1. 𝑁𝑢𝑜𝑣𝑜 𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑜

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𝓐𝓻𝔂𝓪

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C'era qualcosa di strano nell'aria tersa di New Orleans

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C'era qualcosa di strano nell'aria tersa di New Orleans.
Un'aria che profumava di nuovo.
Era tutto molto diverso da Charlotte, dove ero nata e cresciuta.
Di solito, non mi sfuggiva nulla, invece stavolta non capivo come mai avessi una sensazione di disagio così forte e prepotente. Era più di un cambiamento visibile a occhio umano era un cambiamento verso tutta quella situazione.
Eppure nulla aveva attirato la mia curiosità, neppure la signora che ballava mezza nuda per la strada, oppure il signore impettito con la Lamborghini che sventolava la sua valigetta come un forsennato alla ricerca di una valida motivazione per prendersela con qualcuno. Niente di niente. Eppure la sensazione ancora non spariva.
Scesi dalla macchina portandomi verso una caffetteria a pochi passi dall'auto.
Velocemente, come una maratoneta impacciata, ero entrata dentro al locale e lì, affamata come un dinosauro, avevo pregustato il sapore del primo morso del mega panino farcito che si vedeva dall'insegna azzurra fuori. Mi ero poi presa del tempo per assaporare tutti i sapori. Con lentezza e tranquillità,
avevo ringraziato il signore per quel semplice e veloce pasto.

"Fino all'ultimo boccone"

E così avevo fatto.
Niente di chissà che ma la voragine aveva ringraziato.
Qualcosa che potesse calmare la sensazione di vuoto e nausea che per la maggior parte del tempo aveva portato al brontolio incessante, portato forse anche dello stress del trasloco e dalla ricerca frenetica dei libri di testo per la Every.
La noia era sempre stata padrona della mia adolescenziale vita, non ero affatto brava a socializzare. Un ragazzo alto e biondo aveva provato a conversare mentre attendevo l'ordine e io da brava fuggitiva avevo sorriso semplicemente, senza dargli un margine di possibilità avevo calato le palpebre e mi ero dileguata.
Guardare adesso una coppia di fidanzati scambiarsi sguardi languidi e sorrisi amorevoli era l'unica cosa che il bar offriva, il ragazzo di prima era già uscito dal mio campo visivo. Evidentemente abbattuto dal mio rifiuto palese.
Avrei voluto optare per altro.
Neanche la mia musa frenava la mia sensazione di stranezza e disagio. Avevo iniziato a leggere in dispare in un angolo ben nascosto per ritagliarmi uno spazio tutto mio.
JENNIFER L. ARMENTROUT la signora indiscussa, mi avrebbe tenuta compagnia.
Avevo letto quasi tutti i suoi libri e li avevo sempre divorati con passione. Come con quelli della DOUGLAS.
Divorare di vite che non mi appartenevano lontanamente sia emotivamente che caratterialmente era l'unico modo per sperimentare sensazioni nuove.
L'unico modo che conoscevo per sentirmi meno sola in uno spazio a me sconosciuto era portare un po' di casa anche fuori dalla mia confort zone nerd.
Sembrava essere comprovato umanamente, che se eri in possesso di un libro o addirittura era aperto davanti ai tuoi occhi sorgeva, nella mente dei pochi coraggiosi, il disinteresse verso le interazioni umane.
Mia madre mi aveva tramandato una delle più belle passioni al mondo, ma anche una delle più mal vista dalla società moderna perché sembrava allontanare indiscutibilmente la gente che associava il leggere un libro con la presunta voglia di essere messi in disparte.
Di certo a me non fregava assolutamente nulla se venivo ignorata o giudicata, era il mio modo di essere a spaventarli, non ciò che in realtà potevo rappresentare.
I libri erano la mia ossessione per un motivo.
Lì nessuno poteva giudicarmi. Fra le parole dell'autore e la bramosia dei protagonisti, io mi sentivo meno esposta.
«Ecco dove eri finita, Arya».
Demi, mia sorella maggiore, la bellissima e inimitabile stilista d'alta moda, comparve da dietro il muro che divideva le due sale principali dalla mia più appartata. Il sole batteva forte anche se l'inverno le faceva da padrona, perché qui a New Orleans c'era sempre il sole.
Non c'era possibilità di vedere una nevicata manco a pagarla a peso d'oro.
Aveva l'affanno.
Rivoli di fumo le uscivano dalla bocca a contrasto con il caldo del posto.
«Ehi» la guardai fissandole il rossetto accesso sulle labbra, di una tinta rosso vivo.
Quella mattina portava anche un favoloso chignon. I fili dei capelli biondo cenere le volteggiavano sul capo come a richiamare le notti insonni che passava sui suoi bozzetti.
«Avevo voglia di qualcosa di caldo e un posto nuovo per leggere» mi giustificai.
Si era avvicinata appoggiando una mano sulla mia spalla e mi poi mi si era seduta accanto portandomi a spostare leggermente la sedia sulla destra.
Era di una bellezza invidiabile.
Vestiva sempre molto elegante.
Madre natura era stata veramente generosa con lei, evidente il suo impegno in una vita precedente e certa che avesse compiuto grandi imprese, le avevo sempre dato della principessa. Era veramente regale nel suo modo di essere.
Raffinata come poche, mi spezzava il fiato ogni volta che posavo gli occhi su di lei.
Una sorella che sapeva sfruttare il suo cento per cento anche senza alcuno sforzo.
Io, dal mio canto amavo la semplicità: Jeans, salopette e magliette, nulla di articolato, difatti quella mattina avevo optato per una felpa nera blanda e dei jeans strappati alle ginocchia, nulla che potesse attirare le attenzioni di qualcuno. Quasi sempre indossavo cose poco vistose.
Una ragazza alquanto normale a dire il vero, che attirava poco le attenzioni anche dei ragazzi.
I capelli erano sempre sciolti di un nero non troppo definito.
I fianchi erano pronunciati e il fisico cadeva in una forma che ricordava una piccola ragazzina di quindici anni.
Ero la ragazza semplice che abitava nelle prossimità di quella della porta accanto, quella che guardava il principe azzurro avvicinarsi alla docile principessa.
Quella ai margini, presa per fare volume o riempire gli spazi vuoti.
La comparsa sullo sfondo di un film. Il personaggio di passaggio di un libro, quella che osserva e vive la sua vita in completa apatia.
Ignara del mondo che la circonda, ignara del fatto che con un po' di autostima in più e qualche accorgimento potesse compiacersi di nuove avventure.
«Capisco, ma dobbiamo ancora disfare tutti i bagagli.»

𝐺𝑜𝑜𝑑 𝑡h𝑖𝑛𝑔𝑠 𝑁𝑒𝑣𝑒𝑟 𝐻𝑎𝑝𝑝𝑒𝑛- 𝐽𝑜𝑟𝑑𝑎𝑛 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora