Capitolo 5

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Mattia e la sua emicrania furono davanti alla porta di casa Stefanelli senza nemmeno rendersene conto. Era tornato a casa da scuola ancora sotto l'effetto dell'euforia della canna che si era fumato e si era ritrovato a prendere la roba che aveva lasciato sulla propria scrivania, su cui aveva fantasticato per notti e aveva sceso le scale, andando in salotto. Aveva aperto il minibar, che suo padre teneva sempre rifornito e ne aveva tirato fuori una bottiglia di una qualche sostanza liquida trasparente che non riconobbe all'istante, voleva solo affogare quell'inquietudine, nasconderla, prima di andare a restituire al legittimo proprietario quegli abiti.

Si era ritrovato, così, ubriaco ancor prima di rendersene conto, ma a causa del suo stato emotivo, quella sua ubriachezza non era delle migliori. Aveva provocato solo un incremento delle proprie emozioni, quindi la voglia di vedere Christian, che era una di quelle che erano già difficili contenere da sobrio, fu portata subito a galla. Aveva indossato le scarpe e qualche secondo dopo stava di fronte a quella immensa casa bianca. Con i propri freni inibitori fuori uso, quando quei capelli mori gli furono davanti gli porse gli abiti sorridendo.

Christian se ne stava fermo di fronte a lui, con una mano sulla porta e l'altro sullo stipite, con un'espressione confusa e meravigliata sul volto. Mattia non era mai andato da quella parte del giardino, nonostante le loro case fossero attaccate e i loro genitori fossero amici. Tutte le volte in cui avevano deciso di fare una cena insieme, quando erano piccolo, semplicemente Mattia non gli rivolgeva la parola, ma quando era diventato grande, aveva smesso di presentarsi. Alla fine era arrivato il momento in cui, i genitori, vergognandosi del comportamento di proprio figlio, semplicemente avevano preso a rifiutare gli inviti e tutti loro si erano allontanati.

Mattia fece un passo avanti, spegnendo il proprio innaturale sorriso e attaccando al petto di Christian i vestiti che gli stava porgendo. Guardò il viso del moro confuso e poi vide le sue mani lisce afferrare la busta di plastica.

"Dovresti afferrare me in quel modo" si ritrovò a dire, totalmente fuori di se e Christian sollevò di nuovo lo sguardo spalancando la bocca, stupito da quell'affermazione. Mattia sorrise, avvicinandosi e mettendo improvvisamente due dita sulle labbra del moro al ricordo di Serena che gli metteva un pezzo di brioches in bocca. Christian, dopo un primo momento di confusione, lo spinse via con entrambe le mani, lasciando cadere a terra gli abiti puliti, che fuoriuscirono dal sacchetto. Il biondo, in equilibrio precario, si abbassò per raccoglierli e mentre se ne stava accucciato a terra, sollevò lo sguardo fissando dal basso lo spettacolo che era Christian.

Lo vide indietreggiare di qualche passo, per poi stringere forte la porta di casa.

Sembrava combattuto.

"Dovresti tornare a casa"

Mattia inginocchiato, lì, davanti alla porta di quella casa enorme, di cui aveva sognato per mesi, sorrise malizioso, continuando a guardare dal basso, dietro le proprie lunghe ciglia nere quel ragazzo di fronte a lui. Lo vide stringere ancora di più la porta e pensò che se solo avesse avuto ancora più forza, probabilmente l'avrebbe anche spezzata.

"Tu vuoi questo?"

Finalmente quella frase così illusoria uscì dalle labbra del biondo, completamente annebbiato dai fumi dell'alcol, da non essere più se stesso. Finalmente era la persona che avrebbe voluto essere sempre, senza nascondersi nelle proprie insicurezze e nella propria paura. Notò Christian vacillare, ma dopo un primo istante, lo afferrò per le spalle e lo fece tirare su.

Per la prima volta Mattia sentì le mani di Christian sul proprio corpo e quella nuova sensazione gli fece smaltire con un'ondata di calore, tutto l'alcol che aveva in circolo.  Affondò lo sguardo negli occhi verdi del moro e si vergognò del suo essere, del non sapersi controllare, dell'abuso di sostanze che ormai nel suo corpo duravano così poco. Desiderò avere ancora dell'alcol per poter dimenticare, andare avanti senza dover portare alla mente il ricordo di quegli occhi lo stavano guardando disgustati.

L'unica cosa che, però, al momento aveva, era il tocco di Christian, che lo stava facendo bruciare, nonostante facesse freddo, fosse inverno e avesse indosso un cappotto. Si ritrovò a pensare di essere finito a quel punto, il moro aveva appena potuto apprendere che qualcosa di strano ci fosse in lui, qualcosa di diverso, qualcosa che lo rendeva debole rispetto ad altri ragazzi.

Eppure notò l'esitazione nel suo sguardo, anche quando le mani soffici si allontanarono dal suo corpo e lui tornò ad avere freddo.

"Sei ubriaco, non è vero?"

Come quel giorno a scuola, vide il suo sguardo preoccupato, duro, farsi strada nelle proprie iridi, come se potesse leggergli la mente e decise di salvarsi distraendosi a guardare altrove. Oltre quella porta, dentro quella casa in cui si era ritrovato senza sapere come, qualche giorno prima.

Erano già tre le volte in cui Christian si era preoccupato per lui: quando gli aveva dato l'antidolorifico, quando lo aveva portato in casa dopo una serata da ubriaco e se ne era preso cura, anche se non ricordava nulla, e ora, ubriaco di fronte a casa sua, pronto a darsi totalmente.

Non era abituato a persone che si preoccupassero di lui, così si ritrovò ad annuire, quasi con le lacrime agli occhi, senza parole, come se il tono della propria voce avrebbe potuto solo rovinare un momento simile.

"Dovresti smetterla"

Annuì a quella sua affermazione, ricevendo ancora il colpo, poco abituato a quel modo di comportarsi delle persone di fronte a lui. L'indifferenza lo aveva plagiato per anni e si era ritrovato a pensare che, forse, quella fosse la normalità. Un mondo in cui i genitori non ti stanno mai attorno, in cui gli amici non si preoccupano veramente e persino i professori si arrendono al tuo modo di essere. Distolse lo sguardo perso indefinitamente nella casa e tornò a guardare le iridi verdi di Christian, che si mostrò determinato, nonostante prima lo avesse visto vacillare davanti al proprio comportamento, ma si rese conto che dovesse essere normale sentirsi così di fronte ad una persona fuori di sè.

"Dai, entra dentro, ti offro qualcosa e studiamo, okay?"

Sollevò lo sguardo, aspettandosi tutto, ma non quella frase, posta addirittura come una domanda, come se non avesse capito dal suo atteggiamento, come se non avesse capito che qualunque cosa lui gli avesse detto, l'avrebbe accettata senza ripensamenti.

Christian fece qualche passo indietro, aprendo totalmente la porta alle proprie spalle, mostrando la grande casa vuota a Mattia, che la prima cosa a cui pensò, fu se Serena fosse lì. Guardò il moro camminare davanti a se e lui chiuse la porta, mentre quello iniziava a salire le scale, con in mano gli abiti che avrebbe dovuto lavare una seconda volta essendo caduti a terra. Il biondo si sentì strano in quella casa e con inquietudine salì le scale anche lui, stando dietro a Christian che lo portò fino al primo piano dove vi erano le stanze da letto. Lì vi era già stato, qualche giorno prima, ma tutto era stato diverso, così veloce, così improvviso e si era ritrovato a scappare più che dal proprietario di casa, dai propri sentimenti che stavano scoppiando. Proprio come in quel momento, dove, con piena facoltà di se stesso, poteva riconoscere la figura appena fatta e che doveva affrontare così a pieno petto, come mai gli era capitato.

Quando Christian entrò in una delle porte, lui la riconobbe subito dalla volta precedente e da tutte le volte che l'aveva osservata dalla sua finestra.

Deglutì.

Non sapeva se fosse pronto ad affrontare tutto quello da sobrio.

Ancora sveglio - Remake [Zenzonelli]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora