Capitolo I

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Mercoledì 15 Gennaio

Era bella Doncaster quel giorno.
Era inverno, e il sole tramontava sempre molto presto. Ricordo che ero avvolto nel mio cappotto mentre, con una sigaretta tra le labbra, aspiravo il fumo e osservavo lo spettacolo che il paesaggio mi proponeva.

Era da diversi giorni che vedevo camion arrivare e lasciare scatoloni nella casa accanto la mia. Anche quella sera scaricavano roba ed ero così curioso di scoprire chi si stesse trasferendo qui.

Speravo fosse qualcuno che già conoscevo. O magari qualche celebrità. Certo, ero consapevole dell'impossibilità, ma la speranza è l'ultima a morire.
Poggiai i gomiti sulla ringhiera e respirai a pieni polmoni l'aria fredda.
Amavo la mia città. Amavo la mia casa.

-Louis, è pronto- mi alzai e spensi la sigaretta nel portacenere vicino a me. Scesi le scale e arrivai in cucina.
La prima cosa che notai era una pila di giubbotti poggiati ordinatamente sul divano.
-Ma cosa...-
-Oh, tesoro- mia madre si avvicinò e mi sorrise. Non prometteva bene -Sono arrivati a nuovi vicini. Non crederai mai quale coincidenza...- e mentre lei parlava, davanti i miei occhi comparve quella testa riccioluta. Non potevo crederci.
Mi guardava dall'alto e i suoi occhi erano freddi, lontani. Digrignai i denti e sorrisi per cortesia.
-Styles- dissi.
-Louis- rispose abbassando appena la testa.
Era cresciuto. Era più alto, le sue spalle erano almeno il doppio delle mie, ma i suoi occhi erano sempre gli stessi. Quegli occhi da cervo in grado di pugnalarti senza pensarci due volte.
-Oh, Louis- e poi c'era lei. Anne. Era come una seconda mamma, e quando mi vide mi abbracciò così forte da farmi mancare il respiro.
-Anne- la strinsi tra le braccia e poggiai la guancia sulla sua spalla.
-Quanto sei cresciuto, Boo- si allontanò e mi tenne per le spalle -Sei diventando un ometto! Ora quanti anni hai? 18? 17?-
-Ne ho quasi 20- e lei fece un verso stupito.
-Oh mio Dio! Il tempo passa così velocemente. Sto invecchiando e nemmeno me ne sto rendendo conto- poi mi lasciò e si mise accanto a mia madre, portandola con sé dall'altra parte della casa e lasciando me ed Harry soli.

-Allora...- iniziò. Lo odiavo, cazzo.
-Giochi ancora a calcio?- lo so che ci stava provando. So che voleva che non ci odiassimo più. Ma non potevo fare a meno di guardarlo e provare disprezzo verso la sua persona.
-Non affronteremo alcun tipo di argomento- gli dissi freddamente. Mi diressi verso la cucina ed Harry mi seguì in silenzio.
Anne e mia madre parlarono per tutta la cena. Harry non faceva altro che guardarmi nel suo solito strano modo.

Non riuscivo nemmeno più ad alzare lo sguardo. Non potevo guardarlo. Non volevo ricordare niente di ciò che era successo.
Sentii il suo piede battere contro il mio e, svogliatamente, alzai gli occhi verso di lui.
-Vorrei parlarti- mi disse sottovoce. Sbuffai, ma lo accontentai.
Finimmo di cenare, sparecchiammo e lasciammo che le nostre madri si andassero a riposare sul divano.
Mentre lavavo i piatti, lui si mise di fianco a me e cominciò ad asciugarli con una pezza.

-Cosa vuoi?- sapevo di essere scortese, ma non potevo fare altrimenti.
Lui non mi guardò, continuò ad asciugare e sistemare.
Il suo petto si alzava e abbassava ad un ritmo costante.
-Louis, non voglio che ciò che è successo...-
-Sai almeno cosa è successo, Harry?- fermò i suoi movimenti e sbuffò.
-Lo so- sistemò un altro piatto e aspettò che io gliene passassi un altro, ma ero fermo a guardarlo.
-Ti dispiace?- ma lui non rispose. Lasciai il piatto e mi voltai del tutto verso di lui. Continuava a non guardarmi.
-Louis, tu non capisci- sussurrò.
-Oh, eccome se capisco- gli strinsi il bicipite tra le mani e lui sussultò.
-No. Non capisci- continuò a dire.
-Eri un mio amico, Harry. Come hai potuto?- strinsi ancora di più la presa, tanto che le mie dita diventarono bianche e la sua pelle iniziava ad arrossarsi.
-Lo sono, credo- lasciai la stretta e risi.
-Come pensi che possiamo essere amici? Mi hai tradito- dissi acido.
-Non è così. Non ti ho tradito- scosse il capo.

-Quindi scomparire quando avevo più bisogno di te non è tradirmi?- stava per ribattere, ma lo anticipai -Harry, sei una persona così discreta che mi sembra anche inutile continuare a rivolgerti la parola- dissi.
-Ciò che ho fatto, l'ho fatto per te- disse.
-Bugiardo- continuai -Sei egoista. Ti sei preso tutto quello che avevo da offrirti e poi sei andato via- strinsi i pugni e lottai contro il sentimento di tirargli un pugno dritto in faccia.
-Non ti sono bastato- conclusi.
Lui mi guardò ma non rispose. Andai in camera.

Lo odiavo. Cazzo, non potevo nemmeno guardarlo che sentivo la pelle bruciarmi.
Piansi in silenzio, affondando la testa nel cuscino e stringendo forte i pugni, come facevo sempre quando ero arrabbiato.
Lo odiavo. Ma odiavo anche me.
Perché sebbene lui mi abbia abbandonato, io sapevo che l'avrei perdonato.
Se solo avesse detto che gli dispiaceva. Se avesse pronunciato quelle due fottute parole. L'avrei perdonato.
Mi dispiace volevo sentirgli dire. Poi sarei stato di nuovo suo amico. Sarei stato tutto ciò che avrebbe voluto.

Sentii qualcuno bussare alla porta. Mi alzai riluttante ed aprii, voltandomi e andandomi a sedere sul letto. Incrociai le gambe e portai le ginocchia al petto, continuando a guardare in basso.
-Louis- mi chiamò. Sentivo i suoi occhi studiarmi e chiamarmi.
Guardami mi urlavano Concedimi almeno di guardarti.
Strinsi le mani tra loro e lui fece un passo avanti, ma io continuai ad ignorarlo.
-Louis, ti prego...-
-Dimmi che ti dispiace- dissi piano -Dimmi che ti senti una merda per quello che hai fatto, e ti giuro che farò in modo che tutto possa tornare come prima- si fermò. C'era così tanto silenzio che pensai non respirasse nemmeno più.

-Non voglio che torniamo come prima- continuava a guardarmi e a respirare piano. Non ce la facevo più. Mi alzai e gli andai incontro, poggiando le mani sul suo petto.
-Dì che ti dispiace- avevo la voce spezzata dal pianto.
Mi guardò dall'alto e il suo sguardo divenne impenetrabile. Lo colpii al petto e lui barcollò appena.
-Dimmi che sei dispiaciuto, Harry!- continuai a colpirlo e lui chiuse le sue mani attorno ai miei polsi, bloccandomi.
-Dovevo farlo, Louis- poggiò la fronte contro la mia e io spinse la testa in avanti con forza. Lui fece altrettanto.
-Non dovevi, invece!- urlai.
-Non ti sto mentendo. Non stavolta- si allontanò di colpo dalla mia fronte e, a una velocità alquanto impressionante, mi lasciò i polsi e mi chiuse tra le braccia muscolose.
Ero intrappolato tra i suoi pettorali e la mia testa poggiava sulla V tra le clavicole.

-Ti odio, Harry- tremai -Ti odio perché eri l'unico amico che avevo- mi lasciò andare.
-Louis, non posso dirti che mi dispiace- finì. Le sue gambe, così tanto strette nei jeans da far trasparire i muscoli, si allontanavano a passi felpati da me. Uscì dalla camera, io lo seguii per le scale, ma tutto ciò che fece fu andare via.
Andava via. Di nuovo.
Non gli avevo mai detto che doveva andarsene. Eppure, ogni volta, stava già correndo lontano da me.

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