Venti

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Il dito di Christian tremò quando toccò il tasto del citofono affianco alla casella "Rina".

Era terrorizzato. Vedere il suo amico triste era sempre un colpo basso, ma vederlo triste per una questione così importante sarebbe stato devastante, ne era sicuro.

Si erano sostenuti in tanti momenti difficili durante quell'anno di conoscenza: il ricciolino aveva condiviso tutti i suoi brutti pensieri e i suoi attacchi d'ansia, Alex invece aveva raccontato del suo duro periodo di depressione da cui stava cercando tutt'ora di uscire. Pensò che anche per questo motivo dovesse essere veramente a pezzi, in questo momento.

"Sì?" Una voce tremolante rispose.

"Siamo noi" il ballerino sentì le lacrime bruciargli dietro ai bulbi oculari.

Uno scatto aprì il cancello di colpo, facendo sobbalzare i due fidanzatini.

"Ehi" disse il biondino afferrando la mano del più grande. "Non è facile, Chri, ma devi essere forte per lui" per l'ennesima volta gli lesse nel pensiero.

Ancora trovava incredibile quella celata connessione che si era creata tra loro, che diede vita anche a una complicità invidiabile per chi li guardava da fuori

Il moro si allungò a lasciargli un dolce bacio, consapevole che in realtà nessun gesto affettuoso o nessuna parola sarebbero mai riusciti a ringraziarlo abbastanza. Ma almeno riuscì a ricaricarsi un po' l'umore.

Alex li stava aspettando con l'aria stravolta sull'entrata, le mani in tasca e la testa bassa. Sembrava non avere il coraggio di guardarli negli occhi.

"Ciao ragazzi" li salutò però, sforzando un sorriso.

Mattia non esitò neanche un secondo ad abbracciarlo; gli sembrava il metodo più semplice per rasserenare un cuore in tempesta.

Il ragazzo castano ricambiò timidamente, forse ancora incerto per i loro trascorsi ma palesemente felice di ricevere affetto e sostegno da qualcuno che in qualche modo poteva capirlo.

Il corvino assistette con il magone. Le due persone a cui più teneva quasi più che a se stesso erano così mature da mettere la ragione davanti agli altri sentimenti.

Non aveva più senso essere arrabbiati per i loro trascorsi. Esistevano cose molto più importanti, e loro lo sapevano.

Mattia era una roccia, Christian l'aveva già capito appena l'aveva conosciuto. Era dolce, un buon ascoltatore, una di quelle persone che ti illumina la giornata solo con un sorriso, un ragazzo di diciotto anni che si portava sulle spalle il grande peso di essere cresciuto troppo in fretta, ma che riusciva ad alleggerire il tutto con il suo ottimismo e la sua empatia. Il nostro protagonista si stupì di come fosse in grado di essere sempre d'aiuto con le giuste parole, con l'abbraccio sempre pronto e il giusto conforto.

Alessandro invece era un uragano di sarcasmo e di umorismo, a cui, per antitesi, piaceva il silenzio. Lui e la sua tendenza all'ordine maniacale gli avevano piantato una tenda nel cuore, pronti a rimanere insieme a quel bel sorriso che sapeva sciogliere anche il ghiaccio più spesso. Si era rifugiato nel suo umorismo pungente diverse volte, trovando sempre un riparo durante un temporale. Il suo migliore amico aveva un modo tutto suo per esprimere l'affetto per le persone: non si poteva di certo definire la persona più coccolona del mondo, eppure la sua intelligenza emotiva era sempre in grado di offrire un'importante spalla.

Che strano due che stavano formando in quell'abbraccio con una testa bionda e una castana che si mescolavano in un gesto impacciato e disperato, agli opposti anche all'occhio.

Si sentiva così fortunato ad avere due figure sempre pronte a temperare il suo di carattere, che a volte sembrava una tempesta di sabbia e altre una leggera pioggerellina primaverile.

Stupido Clark KentDove le storie prendono vita. Scoprilo ora