Amare verità

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Arrivo in anticipo a lavoro il giorno successivo, sono caduta dal letto stamattina ma avevo in circolo un bel po' di adrenalina.

I ragazzi passeggiano liberi per il cortile, li saluto alzando una mano.

"Ah, oggi sei più bella." Naditza si posiziona di fianco a me.

"Nad, è vera per caso la storia che voi zingari avete poteri?" Le chiedo e la vedo ridere.

"Ma che dic Sofì, quali poteri, magari. È che io osservo le persone." Ammicca maliziosa.

"E vai ad osservare qualcun altro, forz." Le do una pacca sulla spalla ridendo, così mi dedica un occhiolino e raggiunge le altre.

Arrivo nell'area caffè, stamattina ne ho proprio bisogno.

Sto per infilare le mie monete nella macchinetta, quando la mia attenzione viene catturata da un bambino.

"Ciao." Mi avvicino e sorrido. "Hai bisogno di aiuto?"

"Ciao." Smette di giocare al suo gameboy e mi presta attenzione. "Sto aspettando mio padre." Mi spiega.

"Ah." Rispondo confusa, fino a quando Liz piomba nella stanza.

"Piccerì, papà arriva a momenti." Gli spiega sorridente, poi si avvicina a me e alla macchinetta. "È il figlio di Massimo, la madre lo avrà scaricato qua fuori." Volge gli occhi al cielo.

"Massimo ha un figlio?" Chiedo e sembro essere colpita da un fulmine.

"Eh, sta la." Liz sorseggia il caffè.

"E quindi una moglie." Aggiungo stupidamente e un calore mi prende prepotentemente lo stomaco.

"Sofì tutto bene? Stai un po' fusa stamattina. Come lo faceva il figlio se non teneva la moglie?" Ride e va via.

Tengo una lezione quasi svogliata, non posso credere di esserci stata senza essermi fatta due domande, mi sento una ragazzina stupida ingannata.

Di Massimo nemmeno l'ombra, piomba in sala a lezione ormai finita.

"Ciao." Mi dice con voce sensuale e fa per baciarmi.

Mi scosto in malo modo, così lo vedo cambiare espressione.

"Che hai?" Chiede portandosi le mani ai fianchi.

"Io niente, tu invece una moglie e un figlio." Faccio per andare ma mi viene dietro e mi trattiene.

"Sofia, aspetta." Mi si posiziona davanti e si massaggia la fronte.

"Aspetta un cazzo, Massimo. Io non vado a letto con gli uomini sposati." Sussurro per paura di essere ascoltati. "Alla faccia del non avevi nulla da raccontare, avevi anche più di me, hai scelto consapevole di non farlo. Ed io come una stupida mi sono bevuta la storia del povero comandante banale che non ha niente da dire. Si n'omm 'e merd Massimo." (sei un uomo di merda) Tento di nuovo di andare ma mi afferra un braccio.

"Sofia, con mia moglie è finita." Mi urla contro.

"Sì? E lei lo sa? Presentami una carta di divorzio e ne riparliamo, fino a quel momento scordati di me." Vado via.

"Ma che mi combini, ti fai chiavare senza nemmeno sapere se è sposato?" Ciro mi blocca nel corridoio, mi sta davanti con un ghigno prepotente.

"Fatti i cazzi tuoi." Faccio per andare ma mi trattiene prepotentemente.

"E che si parla così a un nipote, zietta?" Marca l'ultima parola come a sottolineare che ci unisce lo stesso sangue, quello che ho rinnegato pur di vivere dignitosamente. Alza il sopracciglio, quello con in mezzo la cicatrice, sembra così sfidarmi.

"Io non sono tua zia." Stringo i denti, glielo dico in piena faccia.

"Tu puoi pure far finta di no, ma in queste vene tieni lo stesso sangue mio." Mi prende il braccio e me lo stringe.

"Sta lontano da me." Mi ritraggo e cerco di andar via.

"Non è il giusto atteggiamento se non vuoi problemi, 'a zì." Ride e se ne va.

So bene che non è finita qui, si sarà messo di sicuro qualcosa in testa e conoscendolo non se la toglierà facilmente. Ma cerco di ignorare la cosa, chiuso qui dentro lo vedo poco pericoloso.

Torno a casa con la testa piena di pensieri, forse ho sbagliato ad accettare il lavoro all'IPM, forse la mia intera vita è sbagliata e cerco di farci quanto meno caso possibile.

Mi sento piuttosto svuotata, per la prima volta una persona mi piaceva e come succede sempre non posso che accontentarmi di essere stata la seconda.

Io sono seconda in casa mia, dove la scelta di mia sorella di sposare un camorrista ha preso il sopravvento anche sulla mia quiete. Sono seconda nel lavoro perché prima di me viene sempre un direttore che sceglie se vale la pena farmi lavorare o meno. E infine nei rapporti umani.

E Massimo me l'ha urlato ancora una volta in faccia. Sono seconda ad una donna che dorme con lui, con lui mangia, ride, piange e sogna. Con il quale condivide gioie e ostacoli, vittorie e sconfitte.

Questa sera mi sento seconda al mondo e per una volta vorrei sentirmi prima.

𝐌𝐚𝐫𝐞 𝐟𝐮𝐨𝐫𝐢 𝐞 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐧𝐭𝐫𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora