Capitolo 11

2.8K 190 47
                                    

Quando l'ultima campana suonò, l'ansia lo colse alla sprovvista. Non aveva fumato erba per tutta la giornata in vista di quella nuova situazione e l'agitazione iniziava a mostrarsi in quel momento, percependo il tremore del turbamento farsi spazio verso le proprie mani, che presero a scuotersi, senza che lui potesse controllare il tutto. Si ritrovò a fare dei grossi respiri per mantenere la calma, ma più s'incamminava verso il parcheggio, più si avviava verso la propria macchina, più alcune consapevolezze si fecero spazio nella sua mente. Si rese conto che sarebbe rimasto nell'abitacolo della propria macchina con Christian, dato che il moro veniva accompagnato ogni mattina, chiuso dentro, con il suo profumo ad inebriarlo, si rese conto che non sapeva per quanto tempo volesse tenerlo a casa propria e si rese anche conto che 'studiare' per lui sarebbe stato complesso e non desiderava fare altre figure come quella dei giorni precedenti. Aveva provato ad andare avanti, anche perché il ragazzo non ne aveva più fatto parola, sembrava averlo dimenticato, ma lui non ci riusciva, perché ogni momento con Christian era importante, avendone avuti così pochi.

Ed, infine, si rese conto che, forse, quella era proprio l'occasione giusta per avere dei momenti felici con il moro, oltre che momenti imbarazzanti o proprio nulli.

Così, arrivato alla propria macchina, cercò di rilassare le spalle, aprendo le portiere con il telecomando e buttando la cartella nel sedile posteriore.

"Posso metterla anche io li?" chiese la voce di Christian alle sue spalle e così come aveva cercato di rilassarle, le spalle gli si irrigidirono e sentì tutte le buone intenzioni che si era riproposto, andare a quel paese. Semplicemente si spostò, lasciando la portiera aperta, così che quel gesto potesse essere preso come un'affermazione e andò verso il sedile del guidatore. Per tutta la giornata si era chiesto perché avesse deciso di studiare con lui, cosa lo avesse spinto a chiederglielo e, soprattutto, perché diavolo lui avesse accettato, conoscendosi.

Quando si sedette, mise le mani attorno al volante e le strinse forti, aspettando che il moro salisse al proprio fianco. Qualche istante dopo Christian si poggiò sul sedile del passeggero, lì dove solitamente se ne stava Luigi o dove qualche volta si era seduto Dario. Nessuno di importante era mai entrato in quella macchina, che molte volte era stata la protagonista di pompini e seghe, che le ragazze gli facevano, nella speranza di ricevere qualcosa in cambio. Peccato che lui, la maggior parte delle volte, non facesse proprio nulla. A volte si ritrovava a scoparle, senza sapere come, probabilmente per via di qualche ragazza che prendeva il comando, ma di sua spontanea volontà non le toccava nemmeno.

Avere su quello stesso sedile Christian lo turbò e desiderò possedere un'altra macchina, cambiare il rivestimento del sedile, farlo alzare e portarlo in braccio fino a casa, piuttosto che vederlo lì, in quel posto che non si meritava di essere toccato dalla sua pelle.

"Bella macchina" commentò il moro, osservandosi in giro, mentre si allacciava la cintura e Mattia accendeva la macchina e si metteva in marcia verso casa.

Il tragitto fu veloce, fin troppo veloce, perché Mattia, come aveva previsto, si sentiva assuefatto dal profumo di Christian che lo aveva circondato completamente e si chiese se, anche quando sarebbe sceso, ne sarebbe rimasto un po'.

Pensò di doversi andare a masturbare in macchina quella sera stessa.

Parcheggiò nel proprio vialetto, nel solito posto che i genitori gli avevano lasciato da quando aveva preso la patente e gli avevano comprato la macchina, quello che stava nel proprio cortile, che comunque comunicava con la casa di Christian. Entrambi scesero dalla macchina ed entrambi recuperarono le cartelle. Mattia fece in modo che fosse il moro a scendere per primo, facendo finta di dover mettere in ordine alcune cose prima di allontanarsi dalla macchina. Non voleva toccarlo, non voleva stargli troppo vicino, nemmeno per sbaglio. Aveva i nervi a fiori di pelle, ogni tocco lo avrebbe fatto scoppiare e non era quello che desiderava far vedere a Christian. Forse era anche dovuto alla mancanza di erba da tutto il giorno. Persino Luigi ci era rimasto male quando quella mattina lo aveva rifiutato.

Quando si decise a scendere dalla macchina e recuperare le proprie cose, dopo aver chiuso l'abitacolo, si voltò ad osservare Christian che se ne stava girato verso la propria casa. Il sole invernale gli illuminava la pelle del collo, bianca come la porcellana, rendendolo puro e cristallino. I suoi capelli sembravano morbidi e la luce gli donava quella solita screziatura dorata che Mattia aveva osservato fin troppo. Il ragazzo si voltò verso di lui e gli sorrise, coprendosi il volto lateralmente con una mano, a causa del sole troppo forte, che non gli permetteva di vedere bene davanti a se. Le lentiggini splendevano in quella posizione, con quella luce a fare contrasto sulla sua pelle.

"Andiamo?"

"Arrivo" si ritrovò a rispondere frettolosamente per la prima volta, desideroso di entrare ancora una volta in quella casa, forse per eliminare dalla sua mente l'immagina di Serena a quella finestra, mentre lo guardava soddisfatta, forse per imprimere la propria presenza, come i cani, in quel territorio, anche se sapeva che non gli sarebbe mai appartenuto.

Entrarono in casa, Mattia subito dopo Christian, che poggiò le chiavi nel piatto di vetro sopra un mobile nell'anticamera d'ingresso.

"Chiudi bene la porta" fece il moro, mentre entrava in cucina, senza nemmeno voltarsi verso di lui. Il biondo si guardò attorno, cercando di imprimersi per sempre tutti i dettagli di quella casa, dai più piccoli quadri ai più grandi soprammobili e poi si voltò a chiudere la porta, fortunatamente simile a quella di casa propria. S'incamminò verso l'entrata della cucina dove aveva visto entrare il ragazzo, ma prima che potesse varcare la soglia, Christian ne uscì con due piatti tra le mani, sulle quali se ne stavano due piadine fumanti, con qualche verdura di contorno.

"Non è molto, ma spero ti piaccia" disse sorridendo, tenendo i due piatti con entrambe le mani, mentre la cartella se ne giaceva sulla sua spalla, quasi cadente.

Mattia rimase senza fiato, rendendosi conto che, ancora una volta, Christian stesse facendo qualcosa per prendersi cura di lui. Non sapeva come comportarsi, riconosceva il fatto di essere un ospite e che fosse normale preparare il pranzo per qualcuno, ma lui si sentiva scombussolato da tutto quello, con i propri sentimenti in tumulto nel petto.

"Hai bisogno di una mano?" si ritrovò, così, a dire, emettendo una frase del tutto fuori dal proprio personaggio, ma che gli parve la più adatta al momento, dato che era comunque un ospite, nonostante si trattasse di lui.

Christian negò con il capo e gli fece cenno di salire le scale. Ormai Mattia conosceva la strada verso quella stanza, così, senza dire altro, iniziò a salire le scale, percependo la presenza del ragazzo dietro di lui, che lo faceva sentire nervoso, pronto a scattare sull'attenti se necessario. Deglutì a vuoto un paio di volte prima di arrivare al piano ed abbassare la maniglia della stanza.

Quello che gli si parò davanti lo lasciò senza fiato per la sorpresa.

La stanza aveva le tende completamente scostate. La luce entrava libera, senza filtri e il bianco delle pareti veniva illuminato ancor di più da tutta quella luminosità. Aveva immaginato la casa di Christian come illuminata solo dalla luce delle lampadine, vedendo che le tende erano sempre chiuse, eppure il ragazzo gli stava mostrando qualcosa di diverso. Nella sua mente quello sembrò un segnale da cogliere, ma sperò che così non fosse, perché altrimenti sarebbe significati guai, che lui non voleva, non desiderava.

Rimase in silenzio, spostandosi e facendo entrare Christian che se ne stava ancora con i piatti in mano. Li appoggiò sulla propria scrivania, proprio sotto quella finestra da cui lo aveva osservato così tanto e poi buttò a terra la cartella sulla spalla, andando a sostituirla con la propria mano. La vide passare, rosea e liscia, sul tessuto pesante del giubbino grigio del moro, che si fece un leggero massaggio, come ad alleviare un po' di dolore dovuto alla pesantezza. Anche Mattia mise giù lo zaino, facendo piano, dato che nella tasca anteriore vi era il grinder e non voleva perdere tutta la propria erba.

Christian poi si voltò verso di lui, sempre sorridente.

"Togliti pure la giacca, così possiamo mangiare e poi studiare"

Ancora sveglio - Remake [Zenzonelli]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora