Non è tutto oro ciò che luccica

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La notte aveva addormentato la Città di Smeraldo da un pezzo, ma Severus Piton non riusciva a chiudere occhio. Era sdraiato su quel comodo letto, stanco e affaticato, ma le palpebre non accennavano a chiudersi.

Voltò la testa di lato incontrando la schiena della sua amica. Non si era voltata, non aveva più parlato, aveva chiuso gli occhi e si era addormentata.

Cercò di trattenere un sospiro esasperato, ma con scarsi risultati. Non sapeva cosa fare, non sapeva come comportarsi con lei.

Allungò una mano sfiorandole i capelli sulla schiena, erano morbidi e lisci, le sue dita si muovevano con agilità tra quei fili scuri come la notte, come se non avessero fatto altro per tutta la vita.

- Perché con te diventa tutto più difficile? - borbottò alla stanza buia con un filo di voce per non farsi sentire – Vorrei capirti meglio... vorrei...

Non riuscì neppure lui a finire la frase.

Non sapeva cosa voleva.

Non voleva perderla di questo ne era certo, non voleva più stare solo in un mondo che non l'aveva mai veramente voluto. Non voleva di nuovo passare le sue serate avvolto nel silenzio con solo dei libri come amici.

Non voleva più vedere il suo sguardo adirato.

Non voleva ammettere che stare in quella stanza con lei, così vicina, così tranquilla, così calma gli scaldava il cuore, lo faceva stare bene nonostante la situazione irreale che stavano vivendo.

Alla fine lasciò i suoi capelli e si voltò dall'altra parte.

- Non so neppure io cosa voglio.

Quello che Severus non vide nell'oscurità di quella camera furono le palpebre serrate con forza della strega, non vide il pugno che stringeva le lenzuola e neppure i denti che torturavano le sue labbra.

Patricia restò immobile ed in silenzio mentre aspettava che lui si addormentasse, rimase con i sensi all'erta come in passato, quando i Mangiamorte la cercavano per ricattare in qualche modo Albus.

Era passato tanto tempo da allora, eppure ricordava perfettamente cosa aveva provato notte dopo notte, fino a quando Silente non era morto.

Aspettò il suo respiro regolare, e quando avvertì le sue dita tra i capelli riuscì a non rabbrividire o sussultare spaventata.

Sentirlo parlare e sospirare in quel modo le fece male, ma riuscì a non cedere.

Quando, finalmente, il sonno lo colpì, sgattaiolò fuori dal letto e dalla camera.

Tornò alla panchina e vi trovò la Fata Madrina che si guardava attorno spaventata, questa volta indossava un abito nero con tanto di veletta davanti agli occhi, come se dovesse andare ad un funerale.

- Allora, Fata Madrina, tu sai dove abita questa Jessica?

- Certo che lo so! Ma...- abbassò la voce guardandosi attorno spaventata - mettersi contro di lei... è... pericoloso.

- Non ho paura di una tettona che si trucca male. - dichiarò Patricia stringendo i pugni ricordando la scena che aveva visto in camera – Fammi strada.

Si incamminarono nella via principale della città, camminarono velocemente, evitando le luci dei lampioni o delle insegne troppo luminose, fino a quando non raggiunsero un palazzo di dieci piani dipinto di rosso ricoperto di brillantini.

- Un omaggio al cattivo gusto. - mormorò la strega inorridita esaminando il palazzo.

- Vive nell'attico. - la informò la fata – Roger Rabbit non è con lei.

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