Ballando coi pinguini

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- Eccola lì! – sbuffò seccato Piton osservando il terreno – Quella è la seconda lumaca che ci sorpassa. Possibile che questi... cosi... siano così lenti?

Orientandosi con le poche stelle che riusciva a vedere in quella foresta luminosa il mago calcolò che si stavano muovendo da un'ora abbondante, ma avevano percorso solo pochi metri in una lenta marcia.

- ORA BASTA! – urlò la Poppins al limite della sopportazione – Quel maledetto Coniglio è troppo veloce per i nostri super carri armati tecnologici.

Severus alzò un sopracciglio perplesso.

- Adesso gli faccio vedere io! – spense il suo mezzo e scese con la valigia in mano, l'aprì e iniziò frugarci dentro – Questo no... questo neppure... no... i miei calzini di lana... oh questo mi ero dimenticata di averlo! – in un batter d'occhio la foresta fu sommersa da mobilia di vario genere, vestiti e oggetti strani – Eccola! – esclamò vittoriosa la donna estraendo un tandem a quattro posti.

Senza che la donna disse nulla i quattro salirono sulle piccole selle e partirono, molto più velocemente, alla ricerca del coniglio ladro.

- Ehi! - urlò Severus alla indistinta figura della bicicletta infondo al sentiero - E noi cosa si fa?

In quel preciso istante la marcia del suo cingolato fu interrotta bruscamente da un comodino che Mary aveva tolto dalla borsa per cercare la bicicletta. Il carro armato emise lo stesso suono sinistro e metallico che risuonò nei vicoli di Spinner's End durante un pomeriggio di primavera dopo un inverno gelido, quando aprì il piccolo cancello che portava al giardino davanti alla casa dopo essere stato abbandonato per un anno intero al proprio destino.

Il lento cingolato si ribaltò, Piton fu scaraventato fuori dal veicolo e precipitò dentro la valigia di tappeto lasciata aperta dalla Poppins.

Si trovò completamente circondato dall'oscurità, si rese immediatamente conto di non sentire un pavimento sotto i suoi piedi; se allungava le braccia non sentiva pareti né qualsiasi cosa di solido da toccare o dove aggrapparsi.

Era come galleggiare in un vuoto privo di peso, era buio e non vedeva cosa o, peggio, chi lo circondasse.

Improvvisamente qualcosa di duro lo colpì all'altezza dello stinco, imprecando a denti stretti allungò le mani incontrando un oggetto che aveva tutto l'aspetto di una lampada appoggiata ad un comodino. La esaminò con le mani fino a quando non incontrò la cordicella per accenderla. L'afferrò e chiuse un attimo gli occhi.

- Fa che funzioni...- mormorò tirandola leggermente.

Il famigliare click echeggiò nel vuoto che lo circondava, la luce ci impiegò qualche istante per accendersi, tremolò appena illuminando tutto quello che lo circondava.

Severus si ritrovò a desiderare ancora che le tenebre lo avvolgessero.

Quello che aveva davanti era come un enorme magazzino galleggiante. Mobili ovunque, di qualsiasi forma e colore, ammassati uno sopra l'altro oppure in perfetto ordine formando vere e proprie stanze fluttuanti. C'erano scarpe che camminavano da sole, specchi che ondeggiavano nel nulla, attaccapanni che ballavano con vecchi cappotti semi ammuffiti e guanti che li applaudivano come un silenzioso pubblico inquietante.

Tutto era avvolto nel silenzio più assoluto.

Il professore si guardò attorno esaminando il posto, come aveva già notato non era presente né soffitto né pavimento e neppure forza di gravità. Alzò lo sguardo cercando l'apertura della borsa, con un gemito disperato si ritrovò a fissare il nero del soffitto. Niente luci in fondo al tunnel, niente via d'uscita.

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