Capitolo 10⚡

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"I always say I'm done with you,
but I never am."

MAHOGANY

Accedo al laboratorio utilizzando le mie credenziali. La porta si apre, varco la soglia quanto basta per permettere alla porta di richiudersi alle mie spalle, poi sto lì, impalata, ad osservare l'accozzaglia di materiali sparsi qua e là, un po' ovunque.

Non metto piede in questo reparto della torre da quando mio padre è andato in silenzio radio, perso chissà dove nello spazio. Domani partiamo per il Wakanda, la mia armatura ha bisogno di una sistemata dopo i colpi subito contro gli alieni, quindi adesso non ho altra scelta che affrontare la realtà.

Inghiottisco la malinconia, caccio indietro le lacrime e con un profondo respiro a pieni polmoni, muovo i primi passi all'interno della stanza. Faccio un giro tra i tavoli da lavoro di mio padre. È ancora tutto nello stesso identico posto in cui l'aveva riposto lui l'ultima volta: la cassetta degli attrezzi aperta accanto a una serie di fogli arrotolati che contengono progetti vari, i monitor dei computer accesi, come da suo brutto vizio, e la sua tazza targata Stark Industries appoggiata sulla sua scrivania. La porto vicino alle labbra, ma prima di bere annuso l'intruglio che contiene. Arriccio il naso. Il caffè è rancido, andato a male da parecchio. La tengo in mano per buttare il contenuto nel lavandino non appena ci passerò accanto.

Muovo il mouse del PC principale e il salvaschermo lascia il posto alla figura di un'armatura. Aggrotto le sopracciglia. "Friday, proietta questo file."

Mentre la nuova assistente digitale di mio padre esegue il mio comando, cammino verso il lavandino. Una volta vuotato il caffè, poso la tazza sul ripiano e mi volto, tornando al centro della stanza.

Osservo l'armatura con attenzione, girandole attorno. Ha inserito i propulsori aggiuntivi sulla schiena, proprio come gli avevo consigliato. Al di là dell'ologramma giace la mia armatura, ancora da riparare. Le lancio uno sguardo fugace: avevo già apportato qualche miglioria al design nell'ultimo periodo, ma mai al sistema di attacco, avendo ancora a disposizione la modalità supernova rimasta intatta fino ad ora. Ci avevo pensato e anche papà mi aveva messo la pulce nell'orecchio più di una volta.

L'occhio mi cade per puro caso su un armadietto dall'anta semi aperta. Qualcosa deve essere in procinto di cadere fuori. Mi avvicino ad esso e, aprendo lo sportello, scopro il vecchio scudo di Captain America che, nonostante fosse riposto con grande cura nel ripiano più basso, impediva allo sportello di chiudersi correttamente.

Sposto lo sguardo di nuovo sulla mia armatura. Non ho mai pensato ad un sistema di difesa integrato. Sorrido. Credo sia ora di rimediare.

Arrotolo le maniche della camicia a quadri, azzanno un elastico con i denti mentre lego i capelli in una crocchia improvvisata. Recupero gli attrezzi di mio padre e mi piazzo davanti al piedistallo dove si erge la mia Iron Girl Suit.

"Friday," recupero la maschera di saldatura, "fai partire Don't Stop Me Now."

***

Sulle note finali di Renegade si estingue anche l'ultimo raggio di sole. Questo accadeva circa quattro ore fa. Quando sollevo la maschera sulla testa, infatti, la vetrata è già stata oscurata e l'unica fonte di illuminazione all'interno della stanza è data dai monitor dei computer ancora accesi. Stringo l'ultimo bullone, dopodiché, posata anche la chiave inglese nella cassetta degli attrezzi, mi abbandono sulla sedia girevole.

Tomorrow Never Dies Vol.2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora