Storie di coraggio

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KAZ
Il sole splendeva alto nel cielo, riflettendosi sul mare, divertendosi a creare con le onde innumerevoli giochi di luce, cullando dolcemente la nave sulla quale splendeva la nera scritta "SPETTRO".
Una ragazza con in testa un bizzarro cappello da pirata, forse un po' troppo grande per lei, camminava rapidamente sulla passerella, gesticolando e proclamando ordini con voce ferma e sicura, degna del più temibile capitano dei pirati. 

<<Tira le vele. Girate a sinistra>> urlò Inej accompagnando ogni comando con movimenti rapidi delle mani e con sguardi gelidi e rigidi, quasi sfidassero chiunque a contraddirla. Kaz ne era abbagliato. Questo era un lato di lei che aveva visto solo poche volte, quello autoritario. Solitamente era lui a dirigere le operazioni, ma questa nave apparteneva al capitan Ghafa e quindi toccava a lei scegliere cosa fare e come farlo.  Se fosse stato un altro a dargli ordini, probabilmente avrebbe studiato i modi più rapidi e dolorosi per ucciderlo, ma con Inej era diverso. A Kaz non dispiaceva affatto e poi la ragazza Suli aveva un talento naturale nel comandare.
<<Tirate quelle vele. Abbiamo bisogno di andare più veloci se vogliamo raggiungerla>> urlò guardando l'orizzonte con il cannocchiale ed indicando la barca schiavista che lei stessa aveva abilmente intercettato e che adesso stavano seguendo.
Jhade, così si chiamava la ragazza alle vele, eseguì l'ordine e l'imbarcazione sfrecciò sul livello del mare, avanzando rapidamente di una decina di metri e giungendo a poche miglia dai nemici.
Sul volto del Capitan Ghafa si fece largo un sorriso intriso di perfidia.
<<Preparatevi ad invadere la nave nemica>> esclamò impugnando saldamente il proprio coltello. Kaz portò la mano alla pistola e ne accarezzò il grilletto, il formicolio che gli attraversava la pelle, preparandosi a sparare.
Un membro della ciurma, di cui Kaz ancora non aveva imparato il nome, calò la passerella non appena affiancata l'imbarcazione degli schiavisti. Inej passò sulla passerella, in bilico fra le due navi, come se volasse, senza mai barcollare o minacciare la caduta, come un angelo che, consapevole della propria invulnerabilità, attraversa con non curanza l'inferno.
Non appena atterrò sull'imbarcazione nemica, la ragazza fu circondata dagli schiavisti ma non sembrava esserne affatto spaventata, gli scrutava con un sorriso di sfida. Non c'era nulla che l'angelo vendicatore temesse
<< Sapete chi sono io? >> chiese poi, la voce tagliente come la più pericolosa delle lame.
<< Sì, il Capitan Ghafa. Il flagello degli schiavisti. >>
Lei sorrise. << Bene, allora vuol dire che sapete a cosa state andando incontro. Liberate i prigionieri e forse vi risparmierò>>
<< Ci dispiace, ma le cose non saranno così facili>> mormorò uno di loro afferrando con uno svelto movimento della mano la spada che portava legata in vita.
<< Come volete>> mormorò la ragazza <<Ciurma, attaccate>> esclamò Inej e, dalla passerella, il suo equipaggio passò sulla nave schiavista dando il via definitivo al combattimento insieme a Kaz e ai corvi che aveva portato con sé.

INEJ
Inej sì lanciò contro gli schiavisti con la sciabola sguainata.
Scrutò attentamente la barca: non era molto grande. L'albero maestro si trovava al centro e, attorno ad esso, erano stati legati quattro bambini: due  di circa otto anni, una ragazza di quindici e una bambina Suli che non poteva avere più di cinque anni.
Il rumore delle spade che si scontravano tra loro rimbombava nelle orecchie della ragazza come la più soddisfacente delle colonne sonore. Colpo dopo colpo, l'adrenalina le faceva vibrare le ossa e lei continuava instancabile mentre i corrotti marinai cadevano sotto le lame dell' implacabile giustiziera. Dopo soli pochi attimi, Inej aveva disarmato il capitano della nave, puntandogli la lama al petto.
<< Andate a liberare i bambini>> ordinò.
Rotty (che Kaz aveva portato con sé) corse a tagliere le corde.
<<State tranquilli piccoli, adesso andrà tutto bene>> mormorò Inej sorridendo  <<tenetevi pronti a passare sull'altra->> la ragazza non riuscì a finire la frase che il capitano degli schiavisti, approfittandosi dell'attimo di distrazione della ragazza, si alzò e la colpì alle spalle, sfilandole la sciabola di mano.
<<Bene, bene, bene Spettro. Adesso quello armato sono io>> ghignò l'uomo accarezzandosi la folta barba nera e scrutando la ragazza Suli con quei suoi piccoli occhi scuri, inanimati come quelli di un famelico squalo.
<<Inej!>> esclamò Kaz portando rapidamente il braccio alla pistola, senza però riuscire ad impugnarla: coloro che erano sopravvissuti, rincuorati dal vantaggio conquistato dal loro comandante, avevano raccolto le armi e circondato i cacciatori di schiavisti.
<<Buttate le armi a terra>> ordinò una di loro <<buttate le armi o faccio fuori il vostro capitano>> obbedirono e, sulle silenziose distese oceaniche, risuonò il tintinnare del metallo di spade e pistole sul legno del pontile.

KAZ
Kaz era bloccato. La pistola a terra.  Il suo sguardo scorreva da un lato all'altro dell'imbarcazione, studiando l'ambiente circostante, cercando una via di fuga. Alle loro spalle c'era il mare, ma la corrente era troppo forte per poter saltare. Dinanzi a loro gli schiavisti, armati fino ai denti.
D'un tratto, uno sparo ruppe il silenzio.
Il proiettile volò sulle loro teste perforando la gabbia toracica del capitano nemico. Inej approfittò della situazione e in un attimo aveva recuperato di nuovo la sciabola. Kaz si voltò rapidamente, cercando il volto di chi aveva sparato, e strabuzzo gli occhi vedendo la piccola bambina Suli con la pistola in mano. Doveva averla presa fra quelle che loro avevano gettato a terra, sfruttando il fatto che nessuno le avesse prestato attenzione: nessuno, neanche il più calcolatore e prudente degli uomini, avrebbe sospettato che una bambina così piccola potesse usare un'arma da fuoco e uccidere un uomo. Il suo sguardo incrociò quello della piccola: la tempesta infuriava nei suoi occhi azzurri, spinta dal vento della paura, dall'orrore per il sangue che fluiva dal petto dell'uomo che ormai giaceva a terra. Le mani che tremavano tenevano ancora stretta l'arma del delitto, la paura le paralizzava, intorpidendo i suoi muscoli, le articolazione delle sue dita e impedendole di lasciarla. Eppure trovò il coraggio di voltarsi verso Inej, il Capitano che aveva messo a rischio la sua stessa  vita per salvarla, e scambiare con lei uno sguardo tinto di una strana e intraprendente riconoscenza. Aveva ricambiato il favore.
Kaz non distolse i suoi occhi dalle burrascose iridi della bambina dove terrore e ardore ancora erano in lotta tra loro e in esse vide sé stesso. Sé stesso in mezzo ai morti, costretto a servirsi del corpo di suo fratello per vivere. Rivide Inej, obbligata a diventare una letale spia pur di venir fuori dall'oscurità. Rivide il vorace coraggio, la forza estremista di fare ciò che si deve per sopravvivere. 

Riprese la sua pistola e corse verso di lei, mentre sul pontile rinfuriava lo scontro.

<<Tranquilla, va tutto bene. Sei stata coraggiosa>> esclamò Kaz inginocchiandosi accanto a lei, sfilandole dolcemente la pistola dalle mani << è tutto ok>> le disse poi accompagnando il dolce gracchiare della voce con piccole pacca sulla spalla destra.
Poi tornò a voltarsi verso gli altri e un sorriso sbocciò spontaneamente sulle sue labbra vedendo Inej sorridere vittoriosa sui corpi privi di sensi dei nemici. Quella ragazza era straordinaria nella maniera più assolutistica.

****
La notte era ormai calata ma, i cacciatori di schiavisti, tornati ormai sulla loro imbarcazione, non si potevano permettere di dormire, non ancora.
Seduti attorno ad un tavolo di legno, osservavano le cartine e gli appunti presi dalla nave nemica cercando di capire a chi fosse diretta la consegna, da dove venissero i bambini, se le loro famiglie fossero ancora vive...
Kaz si alzò dal tavolo a metà della riunione per cercare Inej, che non si era ricongiunto al gruppo per accertarsi che i bambini stessero bene.

**** 
Il silenzio nel corridoio era spezzato dal rumore del  bastone del re del barile accompagnato da due voci provenienti da una stanza. La porta socchiusa lasciava abbastanza spazio perché Kaz potesse guardare all'interno.

Inej era seduta ai piedi del letto dove giaceva la bambina Suli che aveva sparato sul pontile. Solo adesso il ragazzo si rese conto di quanto fosse piccola: non poteva avere più di cinque anni.
<< E così Sankta Alina si sacrificò per salvare il suo popolo>> esclamò Inej terminando la storia che stava raccontando per tranquillizzare la piccola.
<< Sankta Alina è davvero molto coraggiosa>> mormorò la bimba
<< Lo sei stata anche tu>> le disse Inej.
<< Non è vero. Tremavo tutta>>
<< Questo è normale. Non significa che tu non sia stata coraggiosa. Ci hai salvato tutti>>
<< Non io. Tu. Tu ci hai salvato tutti>> esclamò la bambina sbadigliando.
<< Adesso vai a dormire. Domani ti sentirai meglio>> le disse Inej lasciandole un bacio sulla fronte per poi andar fuori dalla stanza, dove Kaz la stava aspettando.
<< Come sta? >> chiese poi lui.
<< È spaventata>>
<< Lo immagino. È stato tutto merito suo se siamo usciti vivi di là>>
<< Già>>
<< Sai, la piccola ha ragione. Sei davvero la persona più coraggiosa che io conosca, Inej>>
Sul volto della ragazza si fece largo quel sorriso, quello che Kaz avrebbe voluto poter imprimere per sempre nella sua mente.

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