6)-La scuola.

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Natasha's pov

Qualche giorno dopo, papà mi portò a scuola con Yëgor, era una scuola in Polonia. Scoprì in seguito che facevano la maggior parte delle cose lì. Avevo già preso delle lezioni all'orfanotrofio, ma la scuola sicuramente sarebbe stata tutt'altra cosa; il cortile era pieno di bambini che aspettavano che la campanella suonasse, me compresa. Portavo uno zaino in spalla, con tutto il materiale necessario. Guardavo ognuno dall'alto in basso, ispezionandolo, non sembravano molto male, ma Marley mi diceva sempre che l'apparenza inganna. Per mia fortuna, o sfortuna, vidi anche Hilda: si faceva sempre distinguere dal resto, ed oggi portava una semplice gonna, non una di quelle vaporose; aveva delle graziose ballerine nere abbinate a delle calzine in pizzo bianco latte, una semplice maglietta ed una camicetta per coprirsi dal freddo. La vidi dirigersi verso un gruppo di bambine, sembravano tutte delle bambole, uguali a quelle delle pubblicità e io mi sentii come il brutto anatroccolo della situazione. Quell'interminabile attesa venne fermata dall'assordante suono della campana, tutti quei bambini si diressero verso l'edificio; e io camminai direttamente verso la classe che mi avevano assegnato: la 4^C. Tutti mi guardavano straniti in classe, decisi di sedermi subito all'ultimo, no, penultimo banco. Mi sentii estremamente spaesata, ma cercai di rimanere sicura di me.

«Ragazzi, avrete notato che in classe abbiamo una nuova compagna. Perché non vieni a presentarti?» Disse la maestra, con voce calma, e nonostante ciò, provai emozioni che non provavo spesso. Ero quasi ansiosa, ma allo stesso tempo emozionata, eccitata. Era questo il prezzo della mia nuova vita.

Mi alzai in piedi, andai verso la maestra, ero davanti all'intera classe.

«Buongiorno. Il mio nome è Natasha Ivanov Vadimovna.» 

Dissi con voce sicura, in modo che lo ricordassero, e intanto vidi un bambino sedersi vicino al mio posto.

«Vengo da Mosca. Mio padre è il generale dell'armata. Spero di imparare molte cose qui.»

Il cuore mi batteva a mille mentre tornai a sedermi al mio posto, vicina a quel bambino che aveva uno sguardo estremamente familiare. Durante la lezione cercai di rimanere il più attenta possibile, nonostante molte parole di quella donna fossero a me nuove, e molto più complicate. Arrivò l'intervallo, penso la mia occasione per farmi nuovi amici. Mi sedetti sulle scalinate vicine alla porta d'ingresso, e iniziai a mangiare i miei crackers, mentre guardavo tutti giocare in modo disordinato, urlando, sporcandosi...quando da grande possiederò tutto questo, i bambini giocheranno, sì, ma come voglio io. Finì i crackers, e pronta ad alzarmi, qualcuno mi spinse, facendomi cadere per terra così forte che mi raschiai le mani e le ginocchia. Prima che potessi alzarmi e prenderli a pugni, li vidi e sentii correre via ridendo, erano in gruppo. Prima che potessi alzarmi e rincorrerli, il bambino che in classe si era seduto affianco al mio posto si diresse verso di me, aiutandomi ad alzarmi, e con modi da gentiluomo, mi baciò delicatamente il dorso della mano. Le sue gesta mi incantarono parecchio, ma i miei pensieri vennero interrotti dalla sua voce.

«Stai bene, Natasha?» aveva un profondo accento tedesco...i suoi capelli erano neri come il carbone ed un po' disordinati, portava degli occhiali, una camicia bianca e una salopette nera. Mi calmai lentamente, per non sfogare la mia rabbia su di lui.

«Sì, grazie...come ti chiami?»

«Jürgen Jäger» E rabbrividì al sentire il suo cognome. 

«Sei figlio del generale tedesco Klaus Jäger? E...fratello di Hilda Jäger...?»

«Ja, ma ti prego, non pensare assolutamente che io sia come lei. Mia sorella è...particolare»

Al suo commento mi misi a ridere, e venne contagiato dalla mia risata.

E finite le ore interminabili di quella scuola, accompagnai Jürgen da suo padre, insieme a Hilda, e notai che c'era un'altra donna insieme a Klaus: sua sorella, la zia di Hilda e Jürgen. Un'altra persona che sapevo di conoscere, ma non ricordavo nemmeno il suo nome.

inizio flashback

Corsi più veloce che potei, continuava a inseguirmi da mezz'ora ormai, ed era difficile correre tra tutta quell'erba e quelle poche macerie che intralciavano spesso il percorso.

Mi urlò di fermarmi in tedesco, ma non lo avrei fatto mica, no. Era quel dannato muro di alberi che riuscì a fermarmi, ed ora ero in trappola. Mi raggiunse subito, me la ritrovai davanti e la guardai come se avessi appena visto un fantasma; prima di poter fiatare, sferrò un pugno dritto sul mio naso. Sentii subito il sangue colare come una cascata, mentre lei corse via ad avvisare le suore, e io rimasi lì, a piangere, aspettando che per l'ennesima volta, venissero a recuperarmi un'altra volta.

fine flashback

Comunque, non la guardai neanche. Andai verso mio padre, che appena vide Klaus iniziò a ridere di gusto. Gli strinsi la giacca facendoli cenno di voler tornare a casa; mi prese in braccio e mi caricò sulle sue spalle. Durante il viaggio, ripensando a quella donna, sentii quasi la sensazione del fastidio del sangue che cola dalle narici.





Natasha IvanovDove le storie prendono vita. Scoprilo ora