Fa paura la felicità

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Sento una strana sensazione di benessere, quello che per troppo tempo mi è mancato, quasi ne ho paura perché nella mia intera esistenza ogni qualvolta qualcosa sembrava prendere una piega positiva è poi arrivato il caos.

Sto raggiungendo a piedi l'IPM, avevo bisogno di camminare e schiarirmi le idee, avevo bisogno di vedere il mare.

Cammino distratta quando un volto familiare compare poco distante da me, è mia sorella.

Il mio passo si fa più veloce, sento i suoi occhi seguire tutta la mia camminata, sento come se mi divorasse la carne.

Ho scelto di non avere più nulla a che fare con lei e con la sua famiglia, ho scelto di fingere di essere orfana perché anche mia madre ha preferito acclamarla piuttosto che combatterla. Così mi ritrovo una sorella sposata con un camorrista.

Mi volto indietro e vedo che l'ho superata, non posso negare mi abbia fatto un certo effetto vederla ma metterò a tacere i miei sentimenti perché lei ha fatto la sua scelta.

Devo esser parecchio turbata, me lo conferma Massimo non appena mi vede.

Mi viene incontro sorridendomi, mi stampa un bacio sulle labbra e si mette a fissarmi.

"Che è 'sta faccia?" Chiede senza capire.

"Ma no, nulla. Ho camminato troppo veloce per paura di arrivare in ritardo." Sforzo un sorriso e spero se la beva.

"Mh, va bene." Risponde non troppo convinto e mi bacia la fronte. "Allora signorina, stasera pensavo di portarti a mangiare in un posto speciale."

"Davvero?" Il mio viso si illumina. "Dove?" Chiedo come una bambina impaziente.

"Eh no, è una sorpresa." Mi dice a dispetto e mi stampa un altro bacio.

Mi stacco e resto a fissarlo, sto cominciando a stare così bene con lui che ho quasi paura di perderlo. Gli stampo un altro bacio, lo stesso fa lui, così ce ne ricambiamo almeno una decina.

"Buongiorno." Liz tossisce e ride imbarazzata.

Mi porto una mano alla faccia, tra tutti proprio Liz doveva saperlo per prima, ora lo saprà tutto l'IPM in tempo record.

Mi stacco da Massimo e prendo Liz sotto braccio.

"Andiamo a lavorare, forz." Le dico trascinandomela.

"Tanto io lo sapevo che gli piacevi." Dice soddisfatta e ride.

"Liz." La ammonisco.

"Non ti preoccupare, non lo dico a nessuno, è giusto che lo diciate voi quando volete." Alza le mani in segno di resa.

Così la mattina trascorre tranquilla, ho in testa solo il pensiero della serata da passare con Massimo, che quasi ho scordato l'incontro con mia sorella e la paura.

Ci pensa però Beppe a ricordarmela.

"Quindi state insieme?" Si poggia allo stereo e mi fissa.

"Chi, Beppe?" Chiedo stupidamente.

"E dai, Sofì." Si passa una mano sul viso.

"Fortuna che Liz non lo diceva." Dico tra me e me.

"Quando una cosa la sa Liz è impossibile non si sappia." Fa spallucce, poi prosegue. "Lo sai che devi dirgli la verità?"

"Beppe, perché devo? Io non appartengo a quella famiglia, io una famiglia non ce l'ho, Massimo lo accetterà."

"Sofì, Massimo è in pericolo con te e lo sei tu qua dentro, tuo cognato era suo amico e non sai che darebbe per vendicarsi." Spiega tutto d'un fiato, con l'aria di chi non vorrebbe darle certe notizie ma deve.

"Bé, io penso di essermi innamorata di lui." Confesso e delle lacrime mi passano negli occhi. "Che devo fa?" Mi abbandono nelle sue braccia.

"Eh, ora è tutto più complicato." Mi stringe a sé.

Ho la testa offuscata dai pensieri, forse dovrei allontanare Massimo da me o forse basterebbe solo dirgli la verità, fatto sta che non ho il coraggio né per l'una e né per l'altra cosa.

Ho bisogno d'aria, così esco sul cortile.

"Pss." Qualcuno sussurra nel vedermi.

Mi volto e la cicatrice che squarcia il sopracciglio mi appare prepotente.

"Ciro, che vuoi?" Sospiro rassegnata.

"È vero quello che si dice?" Aspira forte dalla sigaretta.

"E che si dice?" Ripeto il suo stesso tono, quello che lo fa sembrare di marmo, privo di alcuna emozione.

"Che ti fai fottere dal comandante." Ride e aspira socchiudendo un occhio.

Lascio andare un sorriso sarcastico.

"Così si dice tra la tua gente?"

"Embè, è over (vero) o no?" Alza il tono.

"Ma che re (che c'è)? Da quando ti interessa la mia vita sentimentale?" Alzo anche io la voce e lo spintono.

"Da quando sei della nostra famiglia e te si mis (ti sei messa) con il bastardo." Marca ogni parola e la sua mascella si apre in una smorfia di cattiveria. "E iss? Iss o sap con chi si è messo?" (E lui? Lui lo sa con chi si è messo?) Un ghigno gli appare sul viso.

"Ciro, che vuo a me?" Chiedo arresa.

"Niente, io ti lascio stare pure con il bastardo e non gli dico niente, ma tu devi fare qualcosa per me." Asserisce scuotendo la testa.

Sospiro e mi guardo attorno, sto per cedere ad un ricatto ma non voglio perdere Massimo.

"Che devo fa?" Lo fisso a braccia conserte.

"Una cosa facile facile, basta che vai nell'ufficio della direttrice e mi fai sapere con precisione quando Carmine 'o piecoro ha il permesso per uscire, e io te lasc fa Romeo e Giulietta in santa pace."

"Non esiste." Faccio per andare, ma non d'accordo mi tira per un braccio.

"Allora non lo vuoi bene al comandante? Tieni tempo nei prossimi due giorni, non mi dire sì o no adesso. Tieni tutto il tempo per pensare, accussì (così) to può godè un altro poco il comandante, magari poi non te lo godrai più perché saprà a chi appartieni e gli farai schifo." Mi scandisce ogni parola in piena faccia, incredibile come questo ragazzo riesca a sembrare un uomo fatto e vissuto con addosso chissà quanti anni e reati.

"Ciro, che vuò?" Massimo gli urla da lontano e fa per venirci incontro.

"Niente, comandà." Alza le mani arreso. "Gli stavo solo chiedendo un accendino. Chi va tocc (chi ve la tocca), è tutta vostra." Dice sarcasticamente e mi fa un occhiolino. Si porta un'altra sigaretta alla bocca e sparisce dietro alle sbarre dei campetti.

𝐌𝐚𝐫𝐞 𝐟𝐮𝐨𝐫𝐢 𝐞 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐧𝐭𝐫𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora