Non t'ho mai detto che ti amo

661 19 4
                                    

Il tempo passato non ha portato risposte, anzi, solo più domande.
Ho forse davvero paura della famiglia di mia sorella? Forse per questo mi tengo lontana da Massimo?
Ammetto che da quando ho saputo che avrò un bambino ho più paura di mettermi a fare la ribelle, penso costantemente a proteggerlo, anche se ormai il tempo passato ha anche lievitato la mia pancia, così ormai sanno tutti che esiste.
Sappiamo anche noi, ormai, dargli una piccola identità. È un maschietto.
Ancora non ha un nome, Massimo sembra non aprire l'argomento, io non so se è il caso che scelga da sola. Ci avevo immaginati sul divano di casa mia con uno di quei libri che ti propinano nomi sempre uguali, a discutere su quale nome fosse più bello, più indicato.
Che poi chi lo sa quale nome è indicato per un bambino di cui non conosci ancora il viso.
Il mio fantasticare viene interrotto, veniamo chiamati nell'ufficio della direttrice, io e Massimo.
"Buongiorno." Si massaggia le tempie. "Abbiamo avuto l'ok, possiamo far imbarcare Carmine e Nina." Dice tutto d'un fiato, lascia poi andare un respiro, sembra preoccupata.
"Mi raccomando." Continua. "L'operazione deve essere discreta e prestate attenzione." Cammina appoggiata al suo bastone.
"Direttrì dovete stare tranquilla, Carmine domani esce in permesso, non desterà alcun sospetto." Massimo la tranquillizza.
"Lei è proprio sicura di voler affrontare Ciro?" Mi poggia una mano alla pancia e sorride malinconica.
Annuisco poco convinta con delle lacrime che mi passano negli occhi.
"Dobbiamo salvare questi ragazzi." Dico in un filo di voce.
Ce la lasciamo alle spalle con tutte le istruzioni, Carmine e Nina partiranno domani mattina, nel pomeriggio io cercherò di far parlare Ciro e se tutto va bene potremo anche farlo condannare ad una pena maggiore nel carcere di Poggioreale.
Ma tutto andrà bene, lo so, lo sento.
Cammino veloce nel corridoio, la voce di Massimo mi raggiunge poco dopo.
"Come si chiama?"
"Come si chiama chi?" Chiedo senza capire.
Porta le mani ai fianchi e si mette a fissarmi.
"Mio figlio."
Gli dedico una risata sarcastica. "Non lo so ancora." Scuoto le spalle, faccio per andare.
"Magari dovremmo scegliere insieme." Si avvicina respirandomi le parole in faccia.
"Se hai qualche idea fammi sapere." Cerco di divincolarmi e andare via, ma mi ferma per un braccio.
"No." Urla. "Voglio scegliere con te, sdraiati a letto, con chili di gelato attorno che mi fai andare a comprare perché ne hai voglia. Voglio litigare con te perché i nomi che scegli sono troppo sofisticati e io lo chiamerei Diego come Maradona. Voglio sentirti vomitare la mattina perché ti tira i calci. 'O capisc, Sofì?" Urla le ultime parole, poi respira e ritorna calmo. "Lo capisci che vorrei tutto questo?"
Cerco di trattenere delle lacrime, abbasso il viso e accarezzo la pancia. Lascio andare una risata mista al pianto.
"Diego non mi fa più vomitare come prima." Confido e sorrido, così vedo anche le sue labbra aprirsi in un sorriso, le poggia sulle mie, prima lentamente poi sempre con più foga fino a quando sentiamo tossire e ci stacchiamo.
La figura di Consuelo appare davanti, volto le spalle e cerco di andarmene.
"Aspè." Massimo tenta di fermarmi.
"E lasc'm." Gli urlo contro e me ne vado.

Mi scontro con Lino più avanti nel corridoio, gli cadono dei documenti che sfogliava.
"Oddio Li, scusami." Sto per abbassarmi a prenderli ma mi blocca.
"No, ferma. Li prendo io." Li raccoglie e ritorna a guardarmi. "Stai bene?"
Annuisco, scuoto la testa, poi lascio andare delle lacrime.
"No Lino, non sto bene." Sospiro. "Aspetto solo di far imbarcare i ragazzi e incastrare Ciro e vado via, no ne posso più di stare qui sempre a stretto contatto con Massimo" confido piangendo, lo vedo inarcare le sopracciglia e mettersi a braccia conserte.
"E quando pensi che riuscirai ad andartene?" Chiede.
"Domani si imbarcano finalmente, nel pomeriggio tento già di parlare con Ciro." Spiego e mi passo una mano sul viso.
Fissa il vuoto, poi di nuovo me.
"Hai ragione, ti farà bene stare lontana da lui, da qui." Mi incoraggia. "'O vuo 'nu cafè?" Chiede sbrigativo. "Ah no, caffè non puoi. Un succo di frutta?" Sorride.
"Vada per il succo di frutta." Ricambio il sorriso asciugandomi le lacrime.
"Sofia." La voce di Massimo urla, guarda prima me, poi Lino, ritorna poi a guardare me.
"Vabbuò ja, tenete da fare, ce lo prediamo un'altra volta il succo di frutta." Lino mi pizzica una guancia, così vedo Massimo fulminarlo con lo sguardo.
"'A vuò fernì di scappare? Ma da che cosa scappi?"
"Non lo so Massimo, a me non è mai venuto niente bene nella vita, 'o capisc? Io forse tengo un destino scritto da un sadico, un'unica sorella che amavo più della vita mia che si è messa con un camorrista, il nipote che ho sempre sognato di avere è un delinquente ed io sono quella tagliata fuori dalla famiglia per mia madre. Qualche soldo e qualche gioiello le hanno fatto venir voglia di essere una signora, come se poi fossero quelli a farti signora." Parlotto, Massimo ascolta ogni mia parola a braccia conserte. "Io so destinata a stare sola al mondo, mia sorella ha Salvatore, mia madre i suoi soldi e tu tien a Consuelo." Lo punzecchio.
"'E fernut? 'E fernut 'e fa 'a criatur?" (Hai finito? Hai finito di fare la bambina?)
"Ma io questo sono, comandà, la prossima volta non giocare con quelle più piccole di te se non ti piace il gioco." Malizio la risposta, mi mordo un labbro.
Massimo mi afferra il viso tra le mani, poggia la sua fronte alla mia e sospira.
"Che cap 'e cazz che si." (Che testa di cazzo che sei) Mi sussurra. "Non sei destinata a niente, il destino ce lo facciamo noi e tua sorella ha scelto il suo. Bast Sofì, non puoi passare la vita a pensare a quello che lei ha voluto, piens a chell che vuo tu." (Pensa a quello che vuoi tu)
"E che voglio io, Massimo? Un uomo sposato? Un uomo che non sarà mai del tutto mio? O che dice di esserlo ma non è così. E poi farai lo stesso con la prossima? Dirai che con me è finita ma lo saprai solo tu?" Gli urlo contro, così lo vedo massaggiarsi gli occhi, mi mette un documento davanti.
"Non sono più un uomo sposato, Sofì e a tutt 'sti strunzat non ci penso perché voglio stare con te, crescere questo figlio con te."
Prendo il documento dalle sue mani, lo leggo velocemente e con gli occhi appannati dalle lacrime, tremo e in mezzo alle mie mani trema il foglio.
Presto un'occhiata veloce a Massimo, così lui annuisce.
"Mi ha firmato il divorzio." Urla sorridente.
"Over è?" (Davvero?) Leggo di nuovo.
"Eh, over è. Non ho corrotto nessun giudice." Mi prende in giro, mi stampa poi un bacio veloce sulle labbra. "Mo possiamo essere una famiglia?"
Rido e mi rilasso, gli bacio più volte le labbra.
"È stat 'cchiù difficile (è stato più difficile) convincere te di quanto sarà partorire." Mi prende in giro nuovamente, così gli do degli schiaffetti in guancia.
"Ti amo, comandà." Gli confido sulle labbra, è la prima volta che riesco a dirglielo.
"Che hai detto?" Mi dedica un sorriso enorme.
"Hai sentito." Sgomito ridendo.
"No, ripeti, magari la vecchiaia non mi fa sentire bene."
"Ho detto che ti amo." Ripeto alzando gli occhi al cielo, così riprende a baciarmi con foga e quasi ci scordiamo pure di essere nel bel mezzo del corridoio dell'IPM.
"Wewe, e che volete farlo qua in mezzo il secondo?" Beppe ci richiama. "Massimo, tien n'età."
Ridiamo, così anche lui si scioglie in una risata.
"Andiamo ja, stanno arrivando i ragazzi per la lezione di ballo." Mi prende sotto braccio e scuote la testa.
"Beppe, chianu chian che so gelus." (Piano piano che sono geloso) Massimo lo punzecchia.
"Sisi." Beppe arronza una risposta e mi trascina con se in sala dove mi stanno aspettando i ragazzi.

𝐌𝐚𝐫𝐞 𝐟𝐮𝐨𝐫𝐢 𝐞 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐧𝐭𝐫𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora