Dodici

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"Ti prego" la voce supplichevole di Mattia si intromise nel suo sonno leggero e la sua ombra gli coprì improvvisamente il sole. "Stavolta mettiti la crema prima di diventare un peperone".

Christian si sforzò ad aprire gli occhi che, anche se coperti dagli occhiali da sole, fecero fatica ad abituarsi alla forte luce della tarda mattinata.

Si mise seduto, coprendosi il viso con l'avambraccio e si godette la visione del suo biondino che se ne stava in piedi davanti a lui, a senza maglietta, con un bellissimo costume nero e il petto abbronzato cosparso di goccioline d'acqua causate dal veloce tuffo che era andato a fare poco prima nella fredda acqua del lago.

La sua mano teneva in mano il tubetto di protezione 50, che il ricciolo afferrò con un grande sorriso.

"Grazie piccolo" disse aprendo il tappo.

Mattia gli sorrise, tornando a sedersi nel suo asciugamano, a pochi centimetri di distanza.

La pelle lentigginosa di Christian rabbrividì al contatto con la pomata bianca che probabilmente era appena uscita dal mini frigo che si erano portati per conservare il pranzo, ma si stupì della velocità con cui, spalmandola, prese una temperatura bollente.

"Mi sa che mi serve una mano per metterla sulle spalle" si era voltato verso il ragazzo più piccolo, che intanto aveva in mano il telefono per fare una foto al panorama.

"E vuoi che sia io a metterla?" Finse di cadere dalle nuvole, portandosi una mano al petto per indicarsi.

"Beh, se non vuoi vado a chiedere a qualcun altro" il moro decise di stare al gioco, fingendo di alzarsi in direzione del telo mare di Alex.

"No!" Lo fermò per un braccio il latinista. "Ti stavo prendendo in giro, voglio essere io l'unico ad accarezzare la tua schiena".

Il più grande sorrise soddisfatto, intenerito dalla gelosia del ragazzo di cui era, ormai consapevolmente, innamorato. Un po' si divertiva a stuzzicarlo, non per cattiveria, più che altro voleva invogliarlo a dirgli che lo voleva solo per sé; ma ancora non era successo. Nonostante fossero tanti i piccoli gesti che glielo dicevano, Christian aveva il forte desiderio di sentirlo pronunciare dalla sua bocca.

Intanto, però, era felice di potersi godere le mani delicate del ballerino di latino che improvvisavano un massaggio sulla sua schiena.

Ormai non si tendeva più come una corda di violino al tocco dell'altro, e di questo era profondamente stupito, perché voleva dire che si era finalmente abituato alla sua presenza nella sua vita. Erano passati pochi giorni dal loro appuntamento, e la consapevolezza di esserci dentro fino al collo, in quel rapporto, era sempre più limpida agli occhi castani del nostro protagonista.

Non era più un problema: ormai aveva accettato quelle forti emozioni.

"Fatto" disse soddisfatto il più piccolo, battendo un'ultima leggera pacchetta sulla pelle già un po' arrossata del riccio.

"Grazie" disse Christian appoggiando d'istinto la mano su quella del biondo, ancora appoggiata tra le sue scapole. Lo guardò negli occhi, più azzurri che mai grazie quel sole splendente.

"E di che?" Pronunciarono le sue labbra mentre accennò un piccolo slancio per baciarlo. Non lo fece, probabilmente per la presenza degli altri.

Non avevano ancora affrontato il discorso "come comportarsi in presenza della compagnia", ma di tacito accordo avevano deciso di godersi il loro rapporto in privacy, per ora, accontentandosi che a saperlo fossero solo i più intimi. La ritenevano una cosa troppo preziosa per condividerla senza filtri.

Il più grande, comunque, captò quell'intenzione, e cercò di baciarlo almeno con il suo sguardo, seguendolo tacitamente finché il suo corpo perfetto non si stese su quel prato immenso. Appoggiò anche lui la testa sul cuscino che aveva improvvisato usando la maglietta che indossava quella mattina. Si rimise gli occhiali da sole.

Stupido Clark KentDove le storie prendono vita. Scoprilo ora