Capitolo 33⚡

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"Mirror, mirror on the wall
was I always meant
to fall?"

Il nostro viaggio quantico termina in una fredda zona di montagna. Da come gli stivali dell'armatura affondano nella neve direi che siamo in pieno inverno, uno di quelli grigi e rigidi, e che ha smesso da poco di nevicare. Ci troviamo ai piedi di una serie di impianti sciistici di risalita, attualmente nascosti dietro un edificio, lontani dalla luce dei lampioni.

Sbircio la situazione. È sera inoltrata e le piste sono deserte, al contrario di bar e ristoranti che sono gremiti di persone.

Assottiglio lo sguardo, catturato da un'insegna di legno con una scritta rosso fuoco incisa al centro. Mi riappiattisco contro il muro, bocca e occhi spalancati dietro la visiera.

Il casco di Steve scompare dietro il suo collo. "Stai bene?" chiede.

"Non è possibile..."

All'improvviso mi manca la saliva in bocca e l'aria nei polmoni. Sollevo la visiera.

"Sei già stata in questo posto?" ritenta Steve, facendo un passo avanti per rientrare nel mio campo visivo.

Avvicino il bracciale GPS al volto. Deglutisco.

Dicembre 1997.

"Ventitré anni fa," annuisco, incontrando il suo sguardo preoccupato. "Oggi."

I muscoli del suo viso si espandono. "Quando..."

Annuisco, ingoiando un boccone di terrore. "Quando sono stata rapita." Accompagna la frase un brivido, più simile a una scarica elettrica, che mi attraversa il corpo.

"Ecco Tony."

Seguo la direzione in cui punta il dito di Steve, alle mie spalle, oltre il muro dietro cui siamo nascosti, e lo vedo. Appoggio la mano guantata sullo spigolo in mattoni e sospiro. "Papà..."

Esce dal rifugio con il cellulare già premuto sull'orecchio e si ferma a parlare sotto la luce del lampione, a qualche metro di distanza da me; proprio come quando ho dovuto assistere alla sua morte, con la differenza che adesso, qui, è ancora vivo e vegeto.

Una lacrima sfugge al mio controllo e precipita sulla neve, creando un buchino nel mucchio accanto al mio piede.

La porta alle sue spalle si apre una seconda volta. Mi si mozza il fiato in gola, quando poso lo sguardo sull'uomo alto con uno smoking indosso che esce dal locale tenendo per mano una bambina. Ma non una bambina qualsiasi.

D'istinto faccio un passo di lato per uscire allo scoperto, ma ancor prima di appoggiare il piede a terra, Steve mi afferra il braccio e mi strattona nell'oscurità.

Dall'espressione combattuta che ha in volto, so che ha capito quello che sta succedendo. A me adesso e alla me bambina. "Non siamo qui per questo," sibila infine.

"Stai scherzando?" sbotto, il miscuglio di emozioni che provo mi scuote il corpo intero. Lo guardo con rabbia e disgusto che esplodono da tutti i pori e una richiesta di aiuto inespressa tatuato negli occhi. "Quello..."

"È un ricordo traumatico del tuo passato che vorresti cancellare, lo capisco." Mi stringe le spalla con la sua presa ferrea e mi regala una vera e propria smorfia di incoraggiamento. "Ma è anche una parte di te, della persona che sei diventata, della donna per cui ho perso la testa anni fa." Lo sguardo che mi dedica è così intenso che sembra capace di denudare perfino la mia anima. "Se adesso ti salvi, tutto quello che è stato sarà solo..." Lascia la frase in sospeso, così che la possa completare io stessa.

Sospiro e abbasso lo sguardo, perché so che ha ragione. "Un ricordo, lo so." E non sarebbe poi tanto male, se non fosse il pensiero di perdere un pezzo importante della mia vita con il rischio di non ritrovarlo più.

Tomorrow Never Dies Vol.2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora