Strane visite

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Siamo in attesa di sapere se potremo far imbarcare Carmine e Nina, di tanto in tanto l'ho incontrata e mi son chiesta come possa esserci così tanta positività in un'unica ragazza.
A Nina non sembra interessare nulla, se non amare il suo Carmine.
Così la paura fa meno paura, tutto sembra più leggero e penso che non ci sia modo più bello di amare.
È così che vorrei amare ed essere amata, ma mi trovo nuovamente in una casa tutta sola.
Immaginavo per me tutt'altra vita, mi piacerebbe alzare il telefono e sentire mia madre che mi domanda come sto, come procede, vorrei sentirle dire che non vede l'ora di vedere suo nipote, invece sono io sola con la mia pancia più tonda e tanti pensieri per la testa.
Mi trascino giù dal letto, il campanello suona all'impazzata, così mi sistemo la vestaglia di raso nero e corro ad aprire.
Butto una veloce occhiata all'orologio, segna le 8.30, chi potrà mai essere così presto?
Mi trovo Lino fuori la porta, un pacchetto tra le mani. Mi strofino gli occhi e mi viene in mente Massimo e il pacchetto di sfogliatelle.
"Lino, va tutto bene?" Chiedo con la faccia stropicciata dal sonno.
"Ti ho portato i cornetti." Mi sorride amichevole.
Resto stupita, non mi sarei mai aspettata di trovarmelo fuori la porta di primo mattino.
"Entra, scusami." Mi scosto imbarazzata. "Ti faccio un caffè." Afferro la macchinetta.
"Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere." Spiega sedendosi.
Annuisco non trovando molte parole, intanto accendo il gas.
"Come stai?" Chiede cercando il mio sguardo.
"Sto bene." Mento.
"Mi dispiace per come è andata tra te e Massimo." Afferma massaggiandosi la fronte.
"Non importa, Lino." Dico e intanto la macchinetta emette un rumore strozzato, mi sento esattamente così in questo momento, come se qualcuno mi stesse puntando le dita alla gola pur di non farmi emettere alcun suono, mentre io vorrei urlare.
Verso il caffè nella sua tazzina. "Farà comunque il padre e a me è questo che basta." Sforzo un sorriso.
"Certo, hai ragione, questa creatura ha la priorità assoluta." Inarca le spalle. "È che non meritavi questo, è tornato con la moglie, mi pare di aver capito." Sembra quasi parlare in maniera spicciola, così scuoto la testa, non ho voglia di sentire questa sensazione di acqua alla gola.
"Lino." Fiato appena. "Non mi interessa sapere nulla, scusami."
"No, certo, scusami tu. Non volevo intristirti." Mi accarezza una guancia e si fa vicino, così cerco di scostarmi, non mi piace il suo atteggiamento.
"Tutto bene a lavoro?" Cambia discorso.
"Certo." Annuisco.
"Che casino eh tra Ciro e Carmine, due fazioni rivali, a volte nei colloqui dobbiamo evitare si incontrino." Sembra parlottare giusto per riempire il silenzio.
"Sì, non vedo l'ora che la direttrice ci dia
il lasciapassare per farlo imbarcare." Butto indietro la testa.
"Far imbarcare chi?" Inarca lo sguardo, sembra confuso.
"Come chi? Carmine." Dico tutto d'un fiato e quasi me ne pento, perché mai non è a conoscenza della cosa?
Va via di lì a poco, così penso di prendermi una mattinata per me.
Non faccio in tempo a cambiarmi che sento nuovamente bussare alla porta.
Apro e mia sorella mi piomba in casa, la sua solita aria da superiore, un ghigno di collera le attraverso il viso.
Balzo nel vederla.
"Ma allor nun è capit nient?" (Ma allora non hai capito niente?) Alza un sopracciglio, somiglia così tanto a Ciro. "Stai pazziann co fuoc." (Stai giocando con il fuoco) Prosegue.
"Che dovrei capire?"
"Sofì tu ti sei messa contro mio marito già troppe volte, mo basta, non posso mantenerlo più. Mo pur 'nu figl ce fatt cu chill omm 'e merd?" (Ora hai fatto pure un figlio con quell'uomo di merda?) Mi urla contro. "Embè, spero che ti possa schiattare in pancia." Confida a denti stretti.
"Non ti fai nemmeno un po' schifo?" Chiedo retoricamente e nascondo delle lacrime.
"Dovresti farti schifo tu che sei andata contro la famiglia e continui a farlo." Mi punta il dito, mi viene contro e mi stringe la faccia in una mano. "Se proteggi 'a 'nu Di Salvo si 'na morta che cammina, non ti posso difendere più."
Le scosto la mano dal mio viso. "Io non proteggo nessuna fazione, 'e capit? Carmine non è un Di Salvo, Carmine 'e chesti strunzat nun se ne fott." (Di queste stronzate se ne frega) Urlo.
"Io t'agg avvisat." (Io ti ho avvisata) Mi volta le spalle e va via battendo la porta.
Lascio andare urla e lacrime.
Lacrime di delusione, lacrime di dolore, di rabbia.
Mi piego in due e sento un dolore sotto la pancia, delle fitte come spilli, così corro al bagno e mi trovo sporca del mio stesso sangue.
Le lacrime iniziano a susseguirsi più velocemente e mentre tento di ripulirmi si affacciano alla mente i peggiori pensieri.
Afferro il telefono e chiamo Massimo, gli chiedo di correre subito da me.

𝐌𝐚𝐫𝐞 𝐟𝐮𝐨𝐫𝐢 𝐞 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐧𝐭𝐫𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora