"Ti amo con un amore che è più dell'amore."
- Edgar Allan Poe
Deya si sveglia con un dolore sordo alle tempie. Pulsano vive, vene che pompano sangue con rabbia e contaminano il suo cervello. Un caleidoscopio di colori le impediscono la vista per una manciata di secondi, vietandole di mettere a fuoco il mondo circostante.
Fra il delirio del risveglio, la lampada sul comodino appare sformata, continua a cambiare dimensioni senza una logica apparente. Si rimpicciolisce, poi si ingrandisce tanto che la ceramica che la riveste potrebbe frantumarsi in milioni di cocci e schegge.
Si tira su a sedere. Indossa il suo pigiama. Non ci sono macchie scarlatte in giro.
Tutto sembra normale.
A parte quel lancinante mal di testa.
Coltelli che le trafiggono la nuca da parte a parte, come se un carro armato le fosse passato sul capo, sfracellandolo, riducendolo in una viscida poltiglia rossa e densa.
Della notte prima ricorda solo Lazar, tre birre e un giro all'obitorio. Il resto è nebbia densa. Com'è tornata a casa? Quando ha rimesso il pigiama?
Non lo sa, e non essere in grado di ripescare nella memoria i ricordi della notte precedente le rovina l'umore fin dal risveglio.
Recupera il cellulare, questa volta sa cosa fare. Apre la rubrica, cerca il numero di Lazar e avvia una chiamata.
Il telefono squilla un paio di volte, poi si interrompe e sente la sua voce dopo solo una manciata di istanti. «Buongiorno, Deya.»
«Buongiorno un cazzo. Devo parlarti. Mi vesto e vengo da te. Sei a lavoro, no?», arriva dritta al punto, e mentre tiene il telefono nell'incavo fra il collo e la spalla comincia a togliere i pantaloni del pigiama, aprendo un'anta dell'armadio per cercare dei vestiti comodi e caldi.
«Non riesci proprio a stare un solo secondo senza di me... d'accordo, tanto non c'è nessuno qui. Né vivo né morto, s'intende.»
Non ha proprio voglia del suo pessimo senso dell'umorismo. «A dopo.»
♱
Tiana si è addormentata sul divano, un braccio a penzoloni sul pavimento e un rivolo di saliva che pende appena oltre le labbra. Iuri non c'è, sarà andato a letto, lasciando lì la sua fidanzata mezza collassata per l'alcool e le droghe ingerite. Deya non ha voglia di svegliarla, così scribacchia al volo un post-it che lascia sul tavolo della cucina, poi prende il cappotto ed esce.
Il tragitto fino all'agenzia è veloce e nebuloso, a quell'ora del mattino si alza una coltre oscura, rende il mondo un sogno sospeso in un presente invisibile; è difficile guardarsi intorno e deve accendere l'aria condizionata per evitare che le si ghiacci il parabrezza. Guida piano, l'asfalto è scivoloso di brina, i lampioni si sono appena spenti per lasciare il posto alle luci dell'alba.
Il cancello di ferro aguzzo, poi la porta senza campanello e giusto qualche rintocco sul legno che sussulta. Il chiavistello gira, un rumore metallico e l'ingresso si apre. Lazar, quella mattina, ha l'aria riposata, sembra aver dormito bene – meglio di lei, di sicuro. Magari ha anche avuto il tempo di fare colazione.
«Tu mi hai drogata. Mi hai messo qualcosa nella birra, ieri sera, ne sono sicura», è la prima accusa che interpone fra di loro, dopo che hanno quasi collaborato – con non pochi problemi d'incompatibilità a fare da sfondo alle loro bizzarre vicende.
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Fame di male
Horror🏆 Wattys 2022 Winner! 🏆 "Un becchino indaga su una serie di omicidi, ma si innamora della sospettata principale." Le notti di Deya sono tormentate dagli incubi. Alcune amnesie le fanno dimenticare ciò che ha fatto il giorno prima, cancellando porz...