Impara le regole

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SPECIFICO che la storia è stata scritta prima della terza stagione, dunque è un caso che la protagonista si chiami Sofia. NON SI TRATTA ASSOLUTAMENTE DELLA NUOVA DIRETTRICE DELLA TERZA STAGIONE.
(Che mi sta pure parecchio antipatica😂)

Ho appena messo piede all'IPM di Napoli, l'odore di mare accompagna per tutto il tempo la mia camminata, questo odore mi ricorda casa, la mia infanzia, le vacanze con i nonni. Respiro appieno e trattengo come se volessi trattenere con me anche tutti i ricordi che mi salgono alla mente, ma la figura di una donna magrolina e spigliata cattura la mia attenzione.
"Tu devi essere Sofia." Mi porge la mano sorridente, contraccambio il sorriso e il gesto di presentazione.
Mi dice di chiamarsi Liz, si occupa del reparto delle ragazze, mi fa strada nel cortile che è popolato da ragazzi. Alcuni sono intenti a giocare a calcio, altri rollano sigarette e hanno l'aria di chi si porta addosso chissà quanti anni, eppure nemmeno ne hanno compiuti ancora 18.
Hanno per lo più i capelli laccati, tenuti in codici, sopracciglia sfreggiate e volti attraversati da solchi di rabbia e delusione, voglia di riscatto e futuro.
Sembrano puzzare di camorra, sembrano appestati con piccole condanne a morte sulle loro teste. Se ne stanno in pose scomposte che sembrano voler dire "facciamo come ci pare, qui comandiamo noi."
Ho accettato una sfida difficile ma l'ho accettata proprio per questo esatto motivo.
Al centro sociale tutti hanno storto il naso, nessuno si è voluto mischiare. Per tutti questi ragazzi sono lo scarto della società, morti che camminano, finiti ancor prima di nascere.
Per me no.
Per me sono una sfida tosta che proverò a vincere, non per me ma per loro. Per provare a dare un minimo di riscatto anche ad uno solo di loro.
Un vociare accompagna tutta la nostra camminata, mentre Liz mi spiega un po' come funzionano le cose all'istituto.
"Mamma mi, ma chi è, 'a Maronn?" (Mamma mia, ma chi è la Madonna?)
"Che bella pacc, te." (Che bel sedere, guarda)
"Bambola, vuoi venire in cella con me?"
Le loro voci si mischiano e fanno grosse, mi vengono dietro, con Liz che tenta di farli allontanare.
"Ragazzi, smettetela." Urla come se servisse a qualcosa. "Scusali, non sanno proprio cosa siano le buone maniere."
"Tranquilla Liz." Scuoto la testa ridendo.
"Uagliù, ma so muort? Pcché vec 'a n'angelo annanz a me." (Ragazzi ma sono morto? Perché vedo un angelo davanti a me) Scherza uno di loro, ricevendo uno scappellotto da un altro.
"Edoà, e fa semp 'o poeta. E dillo che è 'nu chiavaton." (Edoardo devi fare sempre il poeta, dillo che attira sessualmente) Esordisce un altro, alla sua esclamazione si accompagnano le risate degli altri.
"No, non sono un chiavatone, mi chiamo Sofia, e sono sicura che faremo grandi cose." Sorrido carica di entusiasmo.
"E se si tratta di grandi cose, luatv (toglietevi) a miezz tutti quanti, qua ci sto io." Esclama un altro.
"Niente, non ce la fanno proprio." Liz trattiene una risata e scuote la testa, riprendiamo la nostra camminata e arriviamo fuori l'ufficio della direttrice. Sembra discutere animatamente con qualcuno, così ci arrestiamo sulla porta per un attimo.
"Lo vuole capire che è inutile, questi non faranno mai un corso del genere, creiamo solo casino." La voce di un uomo sentenzia.
"Comandante, lei deve smetterla di considerarli animali da tenere solo chiusi in gabbia, vanno istruiti alle regole, all'arte, alla bellezza della vita." La direttrice controbatte convinta.
"E cosa vuole fare? Metterli a ballare? Questi crescono sparando e lei vuole farli ballare? Dottorè, con tutto il rispetto, questa è 'na grande strunzat."
Entro seguita da Liz, le parole di quell uomo mi infastidiscono non poco.
"Salve." Faccio un cenno con il capo alla direttrice, porgo poi una mano al comandante che mi fissa senza capire. "Tanto piacere, io sono la stronzata." Sorrido sarcastica, intanto sia Liz che la direttrice si portano una mano alla faccia e nascondono delle risate.
"Non volevo offenderla, intendevo solo dire..."
Lo interrompo.
"Intendeva dire che perché hanno sbagliato una volta noi possiamo tranquillamente pensare che questa è la loro strada, perché tanto è quella che hanno scelto, no? No. Molti di questi ragazzi non hanno avuto tempo e modo di vederne altre, nessuno è stato capace di insegnargliele e noi abbiamo il compito di doverlo fare. E non è il ballo in sé, ma se cerchiamo di insegnargli la disciplina senza addolcirgli la pillola, questi la pillola ce la sputano in faccia." Faccio spallucce e sorrido.
"Noto con piacere che Sofia è sulla mia stessa lunghezza d'onda e ha il giusto entusiasmo, per me conta questo." La direttrice sorride e si alza afferrando il bastone che teneva poggiato alla sedia. "Comandante, la accompagni a parlare con ragazzi e ragazze." Fa un cenno con la mano per invitarlo a farmi strada.
Mi cammina davanti con le mani nelle tasche dei suoi pantaloni e il petto in fuori spavaldo di chi sa già di aver ragione. Seguo la sua camminata, altrettanto spavalda anche io. Sono abituata a questo tipo di commenti, sono abituata a chi non crede in questi ragazzi, così come sono abituata anche a perdere.
Probabilmente il mio silenzio deve far più rumore di quanto avrebbero fatto le parole, si gira più volte a guardarmi.
"Io non la volevo offendere." Cala gli occhi e prosegue il cammino, stavolta smette di starmi avanti e mi affianca.
"Non mi sono offesa, dammi del tu." Sorrido rilassata, così lo vedo accennare un sorriso sarcastico.
"Mi pigli per il culo o hai veramente tutta questa gran voglia di cambiare il mondo con il ballo?" Chiede arrestandosi.
"Il mondo sicuramente no, nemmeno Napoli, né tantomeno tutti questi ragazzi. Ma qualcuno sì, magari." Sorrido nuovamente, nei miei occhi verdi deve essersi illuminata la speranza, quella che dicono di vederci ogni volta che parlo di tutto questo. Forse il comandante deve averla notata, perché resta a fissarmi come colpito da un fulmine e i suoi occhi non si scollano un secondo dai miei.
"Ohoh, comandà, e già ve la volete chiavare voi?" (Già volete andarci a letto voi?) Uno di quei ragazzi di prima è sull'uscio della sala dove ci aspetta il resto. Il comandante gli tira uno schiaffo dietro la nuca.
"Ma comm te permiett? (Come ti permetti?) Entra dentro, forza." Gli da uno spintone, mi guarda poi imbarazzato. "Scusalo."
Faccio spallucce, sono abituata a questo tipo di linguaggio, nemmeno ci faccio poi così caso. Entro anche io e mi trovo di fronte a ragazzi e ragazze accompagnati dalle guardie che li gestiscono e Beppe, il professore che ha fatto da tramite per la mia partecipazione qui.
"Sofia, ti fai sempre più bella." Corre a stringermi la mano, Beppe mi conosce da sempre.
"E tu sempre più gentile." Sorrido, mi volto poi a guardare tutti i ragazzi che mi stanno di fronte. Mi osservano, parlottano, fanno battute.
"Allora, andiamo al sodo." Comincio a parlare e so di dover andare dritta al punto o perdo la loro attenzione. "Ve piac ballà?" Chiedo sorridente.
"Ua lo dici pure? Io song 'o re delle serate."
"Ecco, come ti chiami?" Chiedo avvicinandomi.
"Edoardo." Si imposta quando lo dice.
"Ecco Edoà, lo spirito è lo stesso, però io vi darò gli strumenti giusti per poter ballare e farlo bene."
"Nun agg capit, ci vuoi mettere a fare i ricchioni che ballano?" Un altro ragazzo risponde con viso corrucciato.
"Tu com'è che ti chiami?"
"Pino." Risponde continuando a mantenere l'aria da duro.
"Pino." Ripeto sorridente. "O sai quante conquiste si fanno i ballerini? Nun hai idea." Spiego mentre lo faccio cammino, agito le mani, vedo già la nostra prima lezione. Glielo racconto come se lo vivessi già.
"Sì, io so contenta assai." Una delle ragazze risponde, sembra avere il mio stesso entusiasmo.
"Sì? Mi fa piacere e sapete perché? Perché per alcuni di voi saranno solo passi, per altri una cosa noiosa, da ricchioni. Ma nel ballo ci stanno le regole, quelle che dovete apprendere per vivere dignitosamente, nel modo in cui meritate di vivere. Vi abituerete alle regole, ai tempi, al rispettare gli altri. E lo farete divertendovi." Quasi glielo urlo e vedo molti volti accendersi di voglia, le ragazze fremono, qualche ragazzo sembra interessato, mi restituiscono un applauso, così mi volto verso il comandante e gli regalo un veloce occhiolino. Abbassa il viso e scuote la testa rassegnato, si abituerà ben presto alla mia testa dura.
"Vabbuo ja, se non altro è bon, (bella) almeno guardiamo lei." Urla uno dei ragazzi coinvolgendo tutti gli altri.
Il baccano viene sciolto dalle guardie che riportano i ragazzi alle loro celle.
"Ha visto?" Chiedo al comandante in maniera soddisfatta.
"Con questi qua tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare." Quasi sembra sfidarmi.
"Lei è un uomo di poca fede." Sorrido e faccio per andare.
"Dammi del tu, mi fai sentire vecchio sennò." Sorride.

𝐌𝐚𝐫𝐞 𝐟𝐮𝐨𝐫𝐢 𝐞 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐧𝐭𝐫𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora