Capitolo II

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Domenica 18 Gennaio

Mia madre era andata in chiesa quella mattina, e io ero solo a casa.
Non avevo avuto il coraggio di uscire, dopo Harry Styles. Avevo paura di incontrarlo, vederlo, o anche sentirlo.
Stava a meno di 20 metri da casa mia. Non riuscivo nemmeno a respirare.
Ogni volta che penso a lui...cazzo. Perché?
Sento di odiarlo. Riconosco questo sentimento cattivo verso di lui. Ma allo stesso tempo non posso dimenticare di Harry. Il mio Harry.

Il suo ricordo era così vivido nella mia mente che mi ritrovavo a piangere e chiudermi in me stesso.
Come aveva potuto?
Era il mio migliore amico.
Cazzo, era l'unica persona che contava davvero per me.
Mi alzai svogliatamente dal letto e andai a lavarmi. Puzzavo. Non mi lavavo da 3 giorni praticamente. Non mangiavo da due.
Mi spogliai e entrai in doccia, regolando l'acqua e lasciando che il vapore riempisse il bagno.
Poggiai la testa sulle piastrelle fredde e piansi.
-Oh Harry- sussurrai -Perché non vuoi lasciarmi andare?- poi continuai a lavarmi.

Appena finii, con un asciugamano attorno alla vita, uscii di camera e...lui era lì.
Era semplicemente lì.
Non avevo idea di come fosse entrato, o del motivo per cui l'avesse fatto.
Era disteso sul mio letto, con le gambe incrociate e lo sguardo perso sul soffitto.
Fece scivolare i suoi occhi avari sulla mia pelle. Pensavo volesse uccidermi.
-Perché sei qui?- si mise seduto.
-Tua madre mi ha detto di stare con te- non sorrideva nemmeno, eppure appena appiattì le labbra vidi le sue fossette prendere forma.
-Mia madre è andata via almeno mezz'ora fa-
-Lo so. Ti ho aspettato-
No avrei voluto dirgli Sono stato io ad aspettarti. Per 8 anni.
-Beh, non mi serve compagnia. Specialmente la tua- andai verso l'armadio per recuperare la biancheria e i vestiti. Fui distratto dal suo fiato sul mio collo.

-Louis- marcò la "s" e io rabbrividii.
Mi misi diritto. La sua mano si poggiò sulla mia schiena e la sentii scendere fino alla base.
Poi si allontanò. Ero già duro.
-Ho promesso di rimanere con te- si schiarì la gola e si mosse in maniera agitata per tutta la camera.
Io misi le mutande e poi un paio di pantaloncini.
Mi voltai verso di lui e -Puoi stare per un attimo fermo!- mi ascoltò.

Era teso. Le sue spalle erano rigide e gli tremavano le mani.
-Harry, stai bene?- e subito dopo era...impenetrabile. Un muro. I suoi occhi persero il solito colore e divennero freddi.
-Sì- disse secco.
Mi guardò dall'alto al basso e non notò il mio imbarazzo.
-Harry penso tu debba andartene- gli dissi di nuovo.
-Voglio restare-
-Non puoi. Non voglio vederti- andai ad aprire la porta e un vento freddo mi fece rabbrividire.
Tutto ciò che Harry fece fu prendere una felpa dal mio armadio e porgermela.

-Ho detto che resto- lo guardai sconfitto.
-Dovevi restare tanto tempo fa-
-Questo non mi impedisce di rimediare- mi guardò e fece un passo verso di me. Si avvicinò ancora e io poggiai una mano sul suo petto.
-Non voglio che tu provi a rimediare- dissi -Non voglio darti un'altra possibilità- abbassò la testa verso di me. Mi faceva sentire più piccolo di quanto fossi.
Prese la mia mano tra la sua e la strinse.
-Louis...- i ricci gli ricadevano davanti agli occhi e il suo sguardo mi regalava qualcosa che non avevo mai ricevuto. Era sincero. Qualunque cosa mi avesse detto, ero convinto che avrei ceduto.
-Permettimi di restare- fissai le sue labbra rosse.
-Io...-
-Voglio rimediare- strinse ancora di più la mia mano e ne accarezzò il dorso con il pollice.
Abbassai la testa. Aveva vinto.

Chiusi la porta e feci scivolare la mano via dalla sua. Eppure sentivo ancora il suo tocco.
Mi andai a sedere sul letto, mettendomi la felpa. Si sedette accanto a me; così vicino che le nostre gambe si toccavano.
-Mi dispiace- sussurrò. Io alzai di scatto la testa verso di lui.
-Cosa?-
-Mi dispiace- disse di nuovo -So di essere stato uno stronzo- aprì ancora di più le gambe, facendo in modo che il contatto fosse maggiore.
Non sapevo cosa dire. Questo era...inaspettato.
Non potevo crederci.

-Ma Louis, l'ho fatto in buona fede- alzai gli occhi al cielo.
-Buona fede?- ripetetti.
-Era un periodo così difficile e io...- si morse il labbro e guardò per terra.
Gli spostai un riccio che gli copriva gli occhi.
-Accetto le tue scuse- dissi semplicemente.
Lui sorrise. Gli accarezzai la guancia e lasciai l'indice indugiare in quella rientranza che rendeva il suo viso così innocente.
Mi guardò con la coda dell'occhio e arrossì.

Rimanemmo così per un po' di tempo. Lo capii perché il braccio cominciò ad intorpidirsi. Lasciai che il mio braccio cadesse tra lo spazio tra noi e lui allungasse la mano per stringere le mie dita tra le sue.
La sua mano era grande, e calda, e racchiudeva la mia in una promessa muta.
Sono qui mi prometteva Non andrò via. Non più.
E so che potevo sembrare stupido, ma ci credetti davvero.

Pensavo fosse diventato la persona che odiassi più al mondo. Invece, in fondo, non avevo mai smesso di amarlo.

-Devo andare in bagno- mi alzai e lo lasciai lì -Tu fai come fossi a casa tua- non aspettai neanche la sua risposta.
Mi lavai il viso con l'acqua fredda e fermai il tremolio delle mani.
Era lì. Era tornato e io ho capito di non averlo mai lasciato andare.
Non posso odiarlo. Il mio cuore non vuole questo.
Mi abbandonai contro la porta e chiusi la testa tra le mani. Respirai, risi e mi alzai.
Stavo diventando pazzo.
Ma se stare con Harry significava questo, allora mi sarei fatto chiudere in un manicomio.

Uscii e lo trovai seduto sulla sgabello di pelle di fronte il pianoforte.
Lo studiava e lo accarezzava e sorrisi spontaneamente.
-Puoi suonarlo- sussultò ma non si voltò verso di me.
Mi sedetti accanto a lui. Mi strinsi nella felpa e lui fece in modo che le nostre braccia fossero vicine.
-Ho degli spartiti se vuoi...- ma iniziò a suonare. Era una melodia nuova, mai sentita.
Non era Beethoven, neanche Enaudi, eppure mi piaceva così tanto.
Osservai le sue mani muoversi in modo deciso. Sapeva cosa stava facendo. Sapeva cosa mi stava facendo.

I suoi occhi splendevano mentre suonava. Era più bello. Era tornato il mio Harry. Fatto di musica e luce, mi stava ammaliando del suo fascino innocuo, giovanile. Mi unii a lui. Suonai Nuvole bianche e, in qualche modo, lui riuscì a seguirmi ed adattarsi.
Stavamo lasciando spazio ai nostri cuori, mentre le nostre menti erano impegnate a riconoscersi, sfiorarsi, e ricordarsi che l'uno senza l'altro non esisteva veramente.

Poi poggiò entrambe le mani sul piano e fermò la nostra canzone.
-Sei bravo- disse. Arrossii.
Me lo dicevano in molti, ma sentirlo dire da lui era un'altra cosa.
-Io...beh, anche tu lo sei- lo guardai ma lui, come sempre, evitava il mio sguardo -Cosa hai suonato prima?- lui fissò le mie mani e, con l'indice, seguì il contorno del mio tatuaggio sull'anulare e medio.
-Scrivo spartiti- alzai l'indice e chiusi il suo dito nel mio, attirando la sua attenzione.

-Dopo quello che è successo- disse d'un fiato -Dopo che sono andato via, ho iniziato a suonare- non sapevo perché me lo dicesse, eppure per lui era così importante che lo sapessi.
-Sono felice tu abbia imparato nuove cose- guardò le nostre mani e poi me.
-Mi sentivo solo- ammise. Serrai le labbra e non dissi nulla.
Mi sentivo solo anch'io.
-Non parliamo del passato- mi poggiai sulla sua spalla e lui poggiò la testa sulla mia.
-Speravo la mia musica potesse raggiungerti- sussurrò. Gli baciai la spalla.
Speravo tu cambiassi idea.
-Forse l'ha fatto- dissi -Non c'è stato giorno in cui non pensassi a te- mi baciò la fronte.

Poi ci guardammo e tutto si fermò. Non esisteva mondo. Non esisteva realtà. Vivevamo in un mondo nostro.
Quando i nostri occhi si incontravano era sempre così.
Il suo verde che si mischiava al mio blu e, ogni volta, non eravamo più gli stessi.
Mi osservò il viso, mi accarezzò gli zigomi e io gli presi i capelli tra le dita e li accarezzai.
-Mi dispiace- mi guardò negli occhi -Non volevo ferirti- lo abbracciai.
-Resta, Harry- lo pregai.
-Non riuscirei ad andarmene- poggiò il naso sulla mia spalla e sospirò.
Resta. Non era più solo una pretesa. Era la nostra promessa.

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