L'attesa del ritorno di Mattia fu infinita per Christian, che per una decina di giorni si era isolato in casa. Nella cupola delle mure domestiche si sentiva al sicuro, non aveva nemmeno voglia di vedere nessuno in realtà, a malapena riusciva a guardare in faccia sua sorella, con cui aveva ancora una questione in sospeso che non aveva ancora il coraggio di affrontare.
Si limitava ad aggirarsi senza meta per il soggiorno e per la cucina, al massimo in cerca di qualcosa da bere, per poi tornare in camera e lasciarsi cadere di nuovo sul suo morbido materasso.
L'ansia che provava era difficilmente descrivibile, un tipo di angoscia mai provata prima, come se avesse la certezza che con quella lettera si stesse giocando la sua felicità, come se ci fosse in palio un premio molto grande, oppure un grande fallimento. In cuor suo, Christian sapeva che era proprio così. Con quelle poche righe scritte in un corsivo incerto si sarebbe riguadagnato un posticino nel posto del biondo, oppure un grande schiaffo sonoro.
Non era pronto a dare addio a Mattia, non ora che era ancora più sicuro di amare solo lui, di aver amato in generale in vita sua solo lui e i suoi meravigliosi occhi color cielo.
Il peso sul suo petto, con gli avvenimenti dei giorni passati, si era fatto ancora più pesante ed era sicuro che l'unico che potesse allietarlo fosse proprio lui, lui con i suoi modi gentili e con i suoi dolci baci.
Non aveva più sentito Alex, non ne aveva il coraggio. Lui aveva provato a contattarlo diverse volte, lasciando dei messaggi in segreteria e chissà quante notifiche su whatsapp, ma il ballerino di hip hop non aveva mai risposto. Si sentiva in colpa di avergli provocato del dolore e il fatto che sapesse che il castano sarebbe stato per sempre suo amico, nonostante tutto, non faceva che peggiorare la situazione. Era troppo buono, e lui ci aveva marciato, senza sensibilità nei confronti di una persona che, da un anno a quella parte, gli aveva dato tutto.
Si ripromise di scusarsi appena fosse passato tutto. Anche in ginocchio se fosse stato necessario.
Il maltempo che si abbatteva sulla provincia di Verona ogni notte, con dei sonori temporali, non aveva contribuito all'umore di Christian, da sempre meteoropatico. La notte se ne stava sveglio, con la schiena sollevata, a fissare quel poco che riusciva a vedere in prospettiva fuori dai suoi vetri, che accumulavano le impronte della violenta pioggia, presentandosi sempre più sporchi.
Gli brontolava sempre la pancia a ritmo dei tuoni, ma non aveva veramente fame: era diventato pure difficile mangiare.
Un giorno, beccando per sbaglio il suo riflesso nello specchio del bagno, mentre era nudo pronto per la doccia, si rese conto che quella manciata di chili che aveva perso si vedevano tutti. Avevano reso più sporgenti le sue scapole, le sue clavicole e i gomiti, rendendo anche il volto più smunto.
Si era schifato. Aveva già fatto fatica a tenere un rapporto sano con il cibo già diverse volte in passato, e vedersi così gli fece venire i brividi.
Non aveva nemmeno più ballato: il mal di schiena era troppo forte per la tensione e per le ore di sonno mancate. Sua madre gli aveva impedito di presentarsi in sala prove, l'unico luogo in cui si sarebbe recato volentieri, e a casa non aveva nemmeno il coraggio di mettere su qualche canzone a caso dalla libreria musicale di iTunes perché qualsiasi cosa lo riportava a due fianchi che si muovevano sinuosi.
Aveva anche pianto tanto, nei primi momenti di isolamento. Ma ormai i condotti lacrimali si erano seccati violentemente, per disidratazione probabilmente, e, ogni volta che gli veniva il magone, sentiva un profondo dolore dietro i bulbi oculari.
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Stupido Clark Kent
Fanfic"Tu sei la Kryptonite ed io uno stupido Clark Kent" Christian, un ballerino di hip hop di 18 anni, rimase folgorato dagli occhi azzurri di Mattia la prima volta che li vide. Si azzardò a tuffarvici dentro e mai avrebbe immaginato di trovarvi un inte...