26. Cicatrici

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Bruce

La caverna del pipistrello non era mai stata così spettrale. Il silenzio sinistro era a tratti interrotto dall’acqua che scorreva per un breve tratto per poi cadere a capofitto in un piccolo laghetto. L’unica parte originale della grotta ad essere rimasta, insieme all’immenso soffitto roccioso da cui spuntavano delle piccole stalattiti, mentre gli occhi famelici di alcuni pipistrelli brillavano nell’ombra.

Bruce era seduto alla sua poltrona a torso nudo, mentre Alfred gli ricuciva alcune ferite. La schiena del vigilante era cosparsa da cicatrici che percorrevano la pelle pallida. Alfred, mantenendo ago e spago, era intento a chiudere i grossi tagli. –Certo che non si è proprio risparmiato al manicomio, signore. – disse mentre tirava tagliava il filo, per poi dedicarsi ad altri tagli. Ogni volta che l’ago attraversava la sua pelle, Bruce sentiva un dolore insopportabile, o almeno all’inizio della sua crociata. Ora la pelle era sempre più dura diventando quasi una corazza, che gli impediva di sentire qualsiasi cosa, o quasi.

-Sai che non lo faccio mai. – rispose il miliardario sorridendo. –Dovresti… - gemette per una piccola fitta alla spalla destra, Alfred era riuscito a prendere uno dei punti ancora sensibili. –Dovresti vedere gli altri carcerati. – disse. –Non capisco però come siano riusciti a fuggire dalle loro celle. – mormorò mentre la sua fronte si aggrottava accentuando ancor di più le rughe intorno ai suoi occhi.

- Non potrebbe essere stato un semplice malfunzionamento del sistema di sicurezza? – domandò il maggiordomo asciugandosi una goccia di sudore sulla tempia. – Nel manicomio di massima sicurezza della città? – ribatte l’uomo. –Qualcuno deve aver progettato tutto nei minimi dettagli, previsto il nostro arrivo e investirci con la folla dei criminali… - il maggiordomo cucì l’ultimo taglio, ritrovandosi le mani impregnate di sangue. Bruce si alzò dalla postazione afferrando la maschera del cavaliere oscuro.

Come se dentro ci fosse lui stesso, come se in qualche modo in quel costume leggendario fatto di kevlar e materiali sintetici, ci sia rimasto parte della sua anima. Una parte della personalità di Bruce che era sempre rimasta nascosta nell’ombra e ora, quando l’uomo indossava quella maschera, tutta quella oscurità si sprigionava mostrandosi al mondo. Questa cosa in un certo senso lo spaventava. Ma decise comunque di indossarla: era necessario. –Non vorrà mica uscire? – domandò il maggiordomo esasperato. –Devo indagare su questa faccenda Alfred, per il bene di Gotham. – stava per andarsene ma le parole di Alfred lo bloccarono.

-Non pensa che anche Dick, Barbara e il giovane Tim abbiano bisogno di lei? Signor Wayne lei non ha più solo le responsabilità per questa città, ma anche per la sua famiglia. – disse furioso. Poi respirò profondamente. – Suo Padre non ha mai osato trascurarla, nonostante il suo lavoro e i suoi impegni. Le è sempre stato vicino. Dovrebbe farlo anche con i suoi figli. – disse pacato, mentre i suoi occhi cominciavano a inumidirsi.

A quel punto Bruce si voltò. Possibile che nessuno capisse qual era il suo scopo? Perché combatteva a Gotham. –Alfred… - fece una breve pausa. – Tu sai perché ogni notti esco là fuori a combattere? – disse fissando il pavimento, frustrato dalla consapevolezza che nessun potesse capirlo. –Per proteggere gli innocenti, e io la ammiro molto per questo signore, solo che… - Bruce lo interruppe con un gesto della mano. –No Alfred, quello che mi spinge ad andare avanti è il sogno di creare un posto migliore per tutti, per Dick, per Barbara, Tim e … - sospirò. – e per Jason. Nessuno dovrebbe sentirsi come mi sono sentito io quella notte. Nessuno merita di dover piangere sulla tomba dei propri genitori a dieci anni. – una lacrima sfuggì dal suo controllo e percorse la sua guancia per poi cadere sul pavimento.

Alfred provò compassione per quell’uomo, che ormai era diventato come suo figlio. –Signore lei non è solo. Quei ragazzi che ora dormono al piano di sopra, non desiderano altro che aiutarla, darle una mano. Lei si sta chiudendo per il lutto di Jason, la sua storia è finita, ma non quella di Bruce Wayne. La città ha bisogno di lei, quei ragazzi ne hanno bisogno e anche io, signore. – disse. Bruce rimase in silenzio. In capace di rispondere, poi posò la maschera sulla scrivania. –Hai ragione Alfred. – l’uomo sorrise. Gli fece uno strano effetto.

Born For This - The BeginDove le storie prendono vita. Scoprilo ora