39. 𝑁𝑒𝑚𝑒𝑠𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑛𝑒𝑚𝑒𝑠𝑖

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𝓙𝓸𝓻𝓭𝓪𝓷

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Dominare o essere dominati?

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Dominare o essere dominati?

In questo caso avevo scelto di essere dominato.
Mi presi un altro momento per contemplare la scena di fronte ai miei occhi: disteso, le braccia sopra la testa, il torace che si muoveva su e giù frenetico, e la sensazione del nulla, se non una velata promessa.
Mi sarei preso le mie responsabilità. Scossi la testa per riprendermi, poi attraversai la stanza e mi sedetti sul tavolo da biliardo della sala hobby.
Avrei fatto di tutto pur di salvarla.
Arya non meritava tutto quello che le stava succedendo, io ero l'artefice di queste sventure. Mi sarei silenziosamente assicurato che stesse bene e sarei sparito dalla sua vita. Ecco cosa avrei fatto.

Cercai sulla scrivania il cellulare. Finalmente lo trovai, spostando i file di ricerca di Benjamin.

Chiamai Elias per avvisarlo, in quanto ritenevo giusto che anche suo fratello fosse a conoscenza della situazione.

Il telefono squillava a vuoto.
Provai una seconda, poi un terza, ma niente.
La quarta volta pensai che fosse quella giusta, perché una voce affannata finalmente mi rispose.
«Jordan, non ho tempo, devo andare in aeroporto e raggiungere Charlotte immediatamente» mi rispose Kylia con l'affanno.
Con le mani che sudavano, cercai di mantenere la presa salda sul telefono.
«Che sta succedendo? Perché rispondi tu al telefono di Elias?» Mi sentivo come un giocatore che aspettava l'esito della gara. Con il cuore a mille e l'agitazione nello stomaco. D'un tratto sentiti il fruscio del vento chiaro nell'orecchio.
La voce cambiò.
«L'ha presa! Brutto stronzo egoista, a causa della tua famiglia e dei giochi mentali che tua madre ha fatto in passato ora Eren ha Arya e vuole anche te! Prendi il primo aereo che trovi e corri a Charlotte, perché altrimenti le farà del male. Non dovevo lasciarla avvicinare a te!»
Rimasi in silenzio.
Quando anche dall'altra parte ricevetti un sonoro
«Fanculo Jordan!» feci cadere il cellulare ai miei piedi.

Guardai dritto davanti a me.
Una lampada pregiata attirò la mia attenzione. Era inevitabilmente destinata a frantumarsi sotto al peso della mia ansia e della mia cocente ira.
La presi e con tutta la forza, che premeva per disintegrare, la feci in mille pezzi, attirando così l'attenzione dei miei amici, che stavano comodamente seduti sul divano adiacente alla sala hobby.

𝐺𝑜𝑜𝑑 𝑡h𝑖𝑛𝑔𝑠 𝑁𝑒𝑣𝑒𝑟 𝐻𝑎𝑝𝑝𝑒𝑛- 𝐽𝑜𝑟𝑑𝑎𝑛 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora