Diciotto

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Christian infilò le chiavi nella toppa della porta con la mano sinistra, perché l'altra stava tenendo stretta quella di Mattia. Ancora non gli sembrava vero che fosse di nuovo lì con lui, dopo un'agonizzante attesa in cui aveva davvero temuto il peggio.

Cercò di fare il più piano possibile, facendo anche un cenno al più piccolo di seguirlo sulla punta dei piedi. Era notte fonda, ormai, e anche Alexia era andata a dormire.

I due, senza lasciarsi la mano, si diressero nel buio della casa dopo essersi tolti le scarpe bagnate. Si chiusero poi in bagno, respirando a fondo, come se avessero tenuto il fiato per tutto il tragitto per essere ancora più silenziosi.

Dopo aver schioccato un dolce bacio su quelle labbra che gli erano tanto mancate, il moro infilò il braccio nel box doccia per aprire il rubinetto. L'acqua prese a scorrere impetuosa sulla ceramica del piatto.

Due occhi azzurri lo stavano scrutando attenti, nell'attesa che l'altro si togliesse i vestiti.

"Che c'è?" Chiese il più grande con un sorriso imbarazzato.

"Ti guardo" incrociò le braccia al petto. "Sei anche più bello di quanto mi ricordassi".

Improvvisamente timido, il ballerino di hip hop si trovò a fissare il morbido tappeto grigio che gli stava sotto ai piedi umidi.

"Non sono come prima, infatti. Ho perso tanto peso".

"Non ti rende meno prezioso ai miei occhi" la voce del biondino era soffice. "L'aspettò che hai ora ti rende vulnerabile, in realtà, ti rende umano. Non devi paura di farmi vedere che sei in difficoltà"

"Ho paura che mi trovi meno attraente" Christian ammise questo pensiero ad alta voce per la prima volta, sentendo gli occhi che minacciavano di far piovere lacrime.

Sentì le mani di Mattia, fredde come mai lo erano state prima, a causa del violento temporale che si erano appena subiti, afferrargli le guance.

"Mi guardi, per favore?" Il suo pollice stava compiendo dei piccoli gesti sulla pelle morbida del più grande.

Gli occhi castani di quest'ultimo, compiendo un gesto impossibile, si alzarono incontrandosi con quelli dell'altro. Non trattennero più il magone.

"Perché hai paura che tu non mi piaccia più?" Gli chiese dolce il latinista sentendo il cuore spezzarsi alla vista di quelle piccole gocce trasparenti.

"Perché mi disprezzo" tirò su con il naso. "Mi disprezzo per come appaio, mi disprezzo per come mi sono lasciato andare e mi disprezzo per tutto ciò che è successo".

Trovò assurdo che in un momento così toccante a lui venisse in mente di allungare il dito nel box per sentire se l'acqua si fosse scaldata.

Era ancora fredda.

"Se ti vedessi con i miei occhi non riusciresti minimamente a pensare una cosa negativa su di te"

Le loro voci erano sussurri; non volevano essere sentiti, non potevano essere sentiti.

"Per favore" continuò il pugliese. "Non vergognarti di niente con me. La tua vulnerabilità ti rende quello che sei" gli baciò la fronte. "Ti rende il ragazzo che amo".

Le lacrime presero a scendere copiose sulle lentiggini di Christian, che riuscì a farfugliare tra un singhiozzo e l'altro: "io non ti meriterei neanche tra un milione di anni".

"Smettila" fece il ballerino di latino autoritario. Gli baciò una lacrima prima che gli sfiorasse il mento.

"Ti amo, Matti"

Si concesse di guardarlo intensamente, nonostante quell'azione gli causasse un dolore inspiegabile. Una sensazione di profonda consapevolezza di essere innamorato fino alla punta dei capelli, di essere totalmente dipendente dall'umore dell'altro, e di sentirsi, incondizionatamente, legato a lui da un legame indissolubile.

Stupido Clark KentDove le storie prendono vita. Scoprilo ora