Chi l'avrebbe mai detto

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«Ti va di restare a cena?» chiese Angela.

«Come scusa?» rispose Carlo, il quasi ex-marito.

Erano le 19 e come ogni domenica aveva riportato Giulia da sua madre.

«Ti va di restare a cena? Prendiamo la pizza da Salvatore» ribadì lei.

«Davvero mamma?» rispose sua figlia. «Si dai dai, voglio la pizza, con mamma e papà».

«Sei sicura Angela? Non voglio creare situazioni ambigue» ribatté lui.

«Carlo... è una pizza. E un supplì se ti va. Niente di ambiguo. Dai Giulia è contenta» sentenziò.

«Va bene dai. Allora mi tolgo la giacca. Posso posarla in camera?» chiese lui sfilandosela.

«Fai pure, io telefono alla pizzeria intanto».

Dopocena tutti e tre si godettero un'oretta di televisione fino a quando Giulia non si addormentò sul divano. Fu proprio Carlo a prendersela delicatamente in braccio e a metterla a letto. Dopo averla accarezzata e aver chiuso delicatamente la porta della sua cameretta si ripalesò in soggiorno sedendosi accanto ad Angela.

«Che ti passa per la testa?» le chiese.

Lei restò ammutolita per qualche lunghissimo secondo, fissandolo inebetita prima di rispondere.

«Ma niente. Perché dici così? Alla fine ci siamo lasciati in amicizia, sei suo padre, che sarà mai una pizza insieme. Deve esserci qualcosa dietro? Dai Carlo, evolviti» rispose lei sorridendo.

«Beh, mi ritengo abbastanza evoluto e di mente aperta, anzi, dovresti ben saperlo. Premettendo che so che non stai cercando di tornare assieme a me, per tutta la sera ho avuto l'impressione che volessi dirmi qualcosa. Ti ho spesso sorpresa a guardarmi, anzi, a puntarmi.... Penso di poter presumere di conoscerti no? Che c'è? Problemi? Hai bisogno di aiuto?» chiese lui a voce bassa per non fare troppo rumore, tuttavia in modo rassicurante, il suo solito modo rassicurante.

«Tana» disse lei. «Scoperta, mi arrendo. In effetti vorrei parlarti di qualcosa, solo che non è facile e sinceramente devo ancora convincermi che sia la cosa giusta da fare. Ti ho fatto rimanere nella speranza di trovare il coraggio per farlo»

«Mi devo preoccupare? Stai male?» chiese lui stavolta con un tono preoccupato.

«Ma no, non sto male. Sto benissimo giuro, almeno fisicamente» rispose lei.

Silenzio.

«Quindi?» incalzò lui.

«Carlo, mi servono cinquantamila euro, ho perso a carte e se non pago mi faranno del male» disse lei fissandolo negli occhi.

«Ma che cazzo dici Angela. Che vuol dire che hai perso a carte? Non sai neanche giocare a Mercante in Fiera cazzo. A Natale piuttosto lavi i piatti che metterti a tavola a giocare a carte e ora... hai perso cinquantamila euro?! È uno scherzo vero?» sbraitò lui, tuttavia mantenendo il volume basso per non svegliare la bambina.

«Certo che è uno scherzo... scusami non ho resistito» esclamò sogghignando.

«Angela vaffanculo, davvero. Di cuore. Cristo santo!»

«Scusami, scusami, scusami»

«Scusami il cazzo... davvero. Mi hai fatto prendere un colpo. Sei tutta scema» rispose lui, furioso ma anche visibilmente rassicurato. «Dai fai la seria, che succede? Dopo questo coccolone devi dirmelo per forza».

Angela poggiò le mani sulle sue cosce serrando visibilmente le dita.

«Forse c'ho uno» esclamò.

Dottor BellissimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora