Capitolo 1

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<<Cazzo, mi hai vomitato sui pantaloni nuovi.>> una voce un po' ovattata interruppe lo strano sogno che Marlene stava facendo. Padelle che cercavano di sconfiggere l'Inghilterra. Tutto nella norma. Ma d'altronde era sempre così quando beveva.
Aprì gli occhi a fatica, abituandosi lentamente alla luce e provando ad alzarsi, e solo quando poggiò le mani per terra per darsi la spinta si rese conto di trovarsi sopra ad un pezzo di marmo freddo. Sì mosse velocemente, presa alla sprovvista, e rischiò di cadere all'indietro quando capì di aver dormito sull'isola di marmo al centro della cucina della casa del festeggiato, nonché suo migliore amico, ma fortunatamente due mani la presero subito per la vita, bloccando la sua sicuramente disastrosa caduta.

<<Ehi vedi di andarci piano, non ho nessuna voglia di portare qualcuno all'ospedale oggi.>> disse la voce roca del suo migliore amico. Marlene si girò a guardarlo: i capelli neri erano come sempre scompigliati e gli occhi altrettanto scuri la guardavano assonnati. Aveva delle leggere occhiaie, segno che non avesse dormito per niente quella notte. Le stava sorridendo, con quel bel sorriso che poteva incantare chiunque. Indossava ancora i panni della sera prima, anche se i pantaloni neri slacciati avevano una macchia gialla disgustosa su un lato.

<<Buongiorno anche a te, mio caro Calum.>> mormorò con la voce impastata e gli occhi leggermente socchiusi. Con l'aiuto dell'amico scese dal suo giaciglio improvvisato e poggiò delicatamente i piedi scalzi a terra, sentendo leggermente freddo, nonostante fosse pieno luglio..

<<Dove sono le mie scarpe?>> chiese confusa, tenendo salda una mano su una spalla di Calum, mentre con l'altra sistemava le bretelle del top bianco. Aveva dei piccoli capogiri, sentiva come se stesse per cadere a terra e aveva un disperato bisogno di stendersi su qualcosa di morbido.

<<Le hai tolte ieri sera, penso, prima di lanciarti in piscina, probabilmente sono ancora lì. O sono state rubate.>> commentò in modo ironico, turbando molto il mal umore post-sbronza della ragazza.

<<Non me lo ricordo.>> parlò quasi a sé stessa, mentre provava a fare dei piccoli passi in avanti, ancora stretta alle spalle di Calum, che alzò gli occhi al cielo.

<<Beh ci credo, con la quantità di alcool che tu e quei caproni avete bevuto, mi stupisce il fatto che tu riesca ancora a dire una frase di senso compiuto, o che abbia ancora tutti i vestiti addosso.>>

<<Cal, dai come sei melodrammatico. Solo perché sei stato estratto per rimanere sobrio.>> lo guardò negli occhi e gli sorrise <<Era una festa di compleanno, bisognava festeggiare a dovere. E poi da quello che vedo ti sei divertito molto anche tu.>> disse indicando con un cenno del capo i pantaloni slacciati. A questa affermazione Calum arrossì e provò in modo maldestro a chiudere la patta, senza successo.

<<Lascia stare.>> commentò Marlene ridacchiando e sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Lasciò la presa dalle spalle di Calum e fece qualche passo incerto, riuscendo a poco a poco a raggiungere il frigo. Lo aprì e, dopo aver preso una bottiglia di vetro, bevve un bel sorso d'acqua fresca. Poi si guardò attorno. La piccola cucina moderna era strapiena di bottiglie buttate in giro e di avanzi di cibo, e probabilmente il resto della casa era nelle stesse condizioni.

<<Cal, che ore sono?>> chiese mentre cercava le sue cose in giro per la stanza. Calum la guardò gironzolare per la stanza quasi barcollando, prima di sbuffare e guardare l'orologio. Era incredibile come quel ragazzo fosse scocciato di fare qualsiasi cosa di prima mattina.

<<Quasi le undici, dovresti tornare a casa piccola Evans, non ti fa bene avere questi cattivi ragazzi intorno. E poi...>> si avvicinò e le sorrise sghembo <<Hai bisogno di una doccia.>> la ragazza annuì, alzando gli occhi al cielo, e dopo aver trovato le scarpe dietro il cesto della spazzatura diede un bacio sulla guancia al suo migliore amico e uscì fuori. Per sua grande fortuna casa sua era esattamente affianco. Mentre cercava le chiavi nella sua borsetta sentì il telefono squillare. Sorrise nel leggere il nome che comparve sullo schermo.

&quot;What about us?&quot; • Michael Clifford •Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora