Quella dolce ragazza dagli occhi che parevano due pozze di acqua limpida in una notte stellata. E che mi facevano sparare stronzate sdolcinate come quest'ultima. E dalle labbra così morbide, dai fianchi così larghi, le mani tanto delicate che potevano esplorare ogni centimetro del mio corpo.
Lei era il mio слабое место.Ed era non troppo presto per pensare al futuro, sapevo già che prima di salire al grado di generale avrei dovuto fare molto più lavoro, e anzi, anche diversi lavori. Essendo adottata era molto più difficile, perché non ero figlia biologica di papa, e nemmeno la primogenita; e sarebbe stato fantastico per me.
E Susan ricordo mi avesse accennato che oltre alla scuola seguiva degli studi per diventare astronauta e astrologa, perlomeno lei se lo può permettere con i soldi del padre. Non che mio padre non sia così ricco da potermi far fare corsi particolari, i quali non avrei comunque avuto bisogno perché i suoi insegnamenti sono più utili di qualsiasi altro allenamento potessi fare, ma comunque il nostro conto in banca non era esattamente come quello della famiglia Johnson, e ciò non ci interessava lo stesso.Lavorerò, mi impegnerò, mi farò un culo gigantesco da potermi sedere sul mondo intero.
E spero che in qualche modo, potrò avere Susan al mio fianco, seppur la sua presenza magari sarebbe risultata una 'distrazione' se i miei piani fossero davvero ferrei e molto grandi.
Lentamente, in questo posto, con il passare delle cene quasi sempre a base principalmente alcolica, più o meno mi stavo lentamente abituando ai postumi, e il mio grado di tolleranza saliva man mano. Ma un vizio che avevo preso da qualche mese ormai, anche da prima di arrivare qui, era quello del fumo. Non necessariamente spesso, e mio padre ne era a conoscenza, però quando capitava non rifiutavo mai una sigaretta...O nel caso degli uomini più anziani, anche un sigaro. E la morte di Sonya non migliorava la situazione.
Susan's pov
"Father!"
Urlavo dalla mia stanza, è sempre una fifty-fifty chance.
O mi stava ignorando, o era uscito di casa.
Ed era ora di pranzo."FATHER!"
Sbatto la porta dietro di me e scendo le scale velocemente, quasi scivolando.
La sua giacca non era nell'attaccapanni; era uscito.
Lo faceva spesso: uscire senza avvisarmi, uscire a ore pasti, uscire tutto il giorno. Ovviamente, io gli ricordavo troppo mommy e invece che usufruire della mia presenza per essere una figura paterna decente, affogava il suo dispiacere in Dio solo sa cosa. Fumo, scommesse, e forse anche alcol. Ma fortunatamente non lo avevo ancora visto ubriaco.Eppure c'erano innumerevoli bottiglie a casa, di vino, amari e liquori di altissima qualità, e gradualmente stavano scomparendo.
Ma lui è troppo distratto per accorgersene.Mi siedo a tavola e fisso il liquido giallastro versare nel bicchiere, le mie mani tremano dalla rabbia. Eppure non odio mio padre, no.
Non riuscivo nemmeno a provare un briciolo di odio per quell'uomo.
Dispiacere? tanto. Disprezzo? un po'. Ma non odio.Affogare la mia rabbia e tristezza nell'alcol era la cosa migliore che potessi fare, it wasn't something new, either.
Qualche mese dopo la morte di mamma, quando ero ancora piccola, le cene con papà erano solo e puro silenzio. A volte interrotto da frasi strettamente necessarie, per il resto, mai un fiato. Anche la TV rimaneva spenta.
Ed una sera, dopo aver mangiato lasciò una bottiglia intera di vino sul tavolo, e uscì di casa."Won't be back until mornin'." Fu tutto ciò che uscì dalle sue labbra prima di chiudere la porta d'ingresso dietro di lui.
E forse dalla curiosità, bevetti tutta la bottiglia. Lentamente, ma lo feci.
Ero brilla il tanto giusto quella sera, e ciò che provai era una gioia talmente immensa provocata da quella bevanda, che uscì in cortile e mi sdraiai a guardare le stelle per tutta la notte, in quella calda serata d'agosto, fino a che non mi addormentai beatamente sul prato incantata dalle comete di San Lorenzo.
E la mattina mio padre mi trovò lì ancora addormentata, e senza nemmeno verificare prima, giunse alla conclusione che fossi morta. Fu la prima volta che lo sentii piangere per me, cullandomi tra le sue braccia tenni gli occhi chiusi ancora per qualche secondo, godendomi per un po' il calore del suo corpo e le lacrime salate che cadevano sulla mia fronte. E quando riaprii gli occhi, sembrava scioccato, quasi volesse nascondere la precedente espressione di dolore."What's wrong father...?"
Mi strinse a sè, la mia faccia sul suo petto robusto per ancora qualche momento, e poi mi lasciò a terra, tornando dentro casa con gli occhi rossi e gonfi.
Papà indossava lo stesso identico profumo di mamma, non ha mai smesso di comprarlo.L'alcol mi ricordava il conforto di un abbraccio di papà.
All'inizio mi fa sentire così felice, colma di gioia, e il postume è solo triste, nauseante.
Ovviamente, continuavo per sentire quel genere di gioia.E ubriaca fissavo il telefono con occhi lucidi, sussurrando il suo nome come se potesse sentirmi.
"Natasha.."
Avevo smesso da tanto tempo di andare dalla psicologa, non mi ci voleva più mandare mio padre e io preferivo altrettanto cavarmela da sola.
La mia felicità non deve dipendere da una persona, questo l'avevo capito molto tempo fa,
ma che c'è di male nel voler essere amata?E lei sapeva farlo così bene.
Quella ragazza dal cuore apparentemente freddo, un'irrefrenabile voglia di potere, testarda, che non sa comunicare i suoi sentimenti propriamente.
Che sa stringermi come se potessi scomparire tra le sue dita da un momento all'altro, che in qualche modo sa sempre il momento esatto in cui ho bisogno delle sue labbra sulle mie, e che ha sfiorato ogni mia cicatrice, smagliatura, osservandomi come fossi una delle meraviglie del mondo.Versai un ennesimo bicchiere, poi non ricordai più niente.
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Natasha Ivanov
Художественная проза"Natasha era, inevitabilmente, il diavolo. Natasha era, inevitabilmente, la donna più bella che chiunque avesse mai visto." © Tutti diritti riservati. Questo lavoro non può essere usato o adattato in qualsiasi modo senza il mio permesso.